Il Messaggero, 19 marzo 2021
Settant’anni di Telespazio
«Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia». Sono parole di Arthur C. Clarke, famoso ai più come scrittore e sceneggiatore di 2001: Odissea nello Spazio, ma il cui vero capolavoro fu teorizzare con dovizia di particolari quelle che oggi conosciamo come telecomunicazioni satellitari. Nel 1945, quando l’articolo di Clarke fu pubblicato sulla rivista Wireless World, l’idea che satelliti posti in orbita geostazionaria potessero mettere in comunicazione ogni punto della Terra sembrava pura fantascienza.
Quasi vent’anni dopo quell’articolo, le tecnologie spaziali sono diventate realtà. E oggi permeano la nostra quotidianità con un ecosistema formato da oltre 3 mila satelliti dedicati alle telecomunicazioni e all’osservazione sulla Terra, posizionati fra l’orbita geostazionaria (a 36 mila km) e l’orbita bassa (circa 600 km), che scambiano con la terra una grande mole di dati al giorno (petabyte).
In che cosa si traduce tutto questo? Innanzitutto nella possibilità di comprendere e fare previsioni attendibili (misurabili) sul comportamento del pianeta: l’evoluzione dei fenomeni metereologici, i cambiamenti idrogeologici, la distribuzione dell’inquinamento, la disponibilità di risorse a partire dall’acqua o da sistemi arborei. O ancora: i vari sistemi di navigazione, che ci consentono di orientarci ovunque sulla superficie terracquea, di monitorare le infrastrutture (trasporto, reti energetiche e di telecomunicazione), di ottimizzare l’utilizzo delle nostre risorse in agricoltura o qualsiasi attività umana.
Ogni giorno i satelliti, attraverso un monitoraggio ripetuto nel tempo, generano migliaia di immagini che vengono acquisite da una fitta rete di stazioni a terra: un dato grezzo che, elaborato attraverso l’impiego di algoritmi proprietari, intelligenza artificiale e data analytics, consente di ottenere informazioni rilevanti sullo stato di un qualsiasi oggetto o superficie sotto osservazione.
Analizzando serie di immagini (generate da satelliti radar), attraverso l’analisi interferometrica, possiamo ad esempio ricavare misure millimetriche dello spostamento del terreno nel breve e lungo termine, sia causato da fenomeni naturali, come la tettonica, il cedimento del suolo o di smottamenti, sia innescato da attività umane come l’estrazione mineraria sotterranea.
Lo stesso tipo di rilevazioni può essere impiegato per accertare deformazioni di infrastrutture critiche, come porti, aeroporti, siti industriali o centrali nucleari. Ancor di più, nella gestione delle emergenze, l’analisi dei dati estrapolati dalle immagini dei satelliti, ci consente di creare delle mappe attraverso le quali le varie Forze impiegate sul campo, come spesso accade per la Protezione Civile, possono individuare i danni e indirizzare, coordinare i soccorsi.
Presto questo sistema di informazioni, collegato a sistemi di sensoristica (droni, harvesting, pressione, forza, temperatura, umidità) diffusa, ci consentirà di eseguire delle azioni puntuali che contribuiranno al miglioramento dell’impatto dell’uomo sul pianeta. È ciò che viene chiamato Internet of Things: un miliardo di miliardi di dati processati ogni anno, un miliardo di oggetti interconnessi attraverso 7,5 miliardi di interfacce di comunicazione.
L’Italia, fin dalle origini dell’avventura spaziale, è in prima linea sia nello sviluppo delle nuove tecnologie, sia nella formazione di specialisti dedicati. È con questa prospettiva che sessant’anni fa iniziava la storia di Telespazio, l’azienda che avrebbe portato l’Italia fra le stelle. A decenni di distanza da traguardi epocali come la diretta dello sbarco sulla Luna o la prima connessione italiana a Internet, lo spirito rimane quello dei pionieri che installarono la prima antenna satellitare sulla Piana del Fucino. Cambiano invece le sfide da affrontare: protezione dell’ambiente, città a misura di persona, superamento del digital divide sono soltanto alcune declinazioni dello Space for citizen. Lo Spazio al servizio dei cittadini che Telespazio realizza ormai da sessant’anni e che si impegna a costruire anche per i prossimi sessanta.