Il Sole 24 Ore, 21 marzo 2021
Erdogan silura il governatore della Banca centrale turca
Licenziato in tronco. Per decreto. Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, ha rimosso ieri dall’incarico il governatore della Banca centrale turca (Tcmb) Naci Agbal, che aveva assunto l’incarico il 7 novembre. È il terzo responsabile della politica monetaria che lascia l’incarico in meno di due anni.Agbal, ex deputato ed ex ministro delle Finanze, ha perso la fiducia del presidente dopo il brusco rialzo dei tassi di interesse deciso giovedì: il costo ufficiale del credito è stato portato dal 17 al 19% – mentre gli investitori si aspettavano un rialzo al 18% – per contrastare l’inflazione tornata al 16% e, se possibile, frenare la caduta della lira turca. La manovra è stata l’ultima di una serie che in cinque mesi ha portato i tassi di interesse della banca centrale dal 10,25% al 19 per cento e ha permesso all’autorità monetaria di recuperare almeno parte della credibilità perduta. Il suo obiettivo era di raggiungere un’inflazione del 5% entro il 2023. Il rialzo dei tassi, che in queste dimensioni ha sicuramente effetti recessivi, aveva però anche lo scopo, nelle particolari circostanze turche, «di sostenere la stabilità macroeconomica e finanziaria, facilitando il calo dei premi a rischio del paese, un’inversione della sostituzione delle valute (l’uso crescente del dollaro, ndr), l’accumulazione delle riserve e il declino dei costi finanziari», ha spiegato il comunicato stampa di giovedì che non ha escluso, ma neanche preparato ulteriori rialzi dei tassi.Il successore di Agbal è Sahap Kavcioglu, politico ed editorialista economico esterno alla Tcmb, che nelle scorse settimane ha duramente criticato le decisioni della banca centrale. «Mentre nel mondo i tassi di interesse sono vicino allo zero, scegliere di alzare i tassi non risolverà i nostri problemi», ha scritto il 9 febbraio sul quotidiano conservatore e islamista Yeni Safak (Nuova alba). Kavcioglu, che ha una laurea in Economia aziendale e ha lavorato a lungo nel settore bancario, è un esponente della teoria neo-fisheriana – sposata opportunisticamente da Erdogan – secondo la quale per frenare l’inflazione occorre abbassare i tassi e non alzarli come generalmente avviene. La teoria, pur avendo diversi sostenitori, è molto discussa e non ha verifiche empiriche decisive, anche se ha trovato in Turchia un vivo interesse, politicamente motivato. «Gli aumenti dei tassi di interesse porteranno indirettamente a un aumento di inflazione», ha scritto Kavcioglu. L’idea è che la flessione della lira – che ha perso più della metà del suo valore dal 2018 – non risolta dai rialzi dei tassi (che pure sono stati accompagnati da un rialzo del cambio del 18%), porti a un aumento dei costi degli input che potrebbe trasformarsi in un aumento anche dell’inflazione da domanda. I mercati ora si aspettano un taglio dei tassi relativamente rapido, forse anche prima della riunione di politica monetaria del 15 aprile.