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 2021  marzo 19 Venerdì calendario

Carofiglio testerà ReiThera

L’Italia potrebbe cambiare nelle prossime settimane la sua storia con il Covid. A ore comincerà infatti la fase 2 della sperimentazione del vaccino tutto italiano ReiThera, il progetto in grado di dare al nostro Paese la spinta decisiva per uscire dalla pandemia: dose unica, la capacità di produrre 100 milioni di fiale all’anno, tutto nel polo biomedicale attorno a Roma. Se funzionasse, l’Italia avrebbe risolto il problema approvvigionamento per la campagna di immunizzazione. Perché non si tratti soltanto di speranza, bisognerà attendere la sperimentazione su novecento volontari, arruolati in 26 centri italiani e uno ad Hannover, in Germania, a cui saranno inoculate nelle prossime ore dosi di vaccino (a un terzo di loro, come prevedono le regole della sperimentazione, sarà dato invece il placebo) per verificare la qualità del siero e la reazione che esso produce sugli organismo.
Tra i volontari ci sarà anche un testimonial particolare, Gianrico Carofiglio, lo scrittore ed ex parlamentare e magistrato, che ha chiesto e ottenuto di partecipare alla sperimentazione. «È successo tutto per caso, qualche settimana fa, mentre parlavo con un mio vecchio amico fraterno, il professor Paolo Maggi». Maggi, docente universitario, è direttore dell’unità operativa di Malattie infettive dell’ospedale di Caserta ed è uno dei «principal investigator» della sperimentazione. «Mi ha spiegato che cercavano volontari e mi è sembrato naturale dirgli: eccomi. Lo è stato perché, in un periodo come questo, se parli, se ti esponi, in un mondo che vive di parole, arrivano dei momenti in cui devi dimostrare di credere in quello che dici. La lingua inglese ha un’espressione molto bella: “skin in the game”. Ecco, se capita l’occasione devi testimoniare quello in cui credi, devi mettere la pelle nel gioco. Questa era la mia occasione: partecipare alla sperimentazione mi è sembrato essere un atto politico». Perché politico? «Perché voglio dimostrare – dice Carofiglio – di avere fiducia nella scienza. Partecipare a una sperimentazione, certo, è una cosa che ha i suoi rischi, vado con un filo di inquietudine, ma consapevole della fiducia nei confronti degli scienziati. Vale per Reithera ma farei subito AstraZeneca, anche. In questo caso, però, mi piace che si tratti di scienziati e soprattutto scienziate italiane, perché la maggior parte dell’equipe è composta da donne. E di farlo, partecipando a un progetto di ricerca in un ospedale del Sud». «Cercheremo di concludere la seconda fase nel più breve tempo possibile: sono fiducioso» spiega il professor Maggi.
I dati fin qui arrivati sono assolutamente incoraggianti. Lo sono stati da subito, da quando in primavera scorsa si è cominciato a parlare del vaccino italiano ma l’allora governo Conte (nonostante le indicazioni positive che arrivavano da più fronti, compreso dalla nostra intelligence) aveva deciso di non puntarci. Per poi correre a fine anno, investendo nel progetto. La fase uno era iniziata il 24 agosto su 100 volontari: i dati presentati allo Spallanzani di Roma, che avevano coordinato il lavoro, presentati il 5 gennaio erano chiari. «Il vaccino stimola il sistema immunitario, sia sul fronte della produzione di anticorpi che su quello della formazione di linfociti T» avevano detto. «Siamo orgogliosi e fiduciosi» ha spiegato la presidentessa di ReiThera, Antonella Folgori. «Grazie allo Spallanzani, grazie ai siti clinici. E grazie ai volontari che cominceranno nelle prossime ore». Tra un po’ tocca a Carofiglio. Cosa spera? «Che non mi capiti il placebo».