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 2021  marzo 13 Sabato calendario

QQAN62 Nove ipocondriaci

QQAN62

Notizie tratte da Vite di nove ipocondriaci eccellenti di Brian Dillon, edito da Il Saggiatore (pagine 336, euro 24).

LA RUBRICA CHE NE HO TRATTO PER IL FATTO QUOTIDIANO. A SEGUIRE  IL DATABASE COMPLETO DEL LIBRO

Darwin Darwin teneva un dettagliato registro delle proprie flatulenze. 

Corna Nel saggio Del non fingersi malato Montaigne sostiene che un re italiano, avendo sognato per tutte la notte di avere sulla testa delle corna, se le fece poi spuntare davvero per forza d’immaginazione.
 
Proust Proust non sapeva accendere un fuoco né aprire una finestra (Jacques Rivière, Proust et l’esprit positif).
 
Gould Glenn Gould, prima di suonare, immergeva le braccia nell’acqua bollente, se andava in tournée non voleva che qualcuno lo osservasse mentre mangiava, d’altra parte durante le registrazioni si nutriva solo di biscotti alla maranta, negli anni Settanta consumava un solo pasto nelle ventiquattr’ore, tra le quattro e le sette del mattino, in una tavola calda vicina a casa sua, e questo pasto consisteva in uova strapazzate, insalata, toast e tè.
 
Anonimato «Penso che all’artista si debba concedere, per il bene suo e del pubblico – e voglio chiarire subito che parole come “pubblico” e “artista” non mi vanno affatto a genio –, si debba concedere, dicevo, il beneficio dell’anonimato» (Glenn Gould).
 
Scomparire «La più grande invenzione americana: essere in grado di scomparire» (Andy Warhol)
 
Barriera Michael Jackson, che voleva piazzare una barriera in perspex tra sé e il pubblico. Poi lo convinsero a rinunciare.
 
Warhol Andy Warhol, che aveva perso i capelli a vent’anni, si coprì dapprima con un toupet castano, passò poi a colori via via sempre più chiari fino ad arrivare a un grigio quasi bianco. Spiegò: «Ho deciso di diventare grigio per non far capire a nessuno quanti anni ho, con i capelli grigi tutti mi avrebbero trovato più giovane della mia età reale. Altri vantaggi nel diventare grigio: 1. avrei avuto i problemi dei vecchi, problemi che ritenevo più semplici dei problemi dei giovani, 2. tutti sarebbero rimasti impressionati da come portavo bene i miei anni, 3. sarei stato esentato dalla responsabilità di comportarmi da giovane – potevo occasionalmente avere atteggiamenti eccentrici o senili e nessuno ci avrebbe trovato nulla da ridire perché avevo i capelli grigi».
 
Warhol Warhol andò in sala operatoria con la parrucca grigia e morì poi avendo ancora in testa questa parrucca grigia (22 febbraio 1987).
 
Asciugamani Proust teneva in bagno venticinque asciugamani e non voleva mai adoperare lo stesso due volte. La sua domestica, Céleste Albaret, gli fece notare che si trattava di uno spreco, e Proust le spiegò: «Un asciugamano usato due volte si inumidisce troppo e mi screpola la pelle».
 
Odori Proust terrorizzato dagli odori. Quando Odilon lo portava alla Valle di Chevreuse per vedere i meli e i biancospini in fiore, Proust preferiva restare in macchina, in modo da ammirare gli alberi da una distanza di sicurezza. Una volta chiese a Odilon di recidere un ramo, limitandosi però ad avvicinarlo al finestrino. Sistemarono quindi il ramo nel baule della macchina e lo portarono a casa, lasciandolo sul pianerottolo delle scale di servizio dove Céleste fu spedita ad osservarlo per poi riferire. Il rapporto di Céleste non convinse Proust che la rispedì a osservare meglio i fiori, in modo da fargliene una relazione più accurata.
 
Warhol «Vidi camminare per la strada una ragazza dalla pelle bicolore e ne fui così affascinato da seguirla. Due mesi dopo ero bicolore anch’io» (Andy Warhol).
 
