Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  marzo 21 Domenica calendario

Il cambiamento climatico porta la guerra nell’Artico

L’Europa si troverà fra due fuochi, stretta al sud da possibili masse di migranti disperati dall’Africa e al nord da possibili conflitti fra le superpotenze per il dominio delle acque del Circolo Polare Artico. Il quadro di questo futuro tanto drammatico e neanche troppo lontano ci viene dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che in recenti interventi ha espresso a chiare lettere il timore che si stia delineando una nuova e più vasta Guerra Fredda fra Russia, Cina e Occidente, e che vorrebbe convincere i membri dell’Alleanza Atlantica a collaborare in modo ancora più stretto per «aumentare il potenziale collettivo nel rispondere alle sfide e alle minacce della sicurezza».
Il grido di allarme di Stoltenberg, ripetuto anche ieri in un’intervista al Times di Londra, precede di pochi giorni il summit ministeriale della Nato, che domani comincia a Bruxelles, con la partecipazione per la prima volta del segretario di Stato della Nuova Amministrazione Usa, Tony Blinken. Certo di avere nell’Amministrazione Biden un ascoltatore sensibile su questo punto, Stoltenberg ha spiegato che le nuove minacce condividono un’unica causa originaria, e cioè i cambiamenti climatici. Con il riscaldamento globale, ci troviamo davanti infatti non solo la tragedia della siccità in Africa centrale, con conseguenti guerre per il controllo dell’acqua e migrazioni di massa di popolazioni allo stremo, ma anche lo scioglimento della calotta polare, che crea problemi di diversissima qualità, che molti anzi vedono come vantaggi. La scomparsa delle banchine ghiacciate apre infatti alla navigazione in regioni che di solito possono essere percorse solo nel pieno dell’estate e anche allora non sempre con facilità. Le previsioni degli scienziati indicano però che, a questo ritmo, entro il 2050 nei mesi estivi non ci sarà più ghiaccio nell’Artico. Ciò significherebbe che il commercio dall’estremo oriente verso l’Europa potrebbe risparmiare oltre 4 mila chilometri di viaggio navale, non avendo bisogno di seguire le rotte attuali che passano attraverso il Canale di Panama. Sono prospettive che ringalluzziscono Pechino che, pur non potendo vantare diritti diretti sull’Artico, come i Paesi che vi si affacciano (Usa, Canada, Russia, Norvegia, Svezia, Finlandia, oltre alla danese Groenlandia), si è comunque definita «vicina all’Artico» e per questo rivendica il diritto di navigarvi.
Gli Stati Uniti sono fermissimi nel difendere il diritto di navigazione e Stoltenberg ha affermato che la Nato deve anch’essa rafforzare la «libertà di navigazione» mantenendo una presenza nella regione. Ma Stoltenberg lamenta che già la Russia sta tentando di controllare il traffico nelle acque polari: «La Russia ha aumentato le proprie forze militari nell’Artico in misura che non si vedeva dall’epoca della Guerra Fredda ha sottolineato il segretario della Nato – e ha riaperto basi sovietiche oltre il Circolo Polare Artico». La Cina, dal canto suo, sta rafforzando la sua flotta aggiungendo in 5 anni 80 nuove navi da guerra e sottomarini, e raggiungendo la stessa forza navale della Gran Bretagna. Il segretario della Nato non ha avuto peli sulla lingua nel descrivere i rischi che si corrono con questa corsa a dominare nel tetto del mondo: «Lo scioglimento dei ghiacci al nord sta arroventando la competizione strategica, in parte perché apre i corridoi marittimi fra l’Europa e l’Asia». Non sarà solo il commercio, secondo Stoltenberg, a far venire l’acquolina in bocca alle potenze del mondo: «Ci sarà un interesse accresciuto per lo sfruttamento del petrolio e del gas, e naturalmente sarà più facile dislocare forze militari». Non è un caso che Stoltenberg abbia concesso interviste e sia intervenuto a un dibattito presso il Council on Foreign Relations con l’ex comandante supremo della Nato, James Stavridis, sempre ripetendo uno stesso appello: «Dobbiamo essere pronti per queste sfide».