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 2021  marzo 22 Lunedì calendario

Il primo passo contro la crisi

Venerdì scorso il governo Draghi ha varato il suo primo decreto di sostegno all’economia. Commento tre punti principali. Primo, il quadro complessivo. L’anno scorso il deficit pubblico è stato di 160 miliardi (5 volte quello del 2019).
Quest’anno il deficit era previsto essere di 123 miliardi.
Tenendo conto dello scostamento di bilancio approvato a gennaio (32 miliardi), ora già interamente utilizzato, e del prossimo scostamento già annunciato da Draghi (almeno 15 miliardi), si arriva a 170 miliardi. A questo si devono aggiungere le minori entrate per lo Stato derivanti da una crescita economica più bassa quest’anno di quanto era stato previsto quando il bilancio venne preparato. Tenendo conto di tutto questo, il debito pubblico potrebbe salire dal 156 per cento del Pil di fine 2020 al 160 per cento a fine 2021, superando il record raggiunto dopo la Prima guerra mondiale (158 per cento).
Questo aumento del debito è del tutto appropriato nelle attuali circostanze. Nel pararne gli effetti collaterali negativi, ci sta aiutando il fatto che tutto l’aumento del debito è nei confronti delle istituzioni europee, in primis della Bce che compra Btp per motivi di politica monetaria (l’inflazione è bassa). Ciò detto, i nostri conti pubblici diventano sempre più dipendenti dal futuro dell’inflazione, della politica monetaria europea e dei tassi di interesse internazionali.
Secondo, le misure. Tra queste troviamo, oltre a spese sanitarie addizionali, la solita lista di sostegni quali cassa integrazione, versamenti a partite Iva, reddito di cittadinanza e inclusione. Il governo ha giustamente cambiato alcuni dei parametri utilizzati per il calcolo dei sostegni per le partite Iva: non più la perdita di fatturato dell’aprile 2020 rispetto a quella dell’aprile 2019 (un dato molto erratico), ma la perdita media nel 2020 rispetto al 2021. Inoltre sono stati eliminati i famigerati codici Ateco riconoscendo che hanno diritto ai ristori anche settori colpiti indirettamente da perdite di fatturato. Infine, le risorse dovrebbero essere erogate rapidamente, entro il mese di aprile. Chi ha subito perdite considererà questo sostegno inadeguato (sono 3.700 euro in media per ogni partita Iva). Altri sostegni arriveranno con il prossimo decreto, dopo l’approvazione di un nuovo scostamento di bilancio. Purtroppo qualcuno riceverà il sostegno anche senza averne un vero bisogno. Come in passato, il sostegno andrà infatti anche a chi ha altre fonti di reddito, purché abbia subito una perdita di fatturato Iva. Forse si poteva richiedere un’autocertificazione relativa al reddito complessivo stimato per il 2020. Sarebbe un dovere morale di chi non ne ha bisogno evitare di richiedere il sostegno. Ma i doveri morali spesso non rilevano quando si tratta di ricevere soldi dallo Stato.
Terzo, la cancellazione delle cartelle. Draghi stesso l’ha chiamata «condono». Lo scrivente ha spesso biasimato il perpetuo ricorso ai condoni. Ma, a ben vedere, si tratta di un’operazione non assimilabile ai condoni cui ci eravamo abituati, quelli che consentivano il rimpatrio di miliardi a facoltosi evasori. I “paletti” che sono stati imposti sono chiari.
La cancellazione delle cartelle riguarda debiti fiscali che risalgono a 10-20 anni fa, che hanno importo limitato (5.000 euro il che significa, senza interessi e penalità, un debito iniziale molto più contenuto), e ne beneficerà solo chi aveva un reddito sotto i 30.000 euro nel 2019 (anche se il reddito effettivo potrebbe essere superiore).
Nella sostanza si tratta di un’operazione di semplificazione: l’eliminazione contabile di 16 milioni di vecchi crediti di fatto inesigibili. Probabilmente è stata fatta per dimostrare a chi nel governo voleva una sanatoria ben più imponente che si era disposti a scendere a un compromesso. Che altro si poteva fare con una coalizione così eterogenea?