Notizie tratte da Brian Dillon Vite di nove ipocondriaci Il Saggiatore (pagine 336, € 24).

 DAABASE COMPLETO

Sensazione

«Vorrei vivere solamente in compagnia di persone sane e allegre. La vista delle angosce altrui mi angoscia materialmente, e la mia sensazione ha spesso fatta propria la sensazione di un terzo: uno che tossisce di continuo mi irrita i polmoni e la gola» (Michel de Montaigne).

Immaginazione

Nel saggio Del non fingersi malato, Montaigne racconta di un uomo condannato all’impiccagione che, sebbene perdonato all’ultimo, morì sul patibolo «per il solo effetto della sua immaginazione»; di un re italiano che, dopo aver assistito a un combattimento di tori, per tutta la notte sognò delle corna sulla propria testa e «se le fece spuntare sulla fronte per forza d’immaginazione»; di un uomo di nome Germano che fino all’età di ventidue anni era stato una donna di nome Maria: «Facendo, disse, qualche sforzo nel saltare, gli uscirono fuori i membri virili».

Paura

«Osservo il medico, con la stessa diligenza con cui lui la malattia; vedo che ha paura, ed ho paura con lui: lo sorpasso, lo supero nella sua paura, vado tanto più veloce, perché rallenta il passo; ho tanta più paura, perché nasconde la sua paura, e la vedo con tanta più chiarezza, perché vorrebbe che non la vedessi. Egli sa che la sua paura non turberà la pratica e l’esercizio della sua arte, ma sa che la mia paura può turbare l’effetto e l’operazione della sua pratica» (John Donne, Devozioni per occasioni di emergenza, 1624).

Segreti

Il morbo, scrive John Donne in Devozioni per occasioni di emergenza, fonda un regno nel corpo e lì nasconde i suoi «segreti di stato, attraverso i quali procederà senza essere obbligato a dichiararli».

Neutralità

«Non c’è salute. I medici dicono che al meglio possiamo godere

di una neutralità. C’è malattia peggiore del sapere che non c’è salute, né mai ci sarà?» (John Donne)

Hypochondria

Hypochondria, l’antico nome di un male che annovera tra i sintomi la paura morbosa della malattia e della morte.

Ipocondrio

Per i medici e i filosofi classici l’ipocondrio era la regione addominale appena sotto la gabbia toracica. Gli scritti di Ippocrate citano una donna con «tensione nell’ipocondrio destro». Per Diocle di Caristo, attivo intorno al 350 a.C., i disturbi ipocondriaci riguardavano l’apparato digestivo. Per Platone, nel Timeo, l’ipocondrio era «quella parte dell’anima poi, che appetisce i cibi e le bevande e quanto è necessario per la natura stessa del corpo».

Malinconia

Secondo Giovanni Crato (XVI secolo) «in questa malinconia ipocondriaca o flatulenta, i sintomi sono così ambigui che i medici più esperti non sanno identificare la parte coinvolta».

Registro

Charles Darwin teneva un dettagliato registro delle flatulenze.

Ariosa

Sintomi della «malinconia ipocondriaca ariosa» secondo Robert Burton, autore di Anatomia della malinconia (1621): «Improvvisi rutti, volgarità esagerate, calore nelle viscere, aria e brontolio nell’intestino, coliche violente, dolore alla pancia e allo stomaco a volte dopo carne dalla mistura pesante, molti liquidi nello stomaco e saliva umida, sudori freddi… le orecchie fischiano di tanto in tanto, fitte di vertigine e capogiro, sogni turbolenti, secchezza, magrezza… dolore alla bocca dello stomaco, che fa credere al paziente sia il cuore a dolere».

Proust

«Morì perché ignorava il mondo e non sapeva come cambiare le condizioni della sua vita, che aveva iniziato a opprimerlo. Morì perché non sapeva accendere un fuoco o aprire una finestra.

(Jacques Rivière, Proust et l’esprit positif).

