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 2021  marzo 17 Mercoledì calendario

L’australiana che ritrova i soldati italiani

Mio nonno Giovanbattista Esposito, detto Titta, era il barbiere del suo paese, Oriolo, un piccolo borgo nel nord della Calabria. Nell’estate del 1940 si arruolò volontario e partì per la Libia, dove si stava combattendo la Campagna d’Africa. La notizia della disfatta di Tobruk a casa arrivò in ritardo, poi un giorno, nell’estate del ‘41, la sua famiglia ricevette una cartolina dall’Australia: era del nonno. Titta raccontava di essere stato catturato a Tobruk e di trovarsi prigioniero all’altro capo del mondo. Da quel momento, il silenzio. Dovettero passare più di quattro anni perché il nonno facesse ritorno a casa e riabbracciasse sua moglie Amelia e i suoi figlioletti Giuseppe e Francesco. Ma le sue condizioni di salute non erano buone, il tempo per i racconti fu poco e nel ’50 morì. 
La sua vita australiana è rimasta per più di 80 anni un buco nella nostra memoria familiare. Fino a pochi giorni fa. Quando sorprendentemente siamo stati travolti da una valanga di informazioni – documenti, fotografie, liste passeggeri – inviateci dall’altro emisfero. Documenti preziosi ed emozionanti che hanno permesso di ricostruire passo passo quell’esperienza dimenticata, restituendo alla mia famiglia un pezzo importante della sua storia. Il braccio australiano di questa straordinaria operazione si chiama Joanne Tapiolas. Joanne, con il suo sito «Italian prisoners of war», con il progetto «Finding nonno» e con le tante pubblicazioni a sua firma sul tema, si sta dedicando alla restituzione della memoria australiana a figli, nipoti e bisnipoti di soldati passati per i campi di prigionia del continente più remoto. 
Joanne rintraccia quelli che chiama i footsteps (i passi) dei soldati italiani e ne ricostruisce il percorso grazie al monumentale lavoro di digitalizzazione degli archivi militari e civili fatto dal governo australiano. Per scovare i footsteps del mio nonno infatti è bastato inviarle nome, luogo e data di nascita del Pow (prisoner of war): le informazioni sono venute alla luce tutte assieme, come gemme rimaste chiuse per anni dentro un scrigno di cui la mia famiglia ignorava l’esistenza. 
«Mi chiedo spesso cosa devono aver pensato i soldati italiani trovandosi davanti il Sidney Harbour Bridge dopo tre settimane di navigazione», mi ha scritto Joanne qualche giorno fa. Fra gli occhi stupiti e spaesati dei 2.016 italiani arrivati a Sydney il 27 maggio 1941 a bordo della Queen Mary, ora posso scorgere gli occhi di mio nonno, catturato a Tobruk il 21 gennaio dello stesso anno, poi trasferito nel campo di detenzione di Genefa, in Egitto, e da lì imbarcato sul transatlantico. Il primo carico di prigionieri di guerra italiani: lui è il numero 300 della lista passeggeri. Da Sydney posso seguirlo su un treno diretto nell’outback australiano, destinazione campo di Hay. Qui lo vedo mentre gli fanno indossare la tuta rosso scuro e gli danno la cartolina che spedirà a Oriolo. E qui inizia la sua vita australiana, fatta di alti e bassi: il lavoro nei campi come aiuto ai farmers, la fauna selvaggia che poteva catturare e mangiare liberamente (a Hay i Pows italiani lavoravano senza catene, d’altro canto era davvero difficile scappare), il fascino di una terra immensa e vergine, ma anche la nostalgia di casa e i disturbi da stress post traumatico di cui tanti soldati soffrivano e di cui anche lui soffrì. 
Nel ’44, il nonno venne trasferito in un altro campo più a sud, a Murchison, dove rimase fino al rimpatrio, nel 1945. Fu tra i primi 500 prigionieri di guerra italiani a lasciare l’Australia, a bordo della nave Andes salpata nell’agosto ’45, come era stato fra i primi ad arrivare. L’8 settembre, finalmente, l’Italia. Durante il secondo viaggio del nonno Titta attraverso l’oceano, le bombe colpivano il Giappone. La sua vita e quella degli altri soldati continuava a incrociare gli eventi più drammatici del 900, e ne restava legata a doppio filo. Ma la guerra stava per finire. Il mondo avrebbe presto ritrovato la pace. E Titta avrebbe riabbracciato la sua famiglia.