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 2021  marzo 14 Domenica calendario

Per colossi e start up dei vaccini 35 miliardi di utili extra nel 2021


Una rivalutazione di oltre 160 miliardi. Tanto è valso, per la Borsa, l’effetto Covid sui giganti dell’anti-Covid, ovvero le case farmaceutiche che da ormai un anno sono in prima linea nella produzione del vaccino e delle cure del Coronavirus. Il valore esprime l’incremento in termini di capitalizzazione di Borsa rispetto ai livelli di inizio 2020. Ma è solo una soglia di partenza, perché nei fatti, tra profitti attesi e giro d’affari stimato, il beneficio complessivo per i protagonisti dell’immunizzazione di massa potrebbe essere di gran lunga più alto. Basta mettere in fila capitalizzazioni di Borsa e stime su fatturati e profitti dei big in manovra per arginare la pandemia. I vari Pfizer, BioNtech, AstraZeneca, Johnson & Johnson, Moderna, Novavax e Cansino Biologics, ma anche i produttori di anticorpi monoclonali come Ely Lilly e Regeneron, balzati alla cronaca dopo essere riusciti a “guarire” in tempi record con un cokctail di anticorpi l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Punto di partenza per comprendere in che misura la corsa ai vaccini sta rivalutando bilanci e valori di Borsa è fotografare gli stessi protagonisti e il settore in cui si muovono.
Nell’era del Covid bisogna così distinguere gli effetti su colossi storici della farmaceutica come Pfizer o Astrazeneca e Johnson & Johnson, forti di una capitalizzazione che anche in pre pandemia superava a livello aggregato i 642 miliardi e un fatturato complessivo di 150 miliardi, e le piccole aziende biotech o la più giovane Moderna dove il peso effettivo della commercializzazione del vaccino anti Covid sarà molto più sensibile. Questo perché misurato su numeri di bilancio e valori di Borsa che, prima del Covid, erano da start up.
Le previsioni sul 2021
In generale, secondo l’elaborazione de Il Sole 24 Ore, su dati S&P Market Intelligence i vaccini e le cure anti-Covid garantiranno oltre 71 miliardi di dollari di utili netti per le case farmaceutiche produttrici. La stima emerge sommando i profitti previsti per quest’anno di tutti i principali attori in campo, sia case farmaceutiche e aziende biotech, i produttori di anticorpi monoclonali (Ely Lilly e Regeneron). Se confermati, questi numeri comporteranno un raddoppio dell’utile netto aggregato rispetto al 2020 (36 miliardi di dollari) e una crescita di quasi il 40% del giro d’affari complessivo che dovrebbe attestarsi a 257,9 miliardi di dollari (erano 185 a fine 2020). Uno scenario su cui da tempo i mercati avevano scommesso a giudicare dal rally messo a segno dai titoli la cui capitalizzazione aggregata è passata da 916 a 1083 miliardi di dollari.
Non è stato comunque un rialzo uniforme, complice il fatto che sarà differente l’impatto sul conto economico delle aziende. Per i giganti della farmaceutica, come Pfizer Astrazeneca o Johnson & Johnson, i benefici restano infatti confinati alle previsioni di utili e ricavi, meno sui valori espressi dalle capitalizzazioni.
Il colosso Usa Pfizer, per esempio, alla fine del 2019 poteva contare su una capitalizzazione di Borsa di 216 miliardi di dollari e oggi, a distanza di più di un anno dallo scoppio della pandemia e di qualche mese dall’avvio della commercializzazione del vaccino, ha un valore di mercato persino inferiore (193,6). Anche per via dello storno degli investitori sul titolo che, dopo l’exploit dello scorso novembre in occasione dell’annuncio del vaccino, è stato oggetto di prese di profitto. Il gigante guidato dall’amministratore delegato Albert Bourla, balzato alle cronache lo scorso novembre per la vendita di titoli della società da lui guidata per 5,56 milioni di dollari nello stesso giorno dell’annuncio del completamento dell’iter legato all’efficacia del vaccino, ha registrato nel 2020 profitti per 9,6 miliardi che si confrontano con i 15,5 miliardi attesi per il 2021. È altrettanto vero, però, che il dato 2020 era di gran lunga inferiore rispetto agli utili del 2019, quando gli stessi raggiungevano i 16 miliardi.
Copione simile per il gruppo anglo-svedese Astrazeneca che viaggia su livelli di capitalizzazione di poco inferiori ai livelli pre-Covid: 128 miliardi contro i 132 di un anno fa. Anche in questo caso le previsioni dell’anno in corso per il gruppo guidato da Pascal Soriot sono migliorative rispetto a quelle del 2020: a fronte di profitti di 3 miliardi segnati lo scorso esercizio, l’attesa a distanza di dodici mesi è di 4,6 miliardi. È andata meglio in Borsa al gigante Johnson & Johnson, complice il fatto che il vaccino è arrivato più di recente: il valore del gruppo è salito da 383 miliardi agli attuali 418, gli utili attesi per il 2021 sono di 22,3 miliardi contro i 14,7 miliardi dello scorso anno.
L’exploit delle biotech
L’impennata di tutti questi valori è molto più netta se si guarda invece ai più giovani attori della lotta al Covid19: Moderna, BionTech, Novavax e CanSino Biologics erano solo delle semisconosciute start up prima del Covid. Con la pandemia il loro know-how scientifico, che avrebbe impiegato anni per dare i primi frutti, è diventato la merce più richiesta sul mercato. E quest’anno le ex promettenti biotech passeranno all’incasso.
I numeri parlano chiaro: Moderna (18,7 milioni di ricavi nel 2019) dovrebbe chiudere il bilancio 2021 con 16,9 miliardi di ricavi e 8,4 miliardi di utile; BioNTech (121,9 milioni di ricavi nel 2019) dovrebbe fare 7,6 miliardi di ricavi e 4,5 di utile; CanSino Biologics, che produce uno dei due vaccini cinesi finora approvati e fatturava appena 2,4 milioni prima del Covid, dovrebbe chiudere il bilancio 2021 con 3,9 miliardi di dollari di fatturato e 1,81 di utile; Novavax chiuderà il 2021 con 4,9 miliardi di ricavi e 2,14 di utile.
Insomma nel caso di queste piccole biotech la pandemia ha rappresentato una vera e propria svolta. Non è un caso che proprio su questi titoli si siano visti i rialzi più eclatanti. Da record in particolare la performance di Novavax. La società, che dalla fondazione nel lontano 1987 non è mai riuscita a portare sul mercato un vaccino, nel 2019 rischiò il delisting dal Nasdaq a seguito dell’ennesimo flop nei test su un vaccino contro il virus respiratorio sinciziale. Poi, con il Covid, è arrivata la svolta. L’azienda si è messa subito al lavoro, è entrata nel programma Operation Warp Speed del governo Usa, e ha chiuso con successo la sperimentazione. Dagli ultimi dati, resi noti nei giorni scorsi, è emersa un’efficacia del 96 per cento. L’azienda punta a ottenere l’approvazione dalla Fda a maggio. Al primo gennaio dello scorso anno l’azienda capitalizzava appena 93 milioni di dollari. Oggi ne vale 13,7 miliardi grazie a una rivalutazione del titolo di oltre il 4600 per cento. Rialzi notevoli, seppur non comparabili, si sono visti anche su Moderna (+618% da inizio 2020); CanSino Biologics (+403%) e BioNTech (+209%).