Croissant

«Céleste Albaret, ventidue anni, era impiegata da diversi mesi al servizio di Marcel Proust quando, nel dicembre 1913, le fu affidato per la prima volta il delicato compito di portargli il secondo croissant. Il regime quotidiano al numero 12 di Boulevard Haussmann era perlopiù preciso e immutabile, e le richieste di Proust al suo risveglio rimasero impresse nella mente della giovane paesana della Lozère, arrivata da poco a Parigi dopo essersi sposata».

Colazione

La colazione di Marcel Proust, che si svegliava intorno alle quattro del pomeriggio: secondo le sue precise istruzioni, bisognava preparare una piccola caffettiera d’argento, contenente caffè – a infusione lenta, molto forte, in un doppio bollitore – in quantità sufficiente per due tazze (il caffè, e i filtri, dovevano essere comprati sempre nello stesso negozio in Rue de Lévis, nel diciassettesimo arrondissement.) A volte, quando era particolarmente stanco o malato, non chiamava per la colazione fino alle sei. In quelle occasioni, il caffè doveva essere preparato di nuovo, per evitare che il palato delicato si rivoltasse contro l’infusione stantia. Nicolas Cottin, il valletto di Proust, era incaricato di appoggiare il caffè e un solo croissant sul comodino. In cucina era pronto un secondo croissant nel caso dovesse richiederlo più tardi, con un doppio squillo del campanello, ma spesso rimaneva intatto.

Sughero

Le pareti e il soffitto della camera da letto di Proust, rivestiti di sughero per isolare dai rumori esterni.

Quadri

I quattro quadri appesi alle pareti della camera da letto di Proust: un acquarello di alberi, una fotografia della cattedrale di Amiens, una riproduzione della Monna Lisa e una fotografia del Ritratto di Thomas Carlyle di Whistler.

Sobrio

Arredamento della camera da letto di Marcel Proust nel memoir della domestica Céleste Albaret Monsieur Proust: «Escluso lo squisito paravento cinese a cinque pannelli dietro al letto, tutto era molto sobrio. Il letto era di ottone, con delle sbarre, il metallo ossidato dai fumi delle polveri Legras. Poi c’erano i suoi tre tavoli, sistemati a portata di mano. Uno era di bambù piegato, con una mensola inferiore, dove poggiavano una pila di libri, una pila di fazzoletti e le bottiglie d’acqua bollente. C’era anche un comò di palissandro con le ante, che conteneva il suo materiale da lavoro: i manoscritti, i quaderni, un calamaio da scolaro, un portapenne, un orologio, una lampada e, più avanti, diverse paia di occhiali. Un terzo tavolo, di noce, era dedicato al vassoio da caffè e alla limetta e all’acqua Evian per la notte».

Oscar

Si dice che Oscar Wilde, invitato per una cena in Rue de Courcelles, studiato il salotto dei Proust, sentenziò «Quanto è brutta la vostra casa» e se n’andò bruscamente.

Polveri

Proust era solito bruciare polveri medicinali mentre era a letto per combattere l’asma cronica e degenerativa che lo affliggeva soprattutto al risveglio.

Asma

Proust, convinto che la sua asma fosse psicosomatica o autoindotta.

Asma

Il primo attacco di asma di Proust risale al 1881, forse in primavera, quando ancora non aveva dieci anni. A peggiorare la situazione, una caduta agli Champs-Élysées, quando si ruppe il naso, compromettendolo in modo permanente. Nel 1921, dopo aver sofferto di febbre da fieno per trenta primavere, scrisse di essersi sottoposto a 110 cauterizzazioni nasali per contrastare gli effetti del polline.

Seneca

Seneca si riferisce all’ansimare o al rantolare tipico degli asmatici come a una specie di «ultimo respiro» prolungato e lo riconduce, come molte altre malattie, a uno squilibrio tra gli umori. Solo con le conoscenze anatomiche del Rinascimento si collocò la malattia nei polmoni. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, l’asma fu distinto in modo definitivo da una semplice difficoltà respiratoria e isolato come malattia polmonare.

Naso

Proust non si soffiava mai il naso, per paura dell’effetto violento sulle membrane delicate, lo puliva. Poi lasciava cadere il fazzoletto al lato del letto e ne afferrava un altro.

