Specchio, 21 marzo 2021
«Più soldi a chi fa più clic». Polemiche al Telegraph
L’editore dello storico quotidiano inglese Daily Telegraph Chris Evans, in un’e-mail inviata alla redazione e intercettata dal Guardian, avrebbe scritto che «a tempo debito» il sistema interno di analisi dei dati denominato "Stars", che classifica con delle "stelle" a mo’ di punteggio le storie pubblicate online in base a fattori come il numero di abbonamenti e di clic che ottengono, proprio grazie a quei dati potrà collegare il rendimento alla ricompensa. «Sembra giusto che coloro che attraggono e mantengono il maggior numero di abbonati siano pagati meglio», avrebbe scritto Evans, che vanta 600 mila abbonamenti online. I suoi giornalisti hanno già accesso al sistema Stars con metriche che permettono ai loro capi di valutare l’impatto del loro lavoro e molti hanno espresso disagio.
L’idea della retribuzione commisurata al risultato non è nuova. Se ne è cominciato a parlare fin dall’inizio del giornalismo digitale nella seconda metà degli Anni Novanta, anche in Italia. E il compianto David Carr, scrittore ed editorialista del New York Times, ne scrisse nella sua rubrica Media Equation nel 2014: «I giornalisti non sono molto bravi con i numeri, è una vecchia storia. Ma ora che tutto può essere misurato e analizzato, anche i giornalisti devono imparare a familiarizzare con certe cifre: per esempio, il numero di articoli che producono ogni giorno e la quantità di traffico che questi articoli generano sul sito del giornale per cui lavorano». Seguire i dettami del traffico per le organizzazioni editoriali tradizionali sembrava rivoluzionario, allora. Carr spiegava che «non sempre quello che è popolare è anche rilevante. Ma anche ignorare del tutto quello che coinvolge i lettori è un sentiero spianato verso l’irrilevanza».
Sicuramente è importante che i giornali tengano presente i loro lettori nella selezione e nel modo di raccontare le notizie. Un conto è capire e conoscere i numeri, magari per scrivere in maniera più coinvolgente. Un altro è lasciarsi condizionare dalla popolarità per determinare scelte editoriali. Negli Usa quest’idea è stata bocciata quando ancora il modello pubblicitario prevaleva su quello degli abbonamenti. Oggi, con il ripensamento radicale del modello di business che punta sugli abbonamenti e i programmi di membership, la discussione si incentra su come salvare il giornalismo di qualità: non più in base ai clic, ma per creare valore e mettere al centro comunità di lettori interessati a un certo tipo di informazione.