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 2021  marzo 17 Mercoledì calendario

L’onore dei soldatini della Grande Guerra

«I due hanno urlato, pianto, chiamato la famiglia lontana, implorato pietà e perdono... E quando hanno intuito che nessuna forza umana poteva loro ridare la vita non hanno più detto una parola, hanno solo continuato a piangere lentamente. Il plotone d’esecuzione s’allinea, sbigottito, occhi atoni nell’aiutante maggiore che con voce che vuole dunque far suonare aspra spiega la necessità di mirar bene per abbreviare l’agonia a gente irrimediabilmente condannata... Nel plotone ci sono amici, paesani, forse anche parenti dei due condannati. “Silenzio” grida l’aiutante. È arrivato il prete, tremante, atterrito; c’è anche il medico, si marcia ad una piccola radura sinistra, nel bosco, ai primi lucori dell’alba. Ecco il primo condannato. Un pianto senza lacrime, quasi un rantolo esce dalla gola serrata. Non una parola, occhi senza espressione più, sul volto solo il terrore ebete della bestia al macello. Condotto presso un abete, non si regge sulle gambe, s’accascia: bisogna legarlo con filo al tronco. Il prete livido, se lo abbraccia. Intanto il plotone s’è schierato su due righe: la prima riga deve sparare. L’aiutante maggiore ha già spiegato: io faccio un cenno con la mano e allora fuoco. Ecco il cenno. I soldati guardano l’ufficiale, il condannato bendato, e non sparano. Nuovo cenno. I soldati non sparano. Il tenente batte nervosamente le mani. Sparano. Ed ecco il corpo investito dalla raffica si piega scivolando un poco lungo il tronco dell’albero, mezza la testa asportata...». Bisogna rileggere quelle pagine straziate di Scarpe al sole, il libro bellissimo in cui il grande Paolo Monelli raccontò la «sua» Grande Guerra, per capire cosa furono le fucilazioni dei soldatini che, dopo un secolo di damnatio memoriae si vedranno restituire l’onore con una lapide all’Altare della Patria appena il voto nell’aula del Senato passerà la risoluzione votata all’unanimità dalla Commissione Difesa. «Solo chi uscì vivo dalla maciulla del combattimento», scriveva Monelli rabbioso con gli ufficiali dalla barba rasata che distribuivano le sentenze a tavolino, «solo chi strisciò all’attacco e sbiancò d’orrore sotto il bombardamento e pregò di morire nella notte di battaglia premuto dal freddo e dalla fame, solo quello sarebbe giudice competente, e darebbe sì forse anch’egli la morte, ma sapendo che cosa vuol dire...».