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 2021  marzo 14 Domenica calendario

Tutti i numeri di Arcuri

Per il centrodestra aveva troppi incarichi, per Matteo Salvini, che non ha mai perso occasione per attaccarlo, era inefficiente. Ma davvero l’ex commissario all’emergenza Domenico Arcuri era il manager sbagliato per fronteggiare la pandemia? Stando ai numeri le cose non sembrano proprio così, come pare dimostrare l’indagine sulle gare indette lo scorso anno per acquistare i dispositivi di protezione individuale necessari agli operatori sanitari e alla popolazione per proteggersi dal contagio e per reperire le attrezzature per le terapie intensive. È quanto emerge da un’elaborazione curata da Masan, l’Osservatorio sul management degli acquisti e dei contratti in sanità dell’Università Bocconi.
Partiamo dai Dpi, tra mascherine, calzari, visiere, camici, di gare ne sono state fatte 1.539, per un totale a base d’asta di circa 10,5 miliardi. Ma l’importo effettivamente aggiudicato è stato di poco superiore ai 3,3 miliardi. Con alcune sorprese, però. Le aziende sanitarie sono riuscite a portare a casa oltre 300 lotti per un ammontare di poco superiore ai 275 milioni; le centrali d’acquisto delle Regioni si sono fermate a 215 lotti per 457 milioni (e partivano da una base d’asta di oltre 4,1 miliardi). Molto più in là è arrivato l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, con oltre 2,3 miliardi (e partiva da una base di 4,8).
L’indagine di Masan prende in considerazione i dati provenienti da Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, e dalla stessa struttura commissariale. E anche se il quadro non è del tutto esaustivo, perché le aziende sanitarie e le Regioni avevano già in corso gare indette prima dello scoppio della pandemia, ciò che emerge è significativo. La sezione centrale della Protezione civile, per esempio, sempre per i Dpi ha fatto 56 gare per un importo a base d’asta di poco più di 377 milioni. E dall’elaborazione, come spiega la coordinatrice dell’osservatorio Giuditta Callea, mancano grosso modo metà delle gare indette da Arcuri: “Non dobbiamo dimenticare che tutto è stato fatto nella più assoluta emergenza e nel panico generale, con un proliferare di gare che a volte si sovrapponevano – dice Callea –. Se qualcosa è mancato è stato un forte coordinamento tra le Regioni e la struttura commissariale”.
È capitato così anche che agli ospedali siano stati consegnati ventilatori polmonari, necessari nelle terapie intensive, con istruzioni per il collaudo solo in lingua cinese. “Per questo tante aziende sanitarie non sono riuscite a utilizzarli”, spiega Callea. “Ora – prosegue la coordinatrice di Masan –, si prospetta una gestione maggiormente centralizzata. E va ricordato che non ci troviamo più nella situazione di un anno fa, quando era difficilissimo reperire i dispositivi medici”.
Passiamo alle terapie intensive. In questo caso le gare monitorate sono state in tutto 1.106, in larghissima maggioranza fatte dalle varie aziende sanitarie (1.016) e dalla struttura commissariale di Arcuri (quelle che restano sono da attribuire a Protezione civile, Consip, Regioni).
In questo caso le Asl hanno portato a casa 60,5 milioni di macchinari. Quasi 33, invece, sono arrivati dalla Protezione civile e dal commissario all’emergenza. Arcuri, che venerdì scorso è stato ricevuto al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, aveva ricevuto ampi poteri dall’ex premier Giuseppe Conte, seppure con un incarico a titolo gratuito. Anche la sua struttura, costituita da circa un centinaio di persone, non comportava ulteriori oneri a carico dello Stato. Era composta da giuristi, tecnici, ingegneri. Che però erano tutti dipendenti di Invitalia, di cui Arcuri è amministratore delegato, per i quali era stato disposto il distaccamento. Oppure erano funzionari del ministero della Salute. E ogni genere di acquisto o indicazione sull’organizzazione di un reparto ospedaliero avveniva di fatto sotto dettatura da parte del Cts o del ministero stesso.