la Repubblica, 23 marzo 2021
L’incognita Meloni sul centrodestra
I sondaggi continuano a premiare l’opposizione di destra guidata da Giorgia Meloni. L’ultimo di Tecnè colloca Fratelli d’Italia al 17,6 per cento, a un soffio dal Pd di Letta. Sommando ai voti virtuali di Fdi quelli della Lega (primo partito) e di Forza Italia, si supera il 50 per cento, a conferma di una tendenza consolidatasi negli ultimi anni. Tuttavia la decisione della Meloni di dire “no” a Draghi, non solo ha diviso il centrodestra, ma ha fatto intravedere il fuoco che cova sotto la cenere nei rapporti politici e personali. La rivalità tra Salvini e la giovane leader di Fdi è ormai evidente e tende a diventare più profonda via via che le due destre, chiamiamole così, possono vantare un patrimonio di consensi non equivalente, certo, ma nemmeno troppo sproporzionato a vantaggio della Lega. Attualmente sono circa sei punti.
L’interrogativo a questo punto è: cosa intende fare Giorgia Meloni di un pacchetto di consensi che comincia ad avvicinarsi al 20 per cento? Vale a dire che un italiano su cinque sta meditando di dare il suo voto a una lista come Fratelli d’Italia, “sovranista” e in parte almeno erede del vecchio Movimento Sociale (attraverso l’esperienza di Alleanza Nazionale). La risposta resta un rebus probabilmente per la stessa Meloni. Al momento lei rivendica la “coerenza” nel dire “no” alle lusinghe governative e nel garantire un’opposizione che comunque è salutare. Vero in linea generale, e tuttavia è paradossale che un movimento “sovranista” perda di vista quel che sta cambiando in Europa, dove proprio l’Italia di Draghi rischia di essere protagonista di una fase da cui la vecchia Unione potrebbe uscire trasformata.
Nei Paesi di democrazia matura, a cominciare dalla Gran Bretagna, esempio tipico, il sistema si regge su un’opposizione – laburista o conservatrice – che si prepara ad andare al governo al termine di un ciclo politico.
Da noi l’opposizione di Fratelli d’Italia quale obiettivo si pone? Dopo l’esecutivo di salute pubblica, ricomporre il quadro del centrodestra, logorato da mesi o magari anni di polemiche tra “governisti” e intransigenti, potrebbe essere complicato. Dipenderà anche dalla legge elettorale, se favorirà o no le coalizioni prima del voto. Allo stato delle cose la Lega di Salvini ha deciso di collaborare con Draghi in assoluta lealtà (linea Giorgetti), mentre Fdi deve marcare i toni per rendere credibile la propria opposizione. Quindi le misure di sostegno all’economia sono “mancette” come dice la frangia degli scontenti scesa in piazza – laddove Salvini difende a spada tratta le scelte del Consiglio dei ministri.
In altri termini, la Lega punta sul successo di Draghi, invece Giorgia Meloni non può che augurarsi il suo fallimento.
Eventualità che nell’Italia di oggi equivarrebbe a un disastro economico e sociale senza precedenti. È anche per questo che varie voci – ultima quella dell’economista Giulio Sapelli – giudicano un errore la scelta di Fdi di starsene all’opposizione. Peraltro vi sono notevoli interessi locali che legano le tre forze del centrodestra. Ed è strano (ma forse non tanto, a ben vedere) che Salvini, Berlusconi e la Meloni non siano riusciti fin qui a trovare l’intesa sui nomi da candidare a sindaco nelle grandi città. C’è da valutare ancora tutto, a cominciare da Roma. E certo la spaccatura nel governo nazionale complica la trattativa a livello locale. Tre partiti, una maggioranza virtuale nel paese e tanta incertezza quando ci si aspetterebbe un’idea chiara.