Il Messaggero, 17 marzo 2021
Come proteggere il nostro cervello
Mantenere giovane il cervello per invecchiare bene. Se questo obiettivo va centrato curando la salute cardio-vascolare, gli esperti adesso ci dicono che oltre a quelli che già conoscevamo dobbiamo stare attenti ai nuovi fattori di rischio: dalla depressione all’insonnia, fino alla perdita dell’udito. Un suggerimento su come proteggere la salute dei nostri pensieri viene dai cardiologi dell’American Heart Association che hanno riunito le più aggiornate istruzioni per l’uso in un documento pubblicato sulla rivista Stroke, accompagnate da un grande messaggio di speranza: vivere a lungo e in modo pieno è un sogno realizzabile.
AGIRE SUBITO
Ecco come. La salute del cervello passa per quella delle arterie e i principali nemici sono i nostri comportamenti; ma la buona notizia è che è possibile intercettare gli effetti di questi fattori di rischio, a patto però di non agire troppo tardi. «La prevenzione non deve iniziare in età avanzata sottolinea Ronald M. Lazar, direttore del Brain Institute dell’Università dell’Alabama negli Usa ma è un continuum che abbraccia tutta la vita, dall’età pediatrica a quella adulta. Prestare attenzione da subito ai corretti stili di vita regala grandi risultati negli anni a venire».
I CONSIGLI
I sette obiettivi da centrare per proteggere cuore e cervello, come suggerisce il programma Life’s Simple 7 dei cardiologi stelle-e-strisce, riguardano altrettanti fattori di rischio: tenere sotto controllo la pressione e i livelli di colesterolo, ridurre i livelli di glicemia, fare più attività fisica, mangiare meglio, perdere peso (se necessario) e non fumare. Ma il documento appena pubblicato aggiunge altri sei target. Tra i nemici principali del decadimento cognitivo vengono individuati la depressione e l’isolamento sociale che, soprattutto nell’ultimo anno, si è fatto molto sentire. Lo studio svedese Betula ha dimostrato che chi risponde in modo affermativo alla domanda ti senti spesso solo?, nell’arco di una ventina d’anni presenterà un rischio di demenza maggiorato del 51%.
Oltre alla solitudine, da evitare sono anche gli eccessi alcolici, che provocano neuro-tossicità. Attenzione a combattere subito anche i disturbi del sonno, dall’insonnia alle apnee da sonno. E nel mirino degli esperti sono finiti anche i disturbi dell’udito. Una metanalisi su 36 studi ha dimostrato che la perdita di udito correlata all’invecchiamento si associa a un maggior rischio sia di declino cognitivo, che di demenza. Un problema non da poco visto che sebbene un terzo delle persone anziane sviluppi ipoacusia, solo una minoranza la tratta in modo efficace. E un udito compromesso crea un circolo vizioso, acuendo anche il problema dell’isolamento sociale e della depressione.
LA DIPENDENZA
Un basso grado di scolarizzazione rappresenta infine un importante fattore di rischio per la salute del cervello (il rischio di demenza e disturbi cognitivi aumenta di 1,8 volte), mentre un elevato grado di istruzione fa da scudo al decadimento cognitivo. La memoria, il pensiero, la capacità di ragionare, di comunicare e di risolvere i problemi sono le caratteristiche che ci consentono di affrontare la vita quotidiana. Una volta compromesse, si diventa più fragili e dipendenti dagli altri.
«Diversi studi afferma Lazar hanno dimostrato che lo stato cognitivo è minacciato da fattori sui quali possiamo intervenire e che possiamo tenere sotto controllo. Ed è importante prevenire e mitigare il rischio, perché una volta andati incontro a decadimento cognitivo, le armi terapeutiche a disposizione sono molto limitate».
Proprio per studiare in modo sempre più approfondito il cervello sono stati ottenuti organi in miniatura in laboratorio assemblando cellule nervose in minuscole sfere, all’interno delle quali si inserisce un dispositivo elettronico. La ricerca è dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
Obiettivo: ottenere future interfacce neuro-robotiche per rimpiazzare porzioni del sistema nervoso compromesse da malattie o traumi, o ancora per aiutare nel recupero di funzionalità compromesse del sistema nervoso. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Advanced Biosystems e coordinata dal gruppo Microtechnology for Neuroelectronics dell’Istituto guidato da Luca Berdondini. La ricerca è fra i temi della Brain awareness week, la settimana internazionale per sensibilizzare sull’importanza delle ricerche sul cervello in corso fino al 21 marzo.
LE CELLULE NERVOSE
Chiamati sferoidì, gli aggregati di cellule nervose sono confrontabili a mini-organi sferici in grado di simulare alcune funzionalità di un organo complesso come il cervello. I chip introdotti al loro interno potrebbero controllarne l’attività come aiutare a studiare gli effetti sulle cellule nervose di alcune sostanze o di alcune malattie.