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 2021  marzo 18 Giovedì calendario

Biografia di Mark Rutte

Una bici, una mela e una padella. La fama del vincitore delle elezioni olandesi gira attorno a quest’insolita triade. Mark Rutte, 54 anni, è a capo del partito alfa dei Paesi Bassi. 
In un Parlamento di formazioni mignon il suo Vvd, Partito popolare per la libertà e la democrazia, giganteggia come numero di seggi, ma non abbastanza. Per confermarsi leader per l’undicesimo anno consecutivo, Rutte avrà bisogno di limare le differenze, tessere alleanze, trovare la sintesi. Per questo gli serve la bicicletta. Rutte va al lavoro pedalando, si ferma al bar per un cappuccino. A gennaio è salito in sella persino per andare dal re a dimettersi. Ha legato la bicicletta alla rastrelliera, si è aggiustato il ciuffo ed è entrato a Palazzo reale.
La bici è ciò che fa del premier l’olandese della porta accanto. Quello di cui ti puoi fidare. Il leader di buon senso che ha quell’in più che gli deriva dall’aver sposato il bene pubblico. Di lui non si conoscono amori, amicizie personali. «Non ho tempo», si giustifica. Deve governare. Preciso, puntuale, tecnocrate. Uno che studia i dossier, non per primeggiare, ma per il Paese. E qui entra in gioco la mela.
Nel febbraio 2020, l’ultimo Consiglio europeo in presenza doveva decidere sul primo bilancio pluriennale dopo la Brexit. Senza il freno della Gran Bretagna, l’Unione poteva finalmente scegliere la strada della maggior integrazione oppure quella di rimanere un’unione soprattutto commerciale. Rutte, orfano dell’appoggio di Londra, si è giocato il tutto per tutto per evitare quella che per gli olandesi è la china di un’Europa super Stato. Si è presentato con un libro su Chopin e una mela. Il libro serviva a passare le ore notturne a dire no. Un no fermo e deciso, ma con stile romantico e paneuropeo. La mela serviva invece a far capire che in quelle sale, tra tanti illustri colleghi, l’Olanda avrebbe voluto un po’ più di sana frugalità. Non servono bilanci faraonici, debiti, tasse comuni per essere felici. Basta una mela, appunto. 
Con il premier olandese, maestro delle alleanze, il gruppo dei «Paesi frugali» ha saputo imporsi. Austria, Danimarca, Svezia, Finlandia, Paesi Baltici e, appunto, Paesi Bassi hanno fatto fronte contro i grandi indebitati (Francia, Italia e Spagna) lasciando alla Germania il ruolo di mediatore. In marzo i Recovery Bond che Roma avrebbe tanto desiderato non sono passati. Ci sono voluti i lockdown e il crollo del Pil per aprire (in luglio) la strada alla mutualizzazione del debito europeo. Incredibilmente con anche Rutte tra i firmatari. E siamo alla padella. Il premier olandese è soprannominato Mr. Teflon, come la superfice antiaderente. Tutto gli passa sopra senza attaccarsi.
I Recovery Bond erano indigeribili a marzo, ma davanti alla recessione, Mark Teflon ha spiegato agli euroscettici olandesi che non esiste in natura qualcosa che assomigli allo «splendido isolamento». Non per la Gran Bretagna e non a maggior ragione per la piccola Olanda con il 70% di export verso i Paesi Ue. L’opposizione olandese è scivolata via. Era il momento giusto perché succedesse. Anche gli scettici olandesi non potevano immaginarsi gli unici a bloccare la solidarietà continentale davanti al Covid, davanti ad una recessione capace di sgretolare i più fragili e tirare a fondo gli altri. Il fiuto di Rutte per l’aria che tira, gli ha permesso di capirlo: ha firmato e nessuno l’ha rimproverato. La prossima volta Rutte riproverà a bloccare Supereuropa, ma nel frattempo Mark Teflon Rutte sarà di nuovo leader.