Fazzoletti

«I fazzoletti sono come le scarpe: solo i migliori sono piacevoli pur senza essere stati accomodati. D’ora in avanti, accontentiamoci di quelli vecchi» (Proust rivolto alla domestica, colpevole di aver comprato fazzoletti dozzinali al Bon Martché).

Odori

«Gli odori sembravano minacciare la costituzione di Proust – gli ospiti sapevano di non dover arrivare all’appartamento con indosso un profumo o con dei fiori, persino quelli all’apparenza inodori. In un paio di occasioni, Proust aveva chiesto al marito Odilon di portarlo alla Valle di Chevreuse, per vedere i meli e i biancospini in fiore. Durante queste escursioni, rimaneva in macchina, ammirando gli alberi da una distanza di sicurezza, poi chiedeva a Odilon di recidere un ramo e di avvicinarlo per poterlo studiare attraverso il finestrino. In almeno un’occasione, sistemarono il ramo nel baule della macchina e lo portarono a casa, lasciandolo sul pianerottolo delle scale di servizio dove Céleste fu spedita a osservarlo. A Proust sembrò che non avesse osservato con sufficiente intensità i fiori, per rendere la loro perfezione in una descrizione accurata e fedele, quindi la rispedì una seconda volta a guardarli più attentamente».

Asciugamani

Proust pretendeva sempre venti o venticinque asciugamani in bagno. Quando la domestica Céleste si arrischiò a dire che era uno spreco di soldi lavare quegli asciugamani, scartati a uno a uno da Proust dopo una singola, leggera passata della sua persona, lui rispose: «Mia cara Céleste, un asciugamano usato due volte si inumidisce troppo e mi screpola la pelle».

Divertimento

«La cattiva salute, sebbene abbia annientato diversi anni della mia vita, mi ha risparmiato le distrazioni della società e del divertimento» (Charles Darwin).

Antagonisti

«Il capo e lo stomaco sono poteri antagonisti» (Charles Darwin).

Darwin

Darwin soffriva di vomito nervoso, tremori, aerofagia, brividi. Nelle lettere a Joseph Hooker diceva di sentirsi «spento», «stupido», «vecchio», «fiacco».

Cartelli

Glenn Gould avversava ferocemente il contatto fisico. A un certo punto appese un cartello scritto a macchina sulla porta del camerino intitolato «È GRADITA LA VOSTRA COLLABORAZIONE», il cui testo chiedeva ai visitatori di astenersi dal stringergli la mano.

Sedia

La curiosa postura di Glenn Gould al piano, con il naso quasi pigiato sulla tastiera: sedeva ad appena trentacinque centimetri dal pavimento, su una sedia pieghevole appositamente modificata dal padre, mentre il piano era rialzato su dei blocchi di legno.

Rituali

Tra i rituali che accompagnavano le esibizioni di Glenn Gould: l’immersione delle braccia in acqua bollente prima di suonare; l’odio per le sale da concerto piene di spifferi, dove a volte bisognava installare una falange di stufette elettriche rivolte verso il pianista; l’abbigliamento composto di maglioni pesanti, soprabiti, berretto, sciarpa e guanti persino in piena estate.

Rosso

L’intolleranza di Glenn Gould per i colori brillanti: il padre ricorda i capricci quando ricevette in dono un camion dei pompieri rosso. Finì per vestirsi sempre di grigio o di marrone.

Pillole

Lettera di Glenn Gould indirizzata all’amico pianista Thomas McIntosh con il recapito “Clinica Gould per la terapia pseudo-pseumatica”: «È un piacere sentire che le prescrizioni del dottor Gould come al solito si siano rivelate efficaci. Grazie alla mia lunga esperienza nella pratica della medicina interna, sono insolitamente attento ai problemi dell’artrite nevrotica. Se mai organizzasse un viaggio in Canada la mia infermiera sarà lieta di fissarle un appuntamento. Le pillole gialle sono dei sonniferi chiamati Nebuto. I tranquillanti bianchi si chiamano Luminal. Credo che per ottenerli entrambi dovrà passare dal dottore. Luminal è perfettamente innocuo e può essere assunto tre volte al giorno: – uno dopo pranzo e due prima di dormire. Consiglio vivamente di non abituarsi al Nebutol. Va conservato per le notti che precedono occasioni speciali e per spezzare l’insonnia cronica».

