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 2021  marzo 22 Lunedì calendario

Lo sciamano ha qualcosa da dirci

Dagli aborigeni dell’Australia ai nativi dell’America settentrionale, dall’Iran più antico alla Siberia fino alla Mongolia e oltre, non c’è territorio della religiosità tradizionale al quale non possa essere applicata la nozione di sciamanismo, o sciamanesimo indifferentemente. E la stessa nozione può benissimo essere riferita – certo non in misura generalizzata – anche a prassi e operatori contemporanei, per esempio nell’America Latina, nell’India o nel Nepal, nel mondo contemporaneo occidentale, come pure in Giappone dove addirittura si parla di «rintracciare ed esaminare le nuove pratiche e i nuovi ruoli... nella contemporaneità, soprattutto nella realtà metropolitana» (S. Rivadossi). È evidente che si tratta di una nozione proteiforme e complessa, la cui definizione e delimitazione (o piuttosto estensione e articolazione) ha occupato i ricercatori e gli studiosi in maniera assai impegnativa e feconda. Probabilmente l’opera più nota che ha introdotto una sessantina di anni or sono la conoscenza del fenomeno presso il pubblico italiano non specialista è quella pionieristica di Mircea Eliade, oggi in parte criticata.
Di certo la «spiritualizzazione di tutto il mondo circostante», come «la credenza in una connessione reciproca e onnicomprensiva della natura» (V.N. Basilov) che include l’uomo senza assolutamente assegnargli una posizione di superiorità, costituisce l’aspetto centrale del fenomeno “sciamanismo”. Da qui il titolo di un libro stimolante come Il cosmo sciamanico. Ontologie indigene fra Asia e Americhe curato da Stefano Beggiora, professore a Ca’ Foscari, uscito per Franco Angeli. Un libro che mette a disposizione di ogni lettore interessato al “religioso” – eventualmente anche con un personale coinvolgimento interiore – non solo i risultati di indagini accuratissime sulle molteplici aree e manifestazioni dello sciamanismo, ma anche i quesiti antropologici, filosofici, neuro-psicologici che queste sollevano. È motivo di grande soddisfazione constatare che gli autori di diversi interventi e il curatore sono studiosi italiani affermati bel al di là del nostro Paese e quasi sempre impegnati sul campo. Mentre l’opera si conclude con i saggi di tre maestri del passato recente – fra questi il compianto Romano Mastromattei (1936-2010) – saggi che molto giovano a illuminare il centro e i contorni dello sciamanismo. Non solo: è recente l’apertura all’Università di Udine del Master diretto da Antonella Riem “Partnership e sciamanesimo. Letterature, psicologia e società” che si distingue sia per l’argomento sciamanico, sia per l’originalità delle articolazioni programmatiche unica anche nel panorama internazionale.
Fra le ricchissime tematiche messe in luce da Cosmo sciamanico, segnaliamo sul piano storico-linguistico il motivato parere che il termine “sciamano” sia comparso in Europa nella variante russa šaman della forma tungusa-evenki sâman, derivante da una base verbale che indica il “sapere”. Secondo altri, invece, questo termine sarebbe un prestito antico e non diretto dal sanscrito ?ramana, “asceta, monaco”. Lo sciamano è in genere un depositario del sapere tradizionale della sua comunità, il custode di miti e leggende; in questo senso lo si può considerare una guida religiosa. In tale funzione egli cade in uno stato autoindotto di trance, ossia di condizione estatica ardua e talora rischiosa, allo scopo di comunicare con il mondo sottile, il mondo degli spiriti. Proprio perché in comunicazione con questa dimensione, lo sciamano è in grado di conoscere le cause d’ogni sorta di negatività o malessere, cause d’abitudine considerate sovrannaturali – o così si direbbe razionalisticamente. 
Il potere sciamanico si acquisisce grazie a un’iniziazione che spesso consiste non solo in una simbolica morte e rinascita, ma in una vera e propria esperienza esoterica di smembramento e ricomposizione del corpo del novizio che ricorda antichi miti cosmogonici dove la genesi dell’universo strutturato è dovuta al sacrificio di un gigante primordiale. Il percorso è, per il candidato, drammatico e doloroso, ma lo porta a sperimentare e dominare i segreti delle energie che muovono il cosmo. 
Rientrato dalla condizione della trance, che non è esente da rischi anche mortali, lo sciamano può così fungere da oracolo, interpretando per la comunità passato, presente e futuro, ma soprattutto esercitando – sottolineiamo: sempre in forma gratuita – le sue competenze di guaritore e terapeuta. Da questo punto di vista, egli è anche il ricettacolo delle conoscenze mediche e dei rimedi naturali che una cultura determinata ha saputo individuare nell’ambiente naturale. Lo sciamanesimo è dunque connesso sia con la medicina sia con la religione, anche se non è corretto definirlo una religione tout court. Il fenomeno incorpora d’altra parte anche alcuni aspetti del rito, dell’arte e del folclore. 
Come già si è accennato, infine, altro elemento di rilievo nel fenomeno sciamanico è la visione del cosmo; in proposito, diversi saggi del volume evidenziano come – mentre religioni e spiritualità di diverse matrici s’incontrano e si scontrano oggi nella difficile ricerca di un’etica planetaria – cominci finalmente a essere riconosciuto il valore di esperienze umane e conoscenze sugli ambienti da parte di popoli che sembravano, purtroppo, sul punto di essere travolti dalla storia. Conoscenze che si sono perpetuate in modo commovente, sia pure in angoli remoti, fino a penetrare tuttavia nel cuore del mondo attuale anche come sorgente, forse, di umanità originaria e di relazione rinnovata con la natura. E questo schiude nelle ricerche coordinate da Beggiora decisive implicazioni riguardo a temi vitali come l’interpretazione e la cura delle malattie, il rapporto fra uomo e ambiente, l’ecocritica, la coesistenza multispecie.