la Repubblica, 18 marzo 2021
I manifesti ritrovati del Don Carlo del ’65
Prima la sorpresa e poi un’onda di commozione, amplificata forse da queste giornate plumbee di confinamento in cui il pubblico è lontano dai teatri, che anche per questo si dedicano a operazioni di rinnovo, pulizia o semplici ripristini. Al momento di rimuovere e sostituire le bacheche per le locandine sotto il portico della facciata del Teatro dell’ Opera, ecco emergere alcune locandine incollate al muro, rimaste intatte sotto la teca di legno. La prima annuncia l’inaugurazione di stagione, con il Don Carlo di Verdi, versione italiana in cinque atti, direttore Carlo Maria Giulini, protagonisti Gianfranco Cecchele, Cesare Siepi, Suzanne Sarroca, Mirella Parutto, Martii Talvela e Kostas Paskalis, spettacolo con regia, scene e costumi di Luchino Visconti.
Un istantanea dal passato riemersa sorprendentemente proprio nello stesso giorno, il 17 marzo, in cui il regista teatrale e cinematografico milanese moriva a Roma nel 1976, 45 anni fa, dopo una parabola artistica che ha rivoluzionato la scena del melodramma. Uno spettacolo, quel Don Carlo, rimasto celebre per le scene che echeggiavano la Spagna di El Greco, con tratti cupi e grigi alternati a colori sgargianti nelle scene di massa, rese ancora più grandiose dalla qualità dei costumi, ispirati a un’attenta ricerca storica. Lo spettacolo fu ripreso dallo stesso Visconti nel 1974 con Thomas Schippers sul podio e l’allestimento venne poi volte riproposto anche in anni recenti – con esiti alterni – sia a Roma che al Teatro del Maggio Fiorentino. Accanto alla locandina della serata inaugurale, che indica i prezzi massimi dei biglietti in 40.000 lire per le poltronissime e 2000 lire per le gallerie, fiammeggia il manifesto giallo zafferano dell’intera stagione 1965- 66, firmata dall’allora direttore artistico Massimo Bogiankino, che ci offre uno spaccato significativo sulla produzione dell’epoca, in una stagione piuttosto felice per un teatro che ne avrebbe anche conosciute di più travagliate. Quindici titoli d’opera, con un numero di recite variabili dalle 14 di Aida alle quattro del Mosé e Aronne di Schoenberg, diretto da Scherchen, in prima romana come anche l’Angelo di Fuoco, presentato alllora in versione ritmica italiana, l’unica conosciuta a Roma prima del recente spettacolo di Emma Dante.
Fra le opere nuove spicca anche il Giovane Lord di Henze/ Bachmann in prima italiana, diretto dallo stesso compositore, mentre sul podio compaionoEugen Jochum per sei recite di Walkiria e del Ratto dal Serraglio mozartiano, provenienti dalla Deutsche Oper di Berlino, Bruno Bartoletti alle prese con Salome di Strauss, Anja Sjilia protagonista, e tanti nomi usuali allora e entrati negli annali oggi, da Leyla Gencer nel Roberto Devereux a Virginia Zeani nella Traviata, Antonietta Stella in Adriana Lecouvreur fino al Carla Fracci nella Bella Addormentata in una ricca stagione di balletto a cui quell’anno si aggiungevano tre serate del tour dell’Opéra di Parigi. Doppio impegno per Giulini, che diresse all’Opera anche un Requiem di Verdi che fece epoca, con Gwyneth Jones, Fiorenza Cossotto, Carlo Bergonzi e Raffaele Ariè.