Il Sole 24 Ore, 23 marzo 2021
La Turchia rischia la fuga dei capitali
E sono tre. Tre i governatori della Banca centrale turca che Recep Tayyip Erdogan ha rimosso dall’incarico in meno di due anni. L’ultimo, il meno atteso, è stato Naci Agbal. Ovvero quel governatore che tanto piaceva ai mercati internazionali, e che aveva riportato quella fiducia nei confronti del sistema Turchia venuta a mancare negli anni precedenti.
Ex ministro delle Finanze, nella sua breve – quattro mesi – esperienza al timone della banca centrale Agbal aveva contribuito a risollevare la lira turca, facendola riapprezzare del 15% rispetto al minimo di 8,54 lire per dollaro registrato il giorno prima della sua nomina. Mossa apprezzata dai mercati internazionali, arrivava in un contesto favorevole. Nonostante la pandemia, nell’ultimo trimestre 2020 il Pil era salito del 5,9%. Il peccato capitale imputato ad Agbal sarebbe quello commesso dai predecessori: aver alzato i tassi a valori indesiderabili per il capo dello Stato.
Giovedì scorso, infatti, il governatore ha deciso un rialzo di 200 punti base, portando i tassi al 19%, ben sopra le attese degli analisti. L’aumento complessivo dei tassi da quando era stato designato è stato di 875 punti base in quattro mesi. Troppo, evidentemente, per il presidente turco. Che ormai da anni ha ingaggiato un braccio di ferro con la Banca centrale, minando – accusano diversi analisti occidentali – la sua indipendenza.
Erdogan non ha mai nascosto la sua strategia; quella della crescita a tutti i costi, dichiarando guerra ai tassi di interesse. Lui stesso li ha definiti «la madre e il padre di tutti i mali». Lo scotto da pagare, tuttavia, è ancora una volta la svalutazione.
Dopo il decreto presidenziale con cui Agbal è stato rimosso, l’apertura dei mercati turchi è stata molto pesante: l’indice principale della Borsa di Istanbul ha ceduto l’8% prima che
le contrattazioni fossero interrotte, e anche i bond hanno risentito negativamente del licenziamento di Agbal.
Il pericolo ora è quello di una fuga di capitali. Anche perché le risorse a disposizione della Banca centrale per difendere la valuta locale appaiono limitate.
La Turchia, tuttavia, non può fare a meno degli investimenti stranieri. Ha bisogno di valuta pregiata. Anche perché la sua bilancia delle partite correnti è ancora negativa.
Le aziende turche che importano materie prime e poi esportano sui mercati internazionali, come il dinamico settore automotive, non dovrebbero accusare conseguenze pesanti, anche perché rivendono spesso in euro. Ma molte delle aziende che importano materie prime acquistandole in dollari rivendendo i prodotti finiti sul grande mercato interno rischiano pesanti perdite.
La svalutazione nei confronti dell’euro è stata davvero importante. Ancora nel gennaio del 2018 ci volevano circa quattro lire turche per un euro. Due anni dopo ne serviva il doppio, nel settembre 2020 è stata infranta quota 10 lire per euro. Oggi siamo a circa 9,5.
Il problema è che la svalutazione rischia di riflettersi presto sull’inflazione, il nemico più ostico e recidivo dell’economia turca. Il vero male per i suoi consumatori. E l’inflazione, da tre anni sopra le due cifre, si trovava già sopra al 15%. Il rialzo dei tassi deciso da Agbal andava proprio in questa direzione: raffreddarla.
Nel tentativo di mantenere quella parziale fiducia dei mercati guadagnata, il ministro delle Finanze Lufti Elvan ha cercato di rassicurare i mercati: «Non ci sarà assolutamente alcun allontanamento dal meccanismo del libero mercato. Continueremo con determinazione a implementare il sistema di libero scambio», ha fatto sapere in un nota. Servirà a tranquillizzare gli investitori stranieri?
Il quarto governatore degli ultimi 20 mesi si chiama Sahap Kavcioglu. Rappresenta un deciso cambio di rotta rispetto ai predecessori. Ex legislatore nel partito di Erdogan, l’Akp, è un professore di economia ed editorialista di un giornale filo-governativo.
Si è già fatto notare per aver difeso la sua politica: quella che si avvicina alla linea del presidente. Soprattutto nei confronti dei tassi di interesse.