Specchio, 21 marzo 2021
Che fine ha fatto Pier Francesco Ferrucci
Una circostanza su tutte alimenta ogni giorno la sua soddisfazione: «Quando ho iniziato a studiare, il 90 per cento dei pazienti moriva. Oggi il rapporto si è invertito: il 90 per cento sopravvive. Questa non può essere la motivazione per impegnarsi sempre di più».
Oggi Pier Francesco Ferrucci è il direttore dell’Unità di bioterapia dei tumori al prestigioso Ieo, l’Istituto europeo oncologico, nato nel 1994 da un’intuizione di Umberto Veronesi. Una vita intera dedicata alla lotta al cancro, quella di Ferrucci. «Proprio per questo - spiega - non mi sento per nulla nella lista di coloro che si sono "persi per strada". L’ho percorsa tutta con determinazione, anche se non ho mai rinnegato nulla di un episodio del passato che mi portò alla ribalta delle cronache».
Infatti, sfogliando all’indietro i fogli di un ideale calendario, lo troviamo giovanissimo protagonista di una delle più grandi beffe italiane. Allora voliamo indietro all’estate del 1984, quando è passato un secolo dalla nascita di Amedeo Modigliani. Le ruspe dragano i canali di Livorno, perché una leggenda narra che lo scultore avesse gettato, in un impeto d’ira, alcune sue creazioni in un fosso, nel novembre 1909. Passano i giorni e non salta fuori nulla. Il celeberrimo foglio satirico Il Vernacoliere titola: "Trovata una sega!".
Lì nasce l’idea di quattro amici che non avevano nemmeno 20 anni. Fabbricare una falsa "testa" di Modì e farla ritrovare. Poi il destino ci mette del suo, in una sorprendente coincidenza. Perché le teste che affiorano in realtà sono tre. Critici e storici dell’arte salutano la scoperta come un miracolo e tutti la accreditano come veritiera finché arriva la rivelazione: è tutto uno scherzo. «In realtà - racconta oggi Ferrucci - le altre due teste erano state confezionate da un portuale-artista, Angelo Frongia, che aveva differenti motivazioni. Per noi era soltanto uno scherzo. Una beffa in sapido stile toscano. Nulla di più».
Beninteso: ci furono violentissime polemiche. Chi parlò di provocazione politica: «Ci accusarono di aver voluto mettere in ridicolo la cultura della "rossa" Livorno». Chi parlò di leva economica: «Ma noi ne siamo usciti bene, alla fine. Non abbiamo mai cercato né ottenuto pesonalmente una lira da quella vicenda». Non è mai stata dimenticata, però. La riprova? Sono in corso dei contatti per realizzare, da parte di un network televisivo, tra i più importanti delle piattaforme a pagamento, un film, o addirittura più puntate di una fiction su quegli eventi che allora fecero parlare tutta Italia. Con inviati da tutto il mondo e decine di telecamere a raccontare di una scoperta straordinaria.
Oggi Ferrucci ammette: «Lo riconosco, il ricordo di quei fatti mi ha creato qualche problema in passato. Però non posso negare che, contestualmente, mi abbia regalato anche una particolare visibilità che ho messo al servizio del bene: per poter parlare della mia branca della medicina e in alcune occasioni per raccogliere fondi insieme ai miei amici, che abbiamo sempre dedicato, tutti, alla ricerca».
Oggi, allo Ieo, Ferrucci è diventato un punto di riferimento: «Le nuove cure assicurano oggi più speranza di vita rispetto al passato. Con le bio-immunoterapie stiamo finalmente cambiando la prospettiva della lotta ai tumori».
Le sue parole: «Negli ultimi anni, soprattutto grazie ai progressi della terapia a bersaglio molecolare e dell’immunoterapia, la prognosi del paziente con melanoma è enormemente migliorata e oggi, con l’aiuto delle più avanzate tecnologie diagnostiche e terapeutiche, possiamo offrire cure con i farmaci più innovativi, che hanno mostrato di essere efficaci anche nei casi più critici».
Questa la sua frontiera: «Anche perché sono sempre stato convinto - spiega - che quando una persona sta male, toglierne un pezzo non possa essere la soluzione ottimale».
Arriva anche una nuova soddisfazione. Ferrucci sta per diventare presidente di Nibit, il Network Italiano per la Bio-immunoterapia dei Tumori. È una società giovane ma molto dinamica che recentemente si è congiunta con altre due importanti società europee per formare Enci, European Network for Cancer Immunoterapy. Il riconoscimento della ricerca di una vita.