Corriere della Sera, 17 marzo 2021
Intervista a Laura Pausini
Mi romperebbe proprio non vincere questa volta. In passato mi sono sempre autoconvinta che non ce l’avrei fatta così quando arrivava la vittoria era più bello. E allora... vamos!». Arrivata alla soglia degli Oscar, Laura Pausini ci crede. «Io sì (Seen)», colonna sonora di La vita davanti a sè di Edoardo Ponti con Sophia Loren, è nella cinquina per l’Oscar come miglior canzone. Dopo Sanremo, Grammy e Golden Globe, solo per citare i principali riconoscimenti, la bacheca di Laura si prepara ad allargarsi al più prestigioso dei premi dello show business.
«And the winner is...».
«Con i miei compagni di scuola ci rido su... diciamo che se arriva l’Oscar non c’è un altro premio. Le Olimpiadi? Odio fare cose sportive, mi limito a guardarle».
Dedica per la nomination?
«Non ho mai scritto discorsi in occasioni simili, ma questa nomination e l’eventuale vittoria le dedico al mio babbo: suonava nelle orchestre, fu fra i primi a provare l’avventura dei piano bar, mi ha insegnato perché le canzoni sono importanti per la vita delle persone, ma non mi ha mai detto che dovevo cantare. Ha aspettato. E al mio ottavo compleanno, al ristorante Napoleone di Bologna, chiesi in regalo un microfono. A me sarebbe bastato fare i piano bar, non c’erano ragazze allora, ma lui mi diceva che i miei sogni erano troppo piccoli».
Ha un rito scaramantico per queste occasioni?
«Una bacchetta magica di plastica, regalo del mio migliore amico Giuseppe, purtroppo deceduto. L’ho sempre con me e ha sempre funzionato. Quest’anno ho anche Unipop, cacca multicolor di unicorno realizzata da un’artista che si chiama Amanda».
Aveva mai sognato un traguardo così?
«Mai. E nemmeno di essere attrice anche se anni fa ricevetti da Bernardo Bertolucci la proposta di interpretare Maria Callas. Non ero in grado di reggere un invito del genere».
Se arrivasse qualcosa di simile ora?
«Non mi piace che chi non ha studiato o non ha talento in un settore usi la sua popolarità che arriva da altro. E inoltre non voglio conoscere troppo quel mondo, per me il cinema è distrazione e sogno. Quando ascolto una canzone purtroppo mi viene da pensare a come è stata prodotta».
Al cinema ci andava con le amiche o i fidanzatini?
«Coi genitori al pomeriggio. Fino a 18 anni non potevo uscire la sera. Poi ho vinto Sanremo e da allora sono sempre stata in giro a lavorare. I film li ho visti a casa: i preferiti Forrest Gump, Schindler’s List e La vita è bella».
Sono gli Oscar della diversità, tema da lei condiviso.
«Parola che non mi piace e che amo allo stesso tempo. Vivo circondata dalle diversità che mi fanno crescere e insegnare a mia figlia. Se non ci fosse diversità la vita sarebbe una noia mortale, ma enfatizzare la parola in modo denigratorio mi infastidisce».
Il Papa è contrario alle benedizioni delle coppie omosessuali. Come la pensa?
«Non credo sia il suo pensiero. Le persone omosessuali hanno diritto di essere in una famiglia, sono figli di Dio come tutti gli essere umani che vogliono amarsi. Ci vuole una legge sulle unioni civili».
Tutto parte dal Sanremo Giovani del 1993. Cosa vede guardandosi indietro?
«Da allora mi chiedo perché succedano a me certe cose. Penso sempre di non essere in grado. Ma da quel giorno è nato anche il desiderio di non accontentarmi e per farlo mi comporto come un’atleta disciplinata. Sono una donna che ha molte cose di quella ragazzina che provava nella mansarda di Solarolo con i vicini che chiedevano di abbassare il volume: le stesse ansie, lo stesso modo di gioire, lo stesso principio del cantare, che ci fossero 100 persone o le 60 mila di San Siro. Più le cose diventavano grandi più mi sentivo piccola e mi chiedevo se me le meritassi».
Sindrome dell’impostore?
«Anni fa mi sentivo in colpa per il successo. Mi ha aiutata una psicologa. Mi dà forza sentire che all’estero di me apprezzano la stessa cosa ovunque, la voce. Però non è un merito mio, ci sono nata. Allora mi dò da fare su quello che sta attorno: la scelta di canzoni, autori e produttori... Insomma 28 anni di fortuna, pur con un sedere importante come il mio, non li reggi».
Non si fa l’abitudine a sentirsi parte dello star system?
«Tutto parte da quel Sanremo. Quando mi chiama al telefono Pippo Baudo, ancora oggi sono nervosa. Sono più tranquilla con Beyoncé».
Sanremo da conduttrice chiuderebbe il cerchio?
«La Rai me lo ha chiesto qualche anno fa assieme a Paola Cortellesi. Se me lo richiedessero non accetterei mai la direzione artistica perché sono plagiabile e farei partecipare i miei amici. Ma l’anno prossimo vorrei far uscire il mio nuovo disco».