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 2021  marzo 20 Sabato calendario

In morte di Mario Sarzanini

È morto giovedì sera Mario Sarzanini, decano della cronaca giudiziaria di Roma. Era ricoverato da qualche settimana in una clinica della capitale. Sarzanini, che avrebbe compiuto 87 anni ad aprile, è stato testimone di tutte le più importanti vicende della cronaca nera e giudiziaria che hanno caratterizzato gli ultimi 50 anni di storia italiana. I funerali si svolgono oggi nella chiesa di San Roberto Bellarmino, alle ore 12. 
T utti i cronisti giudiziari, e dico tutti senza timore di smentite, che hanno lavorato a Roma negli ultimi 50 anni hanno avuto un solo maestro di giornalismo (e soprattutto di vita): Mario Sarzanini. E tutti, da giovedì sera quando ha deciso di andarsene per sempre dopo quasi 87 anni di vita da «numero uno», ci sentiamo orfani come i suoi tre gioielli: Fiorenza, Roberta ed Enrico. Nato a Genova nel 1934, dopo la normale gavetta è entrato all’agenzia Ansa dove per 40 anni è stato il punto di riferimento non solo per i colleghi, ma per tutto il variegato mondo che lavorava prima al palazzaccio e poi a piazzale Clodio. Era sempre il primo ad arrivare a palazzo di Giustizia e dopo aver radunato i soliti ragazzini che cercavano di imparare qualcosa iniziava il tradizionale giro alla ricerca di notizie bussando alla porta di tutti i magistrati, controllando i ruoli dei processi alla ricerca di qualche curiosità e scambiando due pettegolezzi con gli avvocati. Pronto a scendere in sala stampa per dettare al dimafonista «a braccio» senza errori, ovvero direttamente dagli appunti senza metterli in ordine, il prezioso frutto del suo lavoro. E quando nei giornali arrivava la notizia, magari senza fonte, con la sigla SZ non c’erano dubbi: era sicuramente vera e andava messa in pagina. Per fare l’elenco dei casi di giudiziaria seguiti da Sarzanini, sempre da «numero uno» e fonte primaria per tutti i colleghi, ci vorrebbero le pagine di tutto il giornale. Dal rapimento di Aldo Moro al massacro del Circeo, da Pasolini a Ustica, ai grandi processi. Uno dei suoi cavalli di battaglia fu appunto il processo di Catanzaro per la strage di piazza Fontana. Tutti noi giovani «ragazzini di bottega» passavamo le ore a sentire i suoi racconti di quegli anni passati da inviato in Calabria, racconti non solo di giornalismo. Perché Mario Sarzanini è stato sicuramente per 50 anni il re dei cronisti giudiziari, ma forse il suo lato più bello e divertente è quello che confinava con il lavoro. Sarebbe facile ricordarlo per i suoi infiniti scoop, molto più faticosi e rischiosi senza i social network o WhatsApp. Ma chi lo conosceva bene sapeva che per lui il lavoro era importante quasi allo stesso modo della tradizionale sfida a tressette tra Ansa e resto del mondo dell’informazione, sfida che prima dell’ora di pranzo bloccava il lavoro della sala stampa, con i colleghi spettatori che non si perdevano una giocata perché anche in quell’occasione avevano molto da imparare da Mario. Insomma, lavoro ma non solo. Come erano i veri giornalisti di una volta. Lavoro, divertimento ma al primo posto la famiglia. Con Luciana, sempre al suo fianco, e la sua «tribù» (così mi aveva descritto ridendo la sua famiglia una delle ultime volte che l’avevo incontrato) di figli e nipoti. Una tribù impegnativa, molto rumorosa e mai tranquilla. Una tribù che però ha recepito gli insegnamenti del capo con tre figli che portano con onore il cognome Sarzanini. Una tribù unita come un blocco d’acciaio. Chiudo con un saluto in codice Ansa: caro SZ, l’orfano BLZ ti ringrazia per le ore che hai sprecato ad insegnarmi questo lavoro. Buon viaggio Mario.