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 2021  marzo 18 Giovedì calendario

La Comune infiamma ancora Parigi, 150 anni dopo

Durò appena 72 giorni la Comune di Parigi, una «repubblica indipendente» frutto dell’insurrezione dei suoi abitanti, stremati da quattro mesi d’assedio da parte dei prussiani (e dagli anni del Secondo Impero, la Francia di Napoleone III, quella del boom economico e delle speculazioni finanziarie, che avevano amplificato le differenze sociali). I parigini rigettarono il nuovo governo (repubblicano pure quello) di Adolphe Thiers, che fuggì a Versailles, con un’Assemblea nazionale, perlopiù conservatrice. Era il 18 marzo 1871, 150 anni fa.
Il 28 maggio successivo sarà già tutto finito: nell’ultima «settimana di sangue», i «versaillais», entrati in città, sterminarono i «communards», che a loro volta erano accusati di aver ucciso svariati oppositori e di avere dato fuoco ad alcuni luoghi simbolo della capitale. Da allora l’episodio ha continuato a dividere, tra chi esalta la «leggenda rossa» (Marx ed Engels vi videro il primo esempio di rivoluzione moderna) e chi la «leggenda nera» (erano solo un’accozzaglia di «barbari e banditi», scrisse Paul de Saint-Victor già nel 1872).
Alla faccia del Covid, l’attuale amministrazione comunale lancia in tromba una serie di eventi per l’anniversario, tra conferenze e spettacoli all’aperto e nuove lapidi, per ricordare barricate e eroi di un giorno. Il giovane artista Simon Michel dipingerà un affresco ispirato alla Comune su un muro di Belleville, sulle colline dell’Est di Parigi. Fu uno dei quartieri simbolo di quell’esperienza popolare. Oggi è uno dei bacini di elettori della sinistra, come Versailles è uno dei bastioni del conservatorismo: ancora così, dopo 150 anni. Emmanuel Macron martella sulla fine del divario tra destra e sinistra. Ma gli steccati restano, se si guarda alle polemiche scoppiate sulle commemorazioni, volute dalla sindaca socialista Anne Hidalgo, alleata di comunisti e verdi, presa di mira dalla destra.
Laurence Patrice è l’assessore incaricata della memoria storica. Ricorda «tutte le conquiste realizzate dalla Comune, in poche settimane, e che sono ancora così attuali: l’eguaglianza dei salari tra uomini e donne, la cittadinanza francese accordata agli stranieri, la requisizione degli alloggi vuoti, per chi non aveva una casa. Il riconoscimento di un’unione libera tra uomo e donna, anche non sposati. E l’offerta di una scuola laica e gratuita per tutti». «Non si può negare», aggiunge, «che ci furono violenze da una parte e dall’altra. Ma i communards furono provocati dagli assalti dei loro avversari».
Rudolph Granier, consigliere comunale dei Repubblicani, il partito della destra moderata, la pensa diversamente. Accetta «la necessità di commemorare la Comune, ma non di celebrarla» e punta il dito contro «una serie di controverità storiche, il revisionismo felice di tanti fatti violenti» e «una strumentalizzazione politica» da parte della Hidalgo, che vuole candidarsi alle presidenziali dell’anno prossimo. È già in campagna e cerca disperatamente i simboli di unità per una gauche divisa. Ideale il mito della Comune. Mai, in realtà, quel mito ha convinto proprio tutti. Pure scrittori repubblicani e classificati a sinistra, come Emile Zola e George Sand, la criticarono aspramente.
Marc Ternant, 66 anni e una lunga barba grigia, abita in una casetta di Belleville, dove negli ultimi dieci anni si è dedicato all’opera della sua vita, un poema epico sulla Comune. Sulle stradine dal pavé lucido, che salgono e scendono nel quartiere, conosce i luoghi simbolo della rivolta, come la chiesa di Notre Dame de la Croix: «Negli edifici religiosi, la mattina si consentivano ancora le funzioni religiose, ma il pomeriggio s’incontravano i rivoluzionari. E in questa chiesa interveniva un’oratrice formidabile, Paule Mink, militante femminista». Invece, a due passi da casa sua, su rue de Rigoles «si nascose, durante la settimana di sangue, Maxime Lisbonne, uno degli spadaccini più abili tra i rivoltosi, il d’Artagnan della Comune. Ferito nelle ultime barricate, venne spedito in esilio nella Nuova Caledonia». Sì, esistono i luoghi della Comune. E i non luoghi, come la basilica del Sacro Cuore di Montmartre, la cui costruzione iniziò subito dopo, considerata dai più come un atto di espiazione rispetto agli eccessi della rivolta parigina.
Doveva essere classificata monumento storico dalle Belle arti quest’anno. Ma Hidalgo e compagnia hanno deciso di rinviare la decisione al 2022 «per dare alla commemorazione della Comune tutta l’attenzione che si deve». Perché la memoria storica è anche politica.