Il Sole 24 Ore, 21 marzo 2021
Fidarsi della scienza anche se sbaglia
Eugenetica. Bambini al «Better Babies Contest» in America nel 1931. Il concorso aveva lo scopo di rendere popolare il movimento eugenetico
Come possiamo fidarci della scienza, in concreto degli «uomini di scienza», se anche loro, esperti dello studio della natura, si sbagliano? Il problema è sociale oltre che accademico, perché gli errori degli scienziati possono avere conseguenze sociali pesanti. La verità non è a nostra disposizione perché, ammoniva Francis Bacon quattro secoli orsono, la sottigliezza della natura è di gran lunga superiore a quella della nostra mente. Le teorie e le ricerche sono sempre approssimazioni alla verità e ogni conoscenza scientifica - ammoniva Karl R. Popper - è provvisoria.
Naomi Oreskes, storica della scienza dell’Università di Harvard, in un lavoro d’esemplare chiarezza discute l’affidabilità della scienza. Non esiste un unico principio scientifico: dipende da ciò che si studia. L’analisi scientifica non è un’autorità a priori, di essa è corretto diffidare. La diffidenza è la consapevolezza - ha scritto il filosofo Guido Calogero nel 1930 - «dell’eterno generarsi dei problemi, che volta per volta, nelle loro determinazioni storiche, rappresentano la sintesi delle soluzioni e delle esperienze anteriori, e, risolti, restano poi di nuovo come elementi delle azioni e delle esperienze future, che di nuovo si concreteranno in ulteriori problemi». Impossibile dir meglio.
Il lavoro empirico degli scienziati fornisce dati che, non essendo mai definitivi, hanno una storia. La teoria dei quattro umori, ad esempio, pur essendo stata un enorme progresso rispetto alla pseudomedicina, fu per oltre due millenni un dogmatico e falso fondamento della medicina. Ippocrate e la sua scuola, nel V secolo A.C. cercarono la causa delle malattie nel corpo, non nelle ire divine. La limitata conoscenza di anatomia e fisiologia e la mancanza di supporti tecnici non consentirono diagnosi e terapie efficaci. Voltaire ammoniva gli ammalati di non rivolgersi al medico, perché poi di malattie ne avrebbero avute due, e ancora nel 1861 Oliver Wendell Holmes, anatomico e fisiologo ad Harvard, dichiarava sconsolato che buttare tutta la «materia medica» in fondo al mare sarebbe stata la cosa migliore per l’umanità e la peggiore per i pesci. Di lì a poco la ricerca medica, seguendo il principio ippocratico di cercare le cause delle malattie solo nel corpo, iniziò a fornire all’umanità provvedimenti curativi e preventivi prodigiosi (si pensi ai vaccini) basati su diagnosi fisiopatologiche consentite dalle nuove tecnologie.
In tutti i campi risultati positivi emersero ed emergono da un groviglio d’errori. E i passi falsi non si fanno solo in medicina. La fisica teorica persiste nel negare l’esistenza del tempo, anche se le neuroscienze dimostrano che è un evento del sistema nervoso umano e animale. Di chi fidarsi? Del neuroscienziato che fornisce dati sperimentali e clinici sul senso del tempo e i suoi disturbi, o del fisico che analizza la realtà solo con equazioni?. La diffidenza verso la scienza può essere deleteria. Un’indagine di cinque centri australiani su un milione e 200mila bambini ha dimostrato che la vaccinazione infantile non causa autismo («Vaccine» 32,3623-3629,2014), risultato più volte confermato. La riluttanza a vaccinare i figli rimane tuttavia alta, misteriosa e pericolosissima («Open Forum Infect. Dis.» 4/3,1-7,2017).
Negli ultimi decenni i lavori scientifici falsi, per errori comprensibili, ma anche, e di frequente, per negligenza e frodi di «junk science» (scienza spazzatura) sono stati fino l’80% di quelli inviati alle riviste specializzate, che li hanno rifiutati. La Oreskes descrive cinque evenienze esemplari che, dopo iniziali consensi, furono considerate false. Edward H. Clarke, medico di Harvard, nel 1873, basandosi «sui principi generali della termodinamica», secondo i quali l’energia consumata da un organo andrebbe a scapito di un altro, sostenne che l’istruzione superiore rimpicciolisce utero e ovaie e nuoce alla fertilità. L’energia necessaria al cervello comprometterebbe la capacità riproduttiva. Il suo saggio Sex in Education ebbe 19 edizioni, ed un effetto molto vasto e duraturo. Le donne dovrebbero solo cucinare e badare ai figli, come se educare i figli non fosse un alto impegno intellettuale. Nel 1877 la dottoressa Mary Putnam Jacobi dimostrò quanto quel lavoro fosse superficiale e politicamente orientato. Negli anni 20 e 30 del secolo scorso i geologi in massa rifiutarono la teoria del geofisico Alfred Wegener circa la deriva dei continenti, che oggi è un dato di fatto. Essa suscitò un’accesa discussione circa gli aspetti induttivi e deduttivi della ricerca, che l’autrice tratta con acutezza.
Un’inquietante capitolo di storia della scienza ed eventi orrendi riguardano l’eugenetica. All’inizio del XX secolo era diffusa la convinzione che tratti fenotipici, sia positivi che negativi (ritardo mentale, alcolismo, prostituzione, tendenze criminali,ecc.) fossero esclusivamente ereditari. L’eugenetica fu il pretesto scientifico del razzismo. Il crimine razziale non fu solo nazista. Negli Stati Uniti, riferisce la Oreskes, migliaia di cittadini furono sterilizzati per il loro «protoplasma imperfetto e degenerato». Un giudice della Corte Suprema legittimò la sterilizzazione di una donna affermando che «tre generazioni d’imbecilli sono sufficienti». L’eugenetica fu delegittimata dalle conoscenze neurobiologiche. Solo per un terzo la struttura cerebrale è determinata dai geni, per un terzo dalla distribuzione casuale dei neuroni durante lo sviluppo e per un terzo dalla plasticità corticale, sensibile alle esperienze materiali e mentali (condizione sociale, educazione, studi, lingue, ecc).
Altri due esempi di «scienza andata storta» di cui la Oreskes riferisce diffusamente, sono la pillola contraccettiva causa di depressione e il filo interdentale che previene emorragie gengivali. Convincente e chiara è la Oreskes quando sostiene che la valutazione delle affermazioni scientifiche deve essere guidata dall’esperienza. La fiducia nella scienza è più che giustificata dalla media dei suoi risultati: vanno giudicati valutando l’affidabilità della metodologia della ricerca e il suo effetto sulla realtà. Entro limiti variabili possiamo fidarci, con spirito molto critico perché l’errore è sempre possibile.
ajb@bluewin.ch