20 marzo 2021
In morte di Elsa Peretti
Giuliana Matarrese, Il Messaggero
Musa dei più rinomati designer d’Oltreoceano; filantropa, ma soprattutto, la signora dei gioielli per i quali Audrey Hepburn si struggeva, osservando le vetrine sulla Fifth Avenue. Ha avuto molte vite, Elsa Peretti, designer di Tiffany & Co., scomparsa ieri sera nella sua casa in Catalogna, a Sant Martí Vell: a dare la conferma del decesso è stato Gianfranco Pampaloni, proprietario dell’omonima azienda di argenterie fiorentina che realizzava le sue creazioni in argento. Nata nel 1940, figlia di Ferdinando Peretti, fondatore dell’Anonima Petroli Italiani, l’infanzia e gli studi si dividono tra Roma a cui rimarrà sempre molto legata e la Svizzera. DA ROMA A NEW YORKNel 1963 arriva a Milano, dove si laurea in interior design. Allontanatasi dalla facoltosa famiglia si trasferisce in Spagna, dove la sua figura snella e il fascino atipico le fanno guadagnare i primi lavori come modella. Del 1968 è il trasferimento a New York, che la catapulta in un mondo nel quale sembrava nata per vivere: amata da uno stilista di culto come Halston, entra così nel ristretto ed esclusivo gruppo delle sue muse, conosciute come Halstonettes, di cui faranno parte anche Anjelica Huston e Pat Cleveland. «Elsa aveva uno stile ben preciso» diceva Halston, «le altre erano manichini: lei rendeva suo il vestito che stava indossando». Con loro diventa una presenza fissa che anima le notti dello Studio 54, dove sorseggia champagne accanto a Andy Warhol e Salvador Dalì, che la eleggerà, a sua volta, sua musa. A notarla è anche il fotografo Helmut Newton che la immortalerà su un tetto di New York, vestita da coniglietta. Nel 1969 inizia però a creare gioielli in argento, riuscendo nell’impossibile opera di trasformare un materiale considerato di serie B, rispetto al ben più opulento oro, in un trend. Halston la assolda subito come collaboratrice, chiedendole di occuparsi degli accessori più preziosi della sua collezione, ma anche della progettazione della bottiglia del suo profumo, che sarà a lungo il più venduto in America, secondo solo a Chanel N°5. Quando qualche anno dopo arriverà da Tiffany & co. (nel 1974) era già apparsa su Vogue. Il brand era alla ricerca di una rivoluzione, e di una clientela più giovane: «Stiamo cercando qualcuno che possa conquistare le giovani donne ma anche le più adulte, disegnando gioielli da portare con i jeans o con un abito da sera», ammise Henry Platt, al tempo amministratore delegato del brand. Le sue prime collezioni, Diamond by the Yard, Open Heart e Bone Cuff sono un successo strepitoso, tanto da renderla, solo 5 anni dopo il suo ingresso nell’azienda, la designer principale. E infatti le catene fluide con diamanti montati a castone della Diamond by the Yard conquistano subito una clientela che comprendeva alcune sue vecchie amiche, come Liza Minnelli, ma anche icone del cinema europeo come Catherine Deneuve e Sophia Loren. I suoi gioielli, animati dalla sensualità della natura come la collana scorpione, ispirata alla fauna di Sant Martí Vell sono moderni ancora oggi, tanto da ispirare le nuove generazioni. Nel 2000 sceglie di dedicarsi – anche – alla filantropia, istituendo nell’amata e mai dimenticata Roma degli anni dell’infanzia, una fondazione che prenderà il nome del padre, e che oggi si chiama Nando and Elsa Peretti Foundation. Il lavoro dell’ente spazia dalla difesa dell’ambiente a quella dei diritti delle donne e delle minoranze. Un impegno che le ha riconosciuto anche Tiffany & Co., nel comunicato ufficiale con il quale ha commentato la sua scomparsa: «Elsa è sempre stata influenzata dalla natura e ha vissuto la sua vita con il desiderio di ricambiare il favore ad un mondo che è stato fonte della sua creatività. La sua eredità poetica e creativa rimarrà di ispirazione per le future generazioni. Siamo vicini alla sua famiglia, ai suoi amici, e alla famiglia di artigiani che hanno realizzato le sue fantasie. Ci mancherà moltissimo».