la Repubblica, 20 marzo 2021
Guardiola 2, lo sceicco dalle quattro corone
Al culmine della grande festa per lo scudetto indiano i ragazzi del Mumbai City Fc hanno alzato lo sguardo sul megaschermo della sala. Un sorridente Pep Guardiola, con quell’aria new age che ha assunto da quando vive a Manchester, era lì nel video a complimentarsi con i “cugini” per il grande successo. Tra i più compiaciuti il giovane allenatore, Sergio Lobera, ex assistente di Luis Enrique al Barça e dunque a pieno titolo uomo della “famiglia”, dove per famiglia s’intende l’asse operativo del Manchester City: Ferran Soriano, Beguiristain, Guardiola. Il Mumbai City Fc è parte della holding, il City Football Group, che ha ormai squadre in tutto il mondo e vale circa 4 miliardi di euro: lo sceicco di Abu Dhabi Mansour bin Zayed ne mantiene il controllo, ma la partecipazione complessiva dei fondi cinesi e americani ha superato il 20%. È diventato un affare ben prima del 2030, che era il target individuato nel 2008 tempi da sceicchi – quando il progetto di investimento nel calcio iniziò con l’acquisizione del Manchester City. Qualche mese fa l’insofferenza di Guardiola verso la città inglese, in effetti non il massimo della vita per uno cresciuto a Barcellona, sembrava giunta al punto di non ritorno. La moglie e le figlie erano tornate in Catalogna, lui era rimasto col figlio Marius, e si pensava che volesse rispettare il contratto in scadenza quest’anno per poi andarsene, magari al Barça se nel frattempo – come è successo – il suo vecchio amico Laporta avesse vinto le elezioni. Gli altri due catalani, però, l’hanno fatto ragionare: nessun altro club al mondo continuerebbe a trattarlo come un re malgrado la modestia dei risultati in Champions – in quattro anni mai in semifinale – e nessun altro club al mondo avrebbe i fondi necessari per sostenere la sua visione del calcio. Verità inconfutabili. Guardiola ha così firmato fino al 2023, avviando una nuova rivoluzione: quella che stiamo vedendo, e che a marzo inoltrato consente al City di essere ancora in corsa ovunque. A patto che non se ne parli. Alla vigilia del match di Champions contro il Borussia Monchengladbach, il terzino ucraino Zinchenko ha ammesso che nello spogliatoio si parla della possibilità di vincere i quattro trofei, un grande slam mai riuscito a nessuno (accessibile soltanto a club inglesi e francesi, perché hanno due coppe nazionali da conquistare): non soltanto Guardiola gli ha detto di tacere, ma il giorno dopo l’ha lasciato in panchina.«Se parli di obiettivi ti dimentichi cosa devi fare per raggiungerli» ha detto giusto ieri.
Sotto a chi tocca, comunque. Questo pomeriggio a fermarlo ci prova Carlo Ancelotti con il suo Everton: sono i quarti della Coppa d’Inghilterra, il City si è già assicurato la finale dell’altra coppa, quella di Lega, il 25 aprile contro il Tottenham. Occhio. Mourinho di questi tempi è in forte ribasso, ma gli balena sempre qualche idea pericolosa quando riceve un vecchio amico per cena ( cit. ). La Premier ormai è blindata, 14 punti (e una gara) di vantaggio sullo United a otto turni dalla fine. E siamo alla Champions: il sorteggio di ieri lo trasporta da un Borussia all’altro – nei quarti ha pescato il Dortmund di Haaland e Sancho – e poi, se sarà, sarà contro Bayern o Psg in semifinale e Real o Liverpool o Chelsea in finale. Battaglie come se non ci fosse un domani, che invece c’è. Lo sceicco, oltre a giocatori di ogni tipo, foggia e provenienza, continua a garantirgli il bene più raro e prezioso del calcio: il tempo. Un messaggio di congratulazioni a un club connesso può sembrare una piccola cosa per ricambiare, ma il ruolo di ispiratore non lo è: se il Group vale quel che vale, l’influenza globale di Guardiola è nelle cose.
Al di là delle quattro corone, traguardo affascinante ma un po’ freddo, sarà come sempre la Champions a decidere gli aggettivi da unire a questa stagione. Per affrontarla Pep ha innovato come mai prima d’ora, e sì che stiamo parlando di un leninista – la rivoluzione permanente – applicato al calcio. Le 24 vittorie nelle ultime 25 partite nascono da un sistema difensivo finalmente partecipato da tutti – e con una roccia come Rubén Dias al centro delle operazioni – e da un attacco rotante nel quale più o meno tutti i giocatori sanno fare tutto. Cosa che manda in crisi d’identità chi deve fronteggiare Phil Foden e, un’azione dopo l’altra, se lo ritrova mediano, centravanti, mezzala, trequartista. Nei primi due anni al City, il centrocampista Ilkay Gundogan aveva complessivamente segnato 10 reti (due rigori). Da ottobre a oggi ne ha infilate 15 (un rigore), perché l’ingresso dentro al campo del terzino Cancelo lo spinge in avanti come un sedile eiettabile e lì, nelle procedure d’entrata nell’aria avversaria, si è scoperto fenomeno. Sapevamo da tempo che Gundogan, un tedesco tranquillo che ha patito talmente tanti problemi fisici da vivere come un dono questa fase della carriera, possedeva il talento del passaggio e dei tempi di gioco. Quest’anno abbiamo appreso che in lui convive anche il demone dello smarcamento, l’intuito che ti consente di ricevere in libertà e colpire. Il 2-0 di martedì è una raffinata sequenza di gesti artistici, dalla conduzione con passaggio no-look di Foden al controllo anticipato di sinistro, per tirare poi di destro, di Gundogan. Insomma, è bastato liberarlo da qualche compito amministrativo da centrocampista per ottenere l’estro di un attaccante.
Guardiola ha vinto le prime due Premier con una rosa che conteneva ancora molti uomini scelti da Roberto Mancini (da Aguero a David Silva) e in cui il capitano Kompany, decisivo per il secondo titolo con il famoso gol al Leicester, apparteneva addirittura all’era pre-araba. Questo City invece è interamente suo, assemblato ingranaggio dopo ingranaggio, scegliendoli con cura luciferina ed educandoli al Pep-style: monaci guerrieri, sobri e feroci. Il Kun, che durante la lunga convalescenza è diventato una star di Twitch, il social più in voga fra gli adolescenti, uscirà a fine stagione destinazione Barça: lo presenteranno come un pegno della rinnovata intesa fra Messi – i due sono grandi amici – e il club, mantenendo nell’ombra l’insofferenza dello sceicco Guardiola. La palla, intanto, viaggia a velocità mai viste in passato.