Il Sole 24 Ore, 21 marzo 2021
Su "I perfezionisti" di Simon Winchester
I perfezionisti è un libro di avventura. Di straordinarie avventure. E il suo autore, Simon Winchester, è un irresistibile affabulatore che ha la capacità di farti entrare nel mondo fantastico dell’ingegneria di precisione.
I suoi personaggi sono nella maggior parte dei casi degli sconosciuti. Sono artigiani, meccanici, ingegneri, fisici, ottici, industriali che dalla metà del Settecento in poi hanno cambiato la nostra vita quotidiana. Sono maestri della misura e della perfezione. Come Sir Joseph Bramah, un fabbro-ingegnere londinese vissuto nei primi decenni dell’Ottocento, a cui si deve, tra le altre cose, l’invenzione di un dispositivo per tenere la birra fresca e sotto pressione nelle cantine nei pub.
Chi fosse passato davanti alla sua bottega nei dintorni di Piccadilly sarebbe rimasto colpito nel vedere in vetrina un unico oggetto esposto, e sistemato, come fosse un prezioso diamante, su un morbido ed elegante cuscino di velluto. Si trattava di un banalissimo lucchetto di modeste dimensioni, ma che sul davanti riportava questa scritta: «L’artista che riuscirà a produrre uno strumento in grado di scassinare o aprire questo lucchetto riceverà 200 ghinee». Quel congegno resistette agli attacchi dei più valenti meccanici di tutta l’Inghilterra per oltre sessant’anni. La sfida venne vinta nel 1851 da un altro esperto di chiavi e serrature, un americano di nome Alfred Hobbs, il principale concorrente di Linus Yale jr. Hobbs incassò le duecento ghinee, ma per riuscire ad aprire quel lucchetto impiegò sedici giorni. Intanto la società Bramah Locks diventò popolarissima, soprattutto da quando i meccanismi e le cerniere dei lucchetti, non più prodotti uno per uno a mano, vennero realizzati a migliaia da un’intera famiglia di macchine utensili.
I perfezionisti - tradotto in maniera eccellente da Eleonora Gallitelli – è un libro che parla di macchine che producono altre macchine, e i suoi protagonisti li vedrei vicino ai montatori di ponti, tralicci e gru de La chiave a stella di Primo Levi e ai piloti di Staccando l’ombra da terra di Daniele Del Giudice. Scrive Winchester: «La mano di chi modella, l’occhio di chi lima, la mente di chi si crede impeccabile (…) commetterà inevitabilmente un errore di valutazione o uno sbaglio, perderà colpi per la stanchezza. Le macchine, invece, se impostate correttamente e non ancora logore, sono praticamente a prova di errore». È una storia molto “british” quella raccontata da Winchester, almeno agli inizi. E forse non poteva essere diversamente. La rivoluzione sociale e industriale prodotta dalla macchina a vapore dello scozzese James Watt ne è ovviamente una parte integrante e fondamentale. Nel bene e nel male. Ma accanto a Watt ci sono altri personaggi che svolsero un ruolo decisivo, come un ingegnere di Manchester, il barbuto e irascibile Joseph Whitworth (1803-1887), a cui si deve l’invenzione di un dispositivo in grado di misurare fino a un milionesimo di pollice. Whitworth è considerato il “grande misuratore”, a cominciare dalle viti. Non più pezzi unici ma standardizzati, così come dovevano esserlo i dadi e i bulloni. «Tutte dovevano avere un angolo di filetto di 55 gradi, e anche il rapporto tra il passo, il raggio della vite e la profondità del filetto doveva essere fisso». E fu l’inizio di una rivoluzione: il suo BSW (British Standard Whitworth) è ancora oggi lo standard britannico di misurazione delle viti usato nei laboratori di ingegneria di tutto il mondo.
Poi la storia si trasferisce negli Stati Uniti e in Giappone. La vecchia Europa sembra segnare il passo. E la differenza tra accuratezza e precisione (che è una delle chiavi di lettura del libro) emerge in modo esemplare dal confronto ravvicinato tra Henry Royce ed Henry Ford, ovvero tra la Rolls-Royce Motors, fondata a Manchester nel maggio del 1904, e la Ford Motor Company, nata a Detroit, in Michigan, nel giugno 1903. E non poteva esserci esempio più calzante di questo. Da un lato l’idea di costruire le automobili più eleganti e più silenziose del mondo, per pochi eletti, dove le componenti sono realizzate a mano, scolpite con amore e lavorate con un’accuratezza incomparabile; dall’altro quella di produrre «un’automobile per le grandi masse» e con il progetto più semplice che l’ingegneria moderna arrivi a concepire. Automobili composte di pochi componenti, senza lussi e fronzoli, ma di una precisione assoluta, perché fabbricate da macchine, e quindi che potevano essere assemblate attraverso la catena di montaggio.
La ricostruzione della scoperta dell’avaria del motore a getto del superjumbo Airbus A380 della compagnia Qantas Airways – completamente distrutto dopo l’atterraggio di sicurezza a Singapore del 4 novembre 2010 – è un affascinante e complesso capitolo di storia indiziaria. Né meno suggestive sono le vicende del chip 4004 di Intel o del LIGO, il più preciso strumento di misurazione che sia mai stato costruito, mediante il quale è stata dimostrata l’esistenza delle onde gravitazionali; o dell’improvviso modo in cui a Jim Crocker, ingegnere ottico della NASA, venne in mente di riparare lo specchio primario del telescopio spaziale Hubble che, lanciato nello spazio nell’aprile del 1990, per un errore di fabbricazione inviava immagini completamente appannate.
Tutto sembra andare a gran velocità verso un’unica direzione. Poi, però, nell’avviarsi a concludere Winchester non si sottrae a porre al lettore degli interrogativi. «Questa ricerca della perfezione è davvero fondamentale per la salute e la felicità del mondo moderno, è davvero un elemento nodale della nostra esistenza? (…) Non potrebbe esserci qualcuno che attribuisce un grande valore all’opposto polare della precisione, un popolo molto affezionato anche all’imprecisione?». È il suo viaggio in Giappone, a Morioka, il quartier generale della Seiko Watch Company, a fargli maturare dubbi e incertezze. La visita alla fabbrica fu per lui molto istruttiva. La lunga catena di macchine era in funzione giorno e notte. La produzione di oltre mille orologi al quarzo ogni ora avveniva nel regno del più assoluto silenzio, pulizia ed efficienza. Ma ecco che nello stesso edificio gli venne mostrato un mondo per così dire parallelo, che coesisteva con l’altro. In una piccola stanza una squadra di operai specializzati era impegnata a montare gli orologi da polso meccanici Gran Seiko, non più di un centinaio a settimana. Erano artigiani esperti in molle a spirale, ruote di trasmissione e di scappamento, bariletti e bilancieri. Quando Winchester si rivolse ai suoi accompagnatori chiedendo loro se avrebbero accettato in cambio il suo Rolex al quarzo, la risposta fu univoca: una educata ma fragorosa risata.