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 2021  marzo 20 Sabato calendario

Storia della teoria sulla relatività di Einstein

Il 20 marzo è una data storica per la scienza e per l’Umanità. Quel giorno, nel 1916, Albert Einstein pubblicò la sua teoria sulla relatività generale. Da allora l’immagine dell’Universo cambiò profondamente, com’era avvenuto con Copernico, Newton e Galileo. Spazio e tempo assunsero dimensioni diverse, non più come elementi oggettivi di una Natura statica, ma come variabili interconnesse di una realtà ordinata, ma mutevole. Per un attimo sembrò che Eraclito avesse vinto su Parmenide. Le successive riflessioni del grande scienziato chiarirono che i cambiamenti erano solo apparenze di un sistema circolare che girava su sé stesso, restando sempre uguale. La filosofia eleatica stava recuperando. Oggi, dopo tante conferme, fisici e astrofisici manifestano i primi dubbi. Più impariamo, e più sappiamo di non sapere.
BENESTANTE
Einstein era nato a Ulm, il 14 marzo 1879, da una benestante famiglia ebraica. Come Churchill, non fu uno studente brillante ma recuperò rapidamente. Mentre lavorava a Berna, elaborò nel 1905 la teoria della relatività ristretta. Undici anni dopo, la integrò con quella della relatività generale. Una Perì Fùseos, come la chiamavano i greci, che mirava a spiegare la fisica del mondo in complesse formule matematiche. L’Universo galattico restò indifferente, ma quello accademico capì la novità della teoria. Il nome di Einstein divenne simbolo di genialità, piovvero onori, riconoscimenti e un premio Nobel: nel frattempo il mite scienziato si era trasferito a Princeton, mollando un’Europa che rischiava di finire sotto il tallone nazista. Scoppiata la guerra, il maturo pacifista ammiratore di Gandhi si convinse che una bomba atomica in mano a Hitler sarebbe stata una catastrofe, e scrisse a Roosevelt una lettera invitandolo, tra le righe, a iniziare la costruzione dell’ordigno. Nel 1945 ne sconsigliò l’utilizzo, ma Truman, seguendo l’avviso di Fermi e Oppenheimer preferì chiudere la partita con il Giappone senza sacrificare altre vite americane, inaugurando l’era nucleare. 

INFANTILISMI
Non sappiamo se Einstein, tornato pacifista, ne abbia sofferto. Certo sarebbe stato ingenuo a non prevedere che sarebbe finita così. Ma anche i geni peccano di infantilismi, e anche la Verità, come è noto, è stata nascosta ai sapienti e rivelata ai fanciulli: Einstein confermò questo assunto con la fotografia di una boccaccia sbarazzina che fece il giro del mondo. Quando morì, nel 1955, il suo cervello fu sottratto alla cremazione, sezionato e analizzato accuratamente. A parte la massa un po’ più grande del solito cosa peraltro usuale anche in molti criminali non emerse nulla di rilevante. L’idea che si possa capire l’anima di un individuo esaminandone il cervello è tanto stravagante quanto quella dell’astronauta Titov, che annunciò trionfante, agli atei del Cremlino, che in orbita non aveva visto Dio.

LA SVOLTA
Per i non addetti ai lavori le conclusioni di Einstein non sono facili da capire. Ma la sua rivoluzione è stata così importante che sono stati pubblicati centinaia di libelli che mirano a spiegare la relatività in termini accessibili, almeno nei due concetti fondamentali: l’equivalenza tra massa ed energia e l’interconnessione tra spazio e tempo. Non sono concetti nuovi. Il principio che all’origine del mondo vi fosse un soffio vitale costituisce il cardine dell’Antico e del Nuovo Testamento. Nel primo, lo spirito (Pnèuma) Dio si afferma nelle prime righe della Genesi. Nel secondo il Lògos, ovvero il Verbo Giovanneo, era consustanziale al Padre dall’inizio dei tempi, per incarnarsi successivamente e abitare tra noi. Lo scettico potrà dubitare della consistenza scientifica di questa costruzione, ma non ne negherà la potenza intuitiva nel descrivere l’estrinsecazione di un’energia originaria ed eterna. Dante vi aggiunse, di suo, il principio della Somma Luce, e della sua abbagliante ineffabilità nel XXXIII canto del Paradiso. Hegel completò l’evoluzione speculativa teorizzando, all’origine e alla fine di tutto, l’Idea e lo Spirito Assoluto. 

PERCEZIONE
Quanto alla relatività del tempo, tutti conoscono la definizione di Agostino. Tempus est distensio animi, cioè una mera dimensione psicologica, un’impressione soggettiva della nostra percezione ingannevole. Se il passato e il futuro non esistono, il primo perché è trascorso il secondo perché è da venire, nemmeno il presente è definibile, perché quando credi afferrarlo l’attimo è già fuggito. Siamo noi che gli diamo una misura, secondo la nostra momentanea attitudine. Einstein, in uno dei suoi momenti burloni, lo spiegò così: «Cinque minuti con l’innamorata non sono cinque minuti col sedere su una stufa rovente».

LE VERIFICHE
Questa complessiva teoria è stata, almeno per ora, verificata. Che la materia equivalga ad energia è ormai dimostrato dalla fissione e dalla fusione nucleare, il cui risultato è una sottrazione di massa che diventa, a seconda dei casi, la bomba di Hiroshima o l’illuminazione di una città. Non risulta che si sia arrivati al procedimento inverso, trasformando l’energia in materia. Se questo accadesse, potrebbe realizzarsi quella macchina progettata da Archimede Pitagorico che trasmette a distanza i corpi, mentre oggi dobbiamo accontentarci delle immagini. Quanto al tempo, superando la velocità della luce potremmo raggiungere, e osservare, gli eventi passati, come farebbero nei nostri confronti gli abitanti di altri sistemi. Ricordiamo che la luce che noi vediamo del Sole è vecchia di otto minuti, che quella delle stelle più vicine è vecchia di parecchi secoli, e che se un qualsiasi Micromegas lontano da noi duemila anni luce ci guardasse ora con potente telescopio non vedrebbe noi, ma Gesù Cristo o l’Imperatore Tiberio. La nostra mente si stancherà di immaginare, prima che la Natura si stanchi di darle esca.

EQUIVALENZE
E questo è il bello della teoria di Einstein. Dimostrando, con le formule matematiche, quello che l’ispirazione aveva già fatto intuire ai santi, agli artisti e ai filosofi, ha confermato l’equivalenza non solo tra la materia e l’energia, ma anche quella tra l’ esprit de geometrie e l’esprit de finesse che unisce cuore e ragione, e sintetizza l’animo umano, anche nei suoi limiti. Alla fine della sua lunga vita, Einstein riconobbe l’estensione della nostra ignoranza, davanti a una realtà che è forse inaccessibile al nostro insufficiente intelletto. Suffragando anche qui la conclusione di Shakespeare, che esistono in cielo e in terra più cose di quante ne sogni la nostra filosofia e, possiamo aggiungere, anche la nostra scienza.