Biscotti

Gould durante le sessioni di registrazione si cibava solo di biscotti di maranta.

Cibo

All’inizio della carriera, quando ancora andava in tournée, Gould sviluppò la fobia di essere visto mangiare in pubblico.

Notte

Negli anni Settanta, Gould lavorava regolarmente fino alle ventitré, poi telefonava agli amici fino alle due del mattino. Tra le quattro e le sette del mattino, di solito mangiava l’unico pasto della giornata – uova strapazzate, insalata, toast e tè – in una tavola calda vicino all’appartamento.

Telefono

La fobia per i germi di Glenn Gould, che sbatteva il telefono in faccia all’interlocutore se lo sentiva starnutire o tossire.

Telefonate

Nei nove mesi precedenti alla morte, nel 1982, Gould spese 13.000 dollari in telefonate.

Diario

Diario di Glenn Gould del 22 dicembre 1977

«1. Pressione sanguigna in aumento – sera 140/100 anche senza attività.

2. I brividi segnalano l’innalzamento; a tratti tremori assoluta- mente incontrollabili; più spesso alleviati da quantità anche minime di liquidi freddi ma a volte [parola illeggibile] questa assistenza – sollievo con l’attività.

3. Narici – ostruite dopo una conversazione, in particolare se animata [parola illeggibile] con difficoltà a respirare...

4. Gastro-intestinale – sintomi tipici dell’ernia iatale per circa 1 mese (!) considera lo storico – test al bario.

5. Sonno segmenti di 3-4 ore per 4-5 mesi; in questo periodo migliorato».

Anonimato

«Penso che all’artista si debba concedere, per il bene suo e del pubblico – e voglio chiarire subito che parole come “pubblico” e “artista” non mi vanno affatto a genio –, si debba concedere, dicevo, il beneficio dell’anonimato» (Glenn Gould).

Intero

«Non crollo mai perché non sono mai del tutto intero» (Andy Warhol).

Capelli

Warhol aveva perso tutti i capelli a vent’anni.

Toupet

Il primo toupet comprato da Warhol, castano. Progressivamente passò a colori più chiari fino ad arrivare al grigio quasi bianco.

Grigio

«Allora ho deciso di diventare grigio così nessuno avrebbe capito quanti anni avevo e mi avrebbero trovato più giovane dell’età che pensavano avessi. Ho individuato molti vantaggi nel diventare grigio: 1. avrei avuto i problemi dei vecchi che ritenevo più semplici dei problemi dei giovani, 2. tutti sarebbero rimasti impressionati da come portavo bene i miei anni, 3. sarei stato esentato dalla responsabilità di comportarmi da giovane – potevo occasionalmente avere atteggiamenti eccentrici o senili e nessuno ci avrebbe trovato nulla da ridire perché avevo i capelli grigi» (Andy Warhol).

Capsule

Warhol ordinava i toupet a Mister Bocchicchio nel Queens. Pare che solo di rado, o forse mai, buttasse via le vecchie parrucche, preferendo archiviarle insieme ad altri oggetti d’uso passeggero in una serie di «capsule del tempo».

Operazione

Warhol indossò la parrucca anche in sala operatoria, durante l’intervento per l’asportazione della cistifellea che lo portò alla morte, il 22 febbraio 1987.

Piccolo

Malanni di Andy Warhol da piccolo: a due anni gli si gonfiarono gli occhi e dovettero lavarli con l’acido borico; a quattro, si ruppe un braccio su qualche rotaia del tram vicino a casa, per due giorni non disse niente a nessuno dell’incidente e, quando lo fece, la madre diede per scontato si trattasse di un male minore e quando scoprì la verità dopo qualche mese, l’osso si era ricomposto in una curva e il braccio andò spezzato di nuovo per poterlo raddrizzare; a sei anni prese la scarlattina e gli rimossero le tonsille a sette; a otto anni prese la febbre reumatica che causò il ballo di San Vito.

