la Repubblica, 14 marzo 2021
La mozione Zibì sul gol in trasferta
Poiché l’ultimo ad aver criticato Boniek sulle pagine di un giornale è stato condannato a non scrivere per un anno, va detto subito: stavolta Zibì ha ragione. Ha detto la cosa giusta. Se è concesso: nel momento sbagliato. Ha sostenuto che la regola Uefa per cui a parità di gol quelli in trasferta valgono doppio va cambiata. L’ha fatto dopo che questa norma ha eliminato la Juve. Boniek non è un ex di quelli che ti lasciano con un abbraccio e ti rimpiangono per una vita, benché abbia espresso nostalgia perfino per il generale Jaruzelski. Passò alla Roma, fu un commentatore televisivo spietato, diffamò Davids, gli venne negata la stella allo Stadium e se la legò al dito. Eppure gli è scattato quel riflesso tardivo: come se il dottore ti battesse il martelletto sul ginocchio e tu scalciassi mentre sei sull’autobus per tornare a casa. Gli Stati Uniti mantengono una legge elettorale che può mandare (e ha mandato) alla Casa Bianca il candidato che ottiene meno voti. Gli automobilisti italiani pagano 17 accise sui carburanti, tra cui quella per il finanziamento della guerra d’Etiopia (1935-36). E nelle competizioni calcistiche europee il gol in trasferta vale doppio. Il presidente dell’Uefa Ceferin annunciò che si andava verso l’abolizione della regola. Per l’esattezza disse: «Viaggiamo in quella direzione. Ci siamo quasi». Avranno forato, perché era febbraio 2019. L’obiezione di Boniek sarebbe stata valida due anni fa. In questa edizione delle coppe diventa inoppugnabile.
Dove sono le partite in casa? Dove il vantaggio? Nel Camp Nou vuoto in cui il Barcellona, altroché remuntada 2017, soccombe al Psg? Nell’Anfield dove non si cammina, neppure da soli? Vogliamo obiettare che resta la comodità di chi riceve contro la fatica della trasferta? La regola valeva anche in Atletico Madrid-Chelsea, giocata a Bucarest, anziché nella “cornice amica” del Wanda Metropolitano. La legge giusta è quella che si adatta al fattore tempo, non al fattore campo e abroga il delitto d’onore, capisce l’eccezionalità e ammette il voto per posta. Un anno fa l’Uefa si sintonizzò con la realtà e fece giocare dai quarti una Final Eight: partita unica, unica sede. Fu appassionante. Poi si è tornati all’antico, fingendo una normalità che non c’è, come nobili al circolo, incuranti della cronaca. Si propongono riforme che allargano e allungano il gioco, nessuna che lo renda più sensato e moderno. Chi ha qualcosa da dire lo dica adesso.
Magari l’avesse detto prima. Magari con più di una squadra appena eliminata per una regola fuori dal tempo.