Il Messaggero, 14 marzo 2021
il segreti di Antikythera, il primo computer creato 2.200 anni fa
Un mistero che dura dal 1901, da quando venne rinvenuto da pescatori di spugne nel carico dell’antico relitto mercantile affondato davanti l’isola di Cerigotto tra Creta e il Peloponneso durante una tempesta nel I secolo a.C. mentre era in viaggio verso Roma. È il Meccanismo di Antikythera, creato 2.200 anni fa da un inventore geniale rimasto ancora anonimo. Un gioiello di tecnologia millenaria, con i suoi trenta ingranaggi di ruote dentate di bronzo dorato armonizzate in una macchina complessa contenuta in un apparecchio grande quanto una scatola di scarpe, oggi conservato nel Museo archeologico di Atene. Dall’alba del Novecento, da quando venne ripescato in fondo al mare, ha sedotto e catturato le energie di astronomi, storici della scienza, matematici, archeologi, fisici, informatici.
Un autentico cold case, considerato a più riprese come l’antenato del computer e insieme un sofisticato orologio solare e planetario, e che ora potrebbe essere ad una svolta interpretativa. Gli ultimi studi nel 2016, con il dossier pubblicato sulla rivista scientifica Almagest da parte di un’équipe internazionale (l’Antikytera Mechanism Research Project) avevano fatto chiarezza sull’utilizzo del meccanismo alimentato a mano finalizzato a mostrare il movimento dell’universo, prevedendo il movimento dei cinque pianeti conosciuti all’epoca (siamo nel II secolo a.C.), svelando le posizioni del Sole e della Luna per i giorni dell’anno, e prevedendo eclissi.
IL PUZZLE 3DOra arrivano i risultati degli studi messi a punto dai ricercatori della University College London pubblicate sulla rivista Scientific Reports, e riportate dalla stampa internazionale come il Guardian, che annunciano di aver risolto il mistero (almeno in parte) anche grazie ad un’operazione certosina di ricostruzione del dispositivo con macchinari moderni. Dettaglio non da poco visto che nell’originale mancano i due terzi del meccanismo. Gli scienziati infatti hanno dovuto affrontare un malandato puzzle di 82 frammenti separati. Un’impresa che ha avuto il suo punto di partenza dal lavoro di Michael Wright, ex curatore di ingegneria meccanica presso il Science Museum di Londra, che aveva messo insieme teoricamente gran parte del funzionamento del meccanismo. Ora l’équipe dell’UCL ha messo a confronto le iscrizioni sul meccanismo (tradotte in larga parte nel 2016) e un metodo matematico descritto dall’antico filosofo greco Parmenide, per elaborare il movimento meccanico degli ingranaggi per spostare i pianeti e gli altri corpi celesti segnalati dal Meccanismo nel modo corretto. Secondo il team, il Meccanismo potrebbe aver visualizzato il movimento del Sole, della Luna e dei pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno su anelli concentrici intorno alla Terra. Inoltre, un puntatore definito Mano del drago indica il verificarsi delle eclissi. «Crediamo che la nostra ricostruzione si adatti a tutte le prove che gli scienziati hanno raccolto dai resti esistenti fino ad oggi», ha precisato Adam Wojcik, uno degli scienziati dell’UCL. Certo, siamo di fronte ad un sistema incredibilmente sofisticato. Gli scienziati ancora si interrogano su come gli antichi greci abbiamo prodotto i componenti del Meccanismo. Gli anelli concentrici che compongono il quadrante del piccolo planetario dovrebbero ruotare su una serie di tubicini di metallo perfettamente creati. Come se avessero un tornio specifico per una simile lavorazione dei metalli. Insomma, una raffinatezza eccelsa. Il dilemma è ora un altro.
LE REPLICHE MANCATEPerché resta un unicum? Perché non c’è nulla in archeologia che gli somigli? Perché resta di fatto l’oggetto più misterioso della storia della tecnologia? «Se i greci avevano la tecnologia per realizzare il meccanismo di Antikythera, perché non l’hanno estesa alla creazione di altre macchine, come gli orologi?», si chiede Wojcik. In realtà, era prassi che i manufatti in bronzo venissero spesso fusi per crearne altri, o almeno riciclare le parti. Lo stesso Meccanismo, non a caso, potrebbe contenere materiali e componenti riutilizzati. Quello che sembra sicuro è che comunque lo strumento sia stato realizzato proprio a Rodi.