ItaliaOggi, 17 marzo 2021
Periscopio
Enrico Letta non sa ancora in che guaio si è cacciato, pensa di poter fare come a «Subbuteo», il suo passatempo preferito, ma gli arriverà il cartellino rosso a breve o finirà per farsi un autogol come Zingaretti. Luigi Bisignani. Il Tempo.
Il Pd non è un partito, è un insieme di avanzi di partito il cui unico collante è il potere. Deve resistere al governo per esistere. Infatti dove non sono al governo, come in alcune regioni del Nord, vivono uno smottamento completo, hanno zero base sociale. Se salta l’alleanza con i 5stelle loro che fanno? Non hanno strategia, non hanno anima. Massimo Cacciari (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.
Oggi il Pd è un partito di ceto medio dipendente. Che ha la tentazione (soprattutto nella «fase Ditta» di bersaniana memoria) di riprendersi i ceti popolari, aumentando le tasse al ceto medio, cioè ai propri elettori di adesso. L’alleanza tra la borghesia intellettuale e la classe operaia, che fu la forza del Pci di Berlinguer, appare difficile da ripristinare; e non solo perché la working class oggi è frammentata e dispersa, e per riconoscere ad esempio i diritti dei rider si è dovuta muovere la magistratura. Aldo Cazzullo, Corsera.
L’anticraxismo è stato ereditato da Achille Occhetto. E nel frattempo a sinistra c’era oramai una guerra civile, per cui nella Svolta dell’89 invece di fare quello che andava fatto, cioè diventare socialisti, ci siamo inventati quest’altra roba di andare oltre, riesumando terza via di Berlinguer, che era comprensibile come tattica negli anni Settanta, ma come elaborazione teorica era assai debole. Perché, alla fine, delle due l’una, o sei comunista o sei socialista: e se smetti di essere comunista devi diventare socialista, non c’è molto altro. Fabrizio Rondolino, scrittore, autore di Nostro Pci (Susanna Turco). l’Espresso.
Secondo il calcolo di un centro di ricerca americano, l’Italia ha tre volte i decessi della Germania. Sabino Cassese, presidente emerito della Corte Costituzionale. Il Giornale.
Il mio primo incarico diplomatico fu quello di Segretario di nunziatura di seconda classe in Camerun. Sul Dc4 della Cameroon airlines in volo da Douala a Yaoundé incappammo in una tormenta tropicale. L’aereo stava precipitando. Un passeggero sbottò: «Padre, el ne benedissa, parché qua morìmo tuti». Era il veterinario Danilo Gioacchin, un cooperante cinquantenne di Montagnana. Diventammo compagni di pittura, si fece sacerdote e andò missionario nella Repubblica Centrafricana. Rino Passigato, 77 anni già nunzio apostolico. Stefano Lorenzetto. l’Arena.
Scrive molto, Mellini. Il più delle volte in polemica con qualche sentenza o per prendersela con le quotidiane nequizie dei tribunali. Un paio d’anni fa, si è preso però una pausa per ripiegare su stesso e ricordare in un libriccino (Ritorno a Tolfa) la sua infanzia sui Monti della Tolfa, due passi dal porto di Civitavecchia dov’è nato. Le Elementari tra le rupi, le Medie in città. Di nuovo sui monti, per sfuggire ai bombardamenti del ’43-’44. Poi Roma, per gli studi adulti e la scelta di vita. Mauro Mellini, avvocato (Gian Carlo Perna). Libero.
Alla partenza dall’Italia per il fronte russo la divisione Julia contava 16 mila uomini, 4 mila muli, armi, tende, vettovagliamenti. Per caricare tutto c’erano voluti 55 treni. Il 1° marzo ’43, dopo la Ritirata, i resti della Julia dislocati a Gomel, Bielorussia, erano 3.200 uomini laceri, feriti, febbricitanti. Hai scritto tu ne La Ritirata di Russia: «Per caricare tutta la Julia a Gomel bastarono solo tre treni merci. Il mio treno valicò il Brennero la notte sul 19 marzo ’43, giorno di san Giuseppe. (..) Eravamo pelle e ossa. Avevamo i visi affilati, gli sguardi spenti, le teste vuote, gli abiti a brandelli e bruciacchiati. Al di qua del Brennero era già caldo e verde, soffiava un dolce tiepido vento. Venuto il giorno ci affacciammo ai finestrini. Il treno scendeva la valle dell’Adige, l’Italia ci apparve come uno straordinario meraviglioso giardino». Marina Corradi, la Gazzetta di Parma.
A Termini, il controllore che era della sezione del Pci del Quarticciolo e lo conosceva, gli ricordò che il rapido a Reggio Emilia non fermava. «Ma non ci pensi. Avverto il capotreno si fa un fermata di servizio. Lei stia pronto…». Ferrarini si arrabbiò: «Scherzate? Non si ferma un treno per un individuo. Fosse il compagno Krusciov, mi spiego?». Prese il rapido e cambiò a Bologna. Qui il Nord lo ricevette con la nebbia, senza fargli piacere; quella sua nebbia che di solito ne pativa la voglia; e sarebbe tornato in su anche solo per ritrovarla. Guido Morselli, Il comunista. Bompiani, 1976.
Tutti i guai dell’Italia incominciano da Risorgimento, cioè prima ancora che nasca come Stato. Il Risorgimento è una rivoluzione fatta senza il popolo, Fu essenzialmente la rivoluzione di una classe, quella media, «eroico abuso» imposto al Paese da una minoranza. Fra i combattenti del Risorgimento trovi soltanto avvocati, professori, mercanti, preti, studenti e qualche operaio mazziniano. Non c’è un solo contadino fra i «Mille» di Garibaldi. Il popolo, a parte del Giornate di Milano, la resistenza a Roma e Venezia, si tenne lontana dalla lotta, come se non la riguardasse. Giuseppe Prezzolini, Intervista sulla destra. Mondadori, 1994.
Paolo cammina sulla ghiaia, con il suo passo molle da marinaio di lago, indossa una camicia di tela azzurra stampata a fiori blu e un paio di pantaloni neri. Sotto il braccio ha una scatola di cellophane, contiene fiori, forse un ramo di orchidee. Nantas Salvalaggio, Villa Mimosa. Mondadori, 1985.
Rallentati da un niagara di capre che bloccavano la strada sul costone, raggiungemmo Yegen in un sabato di maggio radioso e vuoto. I vicoli erano scarpate deserte. Sentivi solo il picchiettio dell’acqua che pioveva dal becco dei fontanili. Abbeverandoti ti aggrediva le gengive, ottima, gelata e dura. «Yegen era un posto di luce e di aria», scriveva Brenan, «i torrenti scendevano dalla montagna e venivano utilizzati per l’irrigazione. Quando a primavera la neve si scioglieva, quel mondo diventava tutto un gorgoglio». Mario Cicala. Eterna Spagna. Neri Pozza.
Il vento continuava a soffiare, scuffie potenti che spadroneggiavano nello spazio aperto del lago e poi si sfilacciavano in gemiti e fischi. Andrea Vitali, Gli ultimi passi del sindacone. Garzanti, 2018.
L’aria calda, satura di polvere, di gas di benzina, di odori d’asfalto e di sudore, era nauseante. Isaac B. Singer, Nemici. Una storia d’amore. Longanesi, 1972.
Qui giace Roberto Gervaso, che non riesce a prendere sonno. Roberto Gervaso.