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 2021  marzo 23 Martedì calendario

La Maestà stereotipata

Per le forme generose ne ha di Botero, per i grossi spilli conficcati parrebbe un San Sebastiano. Ad onta delle sue rotondità, la “Maestà sofferente”, scultura di Gaetano Pesce di recente installata all’ingresso della fiera di Ferrara, induce opinioni spigolose e contrastanti. L’opera, già esposta in piazza Duomo a Milano nell’aprile dell’anno scorso, trascina con sé una scia di contestazioni da parte dell’universo femminile (e non solo) riguardo la simbologia espressa dalla scultura, alta otto metri e pesante quattro tonnellate, ispirata alla celebre poltrona “Up” che l’artista disegnò nel ’69 poi diventata un simbolo del design italiano. Costituita da una seduta che appare come un accogliente ventre materno e da uno schienale che allude al seno con quattrocento spilloni conficcati, la scultura mostra anche una grossa palla a cui è legata da una catena e sei animali feroci ai lati. L’intento è rappresentare la violenza sulle donne e la loro prigionia, mentre attorno l’aureola di predatori, simboleggia la violenza maschile. Pesce ha voluto donare questa sorta di allegoria alla città estense anche grazie all’interessamento di Vittorio Sgarbi, presidente di “Ferrara arte”. Tuttavia, come già accadde a Milano, l’opera ha provocato una polemica che lo stesso Sgarbi ha auspicato il giorno dell’inaugurazione, l’otto marzo scorso, augurandole provocatoriamente persino «una vandalizzazione» visto che «altrimenti se ne parla troppo poco e diventa l’opera di un architetto di regime mentre Gaetano Pesce è l’anti-Boeri».
Il critico è stato subito accontentato. Se a Milano le donne di “Non una di meno” avevano spiegato che la scultura «reifica ciò che vorrebbe criticare» e parte del mondo femminista aveva stigmatizzato «il corpo della donna rappresentato in modo deforme e sottoposto al pubblico ludibrio», a Ferrara la polemica ha diviso sia gli schieramenti politici che l’universo femminile. “La donna è un mobile” è il titolo di una lettera spedita alla stampa con in calce un centinaio di firme in cui la “Maestà” viene definita «una visione vecchia perché stereotipata e superata» in quanto «non tiene conto del cambiamento culturale che ha investito la società negli ultimi decenni» e pertanto si tratta di «un’opera che fa tornare indietro la società tutta».
«Non è in discussione il valore artistico della scultura – spiega Ilaria Baraldi, consigliera comunale Pd e vicepresidente della commissione Pari opportunità – ma la rappresentazione che si dà della donna, senza testa né arti, senza personalità e trafitta. Insomma, la donna ancora una volta come oggetto, passiva, e non soggetto attivo». Di parere diverso è la presidente della citata commissione, oltre che consigliera di Forza Italia, Paola Peruffo spalleggiata anche dalla coordinatrice di Italia viva Licia Barbieri: «Credo che in qualsiasi opera d’arte si possano trovare spunti diversi, ma non dovrebbe essere il caso di innescare speculazioni politiche. La scultura è finita nel clima surriscaldato che infiamma Ferrara. Del resto le polemiche c’erano state anche quando fu il sindaco di Milano Beppe Sala a esporre la “Maestà”».