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 2021  marzo 20 Sabato calendario

Intervista a Giancarlo Giannini

Quando parla dei suoi maestri, Giancarlo Giannini mette al primo posto Lina Wertmüller: «Mi ha creato, e era peggio del Verrocchio. Con lei era come avere dieci registi sul set: bravissima, meticolosa, ho imparato tantissimo. Anche Luchino Visconti è stato un grande maestro, se sono un perfezionista lo devo a loro».
Attore strepitoso (secondo italiano ad avere la stella sulla Walk of Fame, dopo Rodolfo Valentino), persona curiosa, Giancarlo Giannini è Andrea del Verrocchio, detto Verrocchio, il maestro di Leonardo, nel kolossal dedicato al genio, diretto da Dan Percival e Alexis Sweet, su Rai 1 da martedì. L’idea della bottega gli è piaciuta subito, perché è rimasto un inventore (sua la giacca magica indossata da Robin Williams in Toys, il film di Barry Levinson).
«Sono uno che ama lavorare con le mani, sono falegname, faccio tante cose».
A guidare il racconto in Leonardo, il rapporto tra il genio (Aidan Turner) e Caterina da Cremona (Matilda De Angelis) che posa come modella — in una scena è nuda e le spuntano le ali —, un personaggio di finzione.
Nel cast Freddie Highmore ( The good doctor) e Alessandro Sperduti. Gli autori hanno trovato il nome di Caterina nei contratti di Leonardo, Luca Bernabei (che con Lux Vide coproduce il kolossal insieme a Sony Pictures Television con Rai Fiction, Big Light Productions, France Télévision, RTVE e Alfresco Pictures), taglia corto: «Facciamo serie, non documentari. Ci siamo ispirati a fonti vere ma poi gli sceneggiatori hanno avuto la necessità di inventare qualcosa su una vita che ha molti punti oscuri» .
Giannini, che pensa dell’intreccio tra realtà e finzione?
«Questo racconto ci ricorda che siamo italiani, siamo quelli di Leonardo da Vinci, di Michelangelo, di Dante. Noi non sappiamo nulla di Dante, ma ci ha lasciato la Divina commedia.
Che Verrocchio sia realmente esistito lo sappiamo da Vasari.
Quanto a Caterina, sappiamo che ci sono contratti in cui Leonardo la chiede come modella» .
Come definirebbe questo kolossal?
«Una bella favola che raccontiamo ai grandi. Leonardo è il più grande genio mai esistito, grazie a lui voliamo. Verrocchio aveva una bottega straordinaria, lo accoglie e lo tratta anche male. Mi è piaciuto interpretarlo, è un grande pittore, scultore, orafo; un uomo difficile, anche burbero, che insegna all’allievo il potere della luce» .
Chi è stato il suo Verrocchio?
«Ne ho avuti tanti, all’Accademia Orazio Costa, al cinema Lina Wertmüller, Visconti. Sono sempre stato molto preciso, severo con me stesso, non solo con gli altri. Leonardo era un po’ scugnizzo, mi sono riconosciuto in Verrocchio, poi però si fa aiutare da lui e pronuncia la famosa frase: l’allievo ha superato il maestro».
Quanto conta il talento dell’insegnante rispetto a quello dell’allievo?
«Ogni maestro ha un modo, ogni regista ti chiama perché si aspetta qualcosa da te e ha un’idea del personaggio: è bello usare la fantasia. Non credete a chi dice: "Entro nel personaggio". Ma dove entri? Da dove esci? Se qualcuno lo sa me lo spieghi. Io faccio quello che devo fare: recito. Peggio per chi si "porta dietro" il personaggio, io dopo due giorni penso al prossimo film. Noi attori italiani siamo i più bravi del mondo. Se sei napoletano, poi...» .
Ha raccontato che al Centro Sperimentale di Cinematografia non insegna a recitare, ma insegna "la gioia di vivere". Come fa?
«Se uno fa l’attore ed è pure triste, non funziona. Non è possibile. Per me il momento peggiore è quando mia moglie dice: "Andiamo in vacanza". Le dico sempre: "Non vengo", perché ogni volta che giro un film è come partire per le vacanze. Sto bene, è la felicità.
Solo in Italia si dice recitare, in inglese si dice to play, in francese jouer. Molto giusto, giochiamo.
Conosce la poetica del fanciullino di Pascoli? Se un artista non conserva nel cuore il fanciullino è finita. Restare bambino ti salva la vita» .
Ma molti suoi colleghi oltre alla gioia di vivere coltivano una vena di tristezza.
«Malissimo, peggio per loro.
Guardi, i bambini sono i più grandi filosofi del mondo. I filosofi scrivono 700 pagine per dire una cosa, ma un bambino chiede "perché?" e ha detto tutto. La curiosità, che significa voler conoscere, deve rimanere dentro di noi. La fantasia ti salva la vita. Sa cosa dico ai ragazzi che passano l’esame? Il pubblico paga perché vuol vedere Romeo e Giulietta. Io ho interpretato la tragedia di Shakespeare per tre anni con Franco Zeffirelli: la gente mica ci credeva, però entrava in un gioco meraviglioso. E continua a farlo, è un gioco infinito» .
Ha il dono della fede?
«Sì. Su una cosa sola Dio si è sbagliato: l’anima gemella. Non esiste. Tutti si sposano e poi si lasciano, se dura qualche anno è un miracolo»