Nervi

«Da bambino avevo avuto tre esaurimenti nervosi, a un anno di distanza l’uno dall’altro. A otto anni, a nove, e a dieci. Gli attacchi – ballo di San Vito – cominciavano sempre il primo giorno delle vacanze estive» (Andy Warhol nel suo libro del 1975 La filosofia di Andy Warhol: Da A a B e viceversa).

San Vito

Il ballo di San Vito, o corea di Sydenham (prende il nome dal medico inglese del Seicento Thomas Sydenham), è una malattia del sistema nervoso caratterizzata da movimenti involontari, disturbo nel camminare, smorfie e ipotonia o tono muscolare eccezionalmente basso.

Bicolore

«Avevo un altro problema della pelle: persi tutta la pigmenta- zione a otto anni. Mi avevano affibbiato un altro soprannome: “Macchia”. Ecco come la persi: vidi camminare per la strada una ragazza dalla pelle bicolore e ne fui così affascinato da seguirla. Due mesi dopo ero bicolore anch’io. E non l’ho mai conosciuta; era una che avevo visto per la strada. Chiesi a uno studente di Medicina se pensava che fossi diventato così semplicemente guardandola. Non si pronunciò» (Andy Warhol in Filosofia).

Pelle

L’amico (e probabile amante) Carl Willer, ricorda che intorno ai venticinque anni Warhol «aveva un sacco di problemi di pelle, sempre ricoperta di brufoli come un adolescente. Lo metteva molto a disagio e si sentiva parecchio in colpa per tutti i dolciumi che mangiava perché pensava lo facessero ingrassare e gli provocassero i brufoli. Il disagio era forte. Pensava di essere sgradevole, troppo basso, troppo grassottello. Pensava di essere grottesco».

Sleep

Il primo film di Warhol, Sleep, girato nel 1963, è composto di cinquanta bobine da tre minuti che mostrano il corpo nudo e addormentato del poeta John Giorno.

Aglio

«Comprato delle pillole all’aglio perché ho appena letto un libro secondo cui l’aglio contrasta le malattie, e ci credo, mi sembra giusto. Ho scordato di dire che a un cocktail party l’altra sera una donna mi si è avvicinata e mi ha baciato sulla guancia e poi ha detto “Sono molto malata, sto per morire”. Perché la gente fa così? Cercano di trasmettere la loro malattia a qualcun altro per liberarsene?» (dal diario di Andy Warhol, 8 aprile 1980).

Aids

L’Aids, chiamato da Warhol prima «il cancro dei gay» e poi «la malattia magica».

Invenzioni

«La più grande invenzione americana: essere in grado di scomparire» (Andy Warhol)

Naso

Nell’autunno 1956, Warhol si sottopose a una procedura per raschiare la pelle rossa del naso (poi raccontò di essersi fatto «scartavetrare» il naso). Il trattamento avvenne al St Luke’s Hospital di New York. Le cicatrici impiegarono due settimane a guarire, dopodiché Andy scoprì con orrore che non c’era stato alcun miglioramento.

Naso

Soprannome dato dai fratelli a Michael Jackson da piccolo: Naso Grosso.

Mummia

Il naso di Michael Jackson aveva subito una dozzina di ritocchi, il primo nel 1979. Secondo indiscrezioni, negli ultimi anni di vita del cantante in realtà il naso era solo una protesi; senza, sosteneva un articolo di Vanity Fair del 2003, assomigliava «a una mummia con due buchi come narici». I collaboratori più stretti di Jackson negarono i dettagli più raccapriccianti, ma ammisero che il naso richiedeva delle aggiunte in pubblico; il processo era doloroso e umiliante, quindi a volte rinunciava alla protesi della punta e indossava invece una mascherina chirurgica.

Bianco

Le indiscrezioni sulle creme sbiancanti consegnate a casa di Michael Jackson in quantità industriali e un pettegolezzo duro a morire per cui sembra che una volta si bruciò la pelle dello scroto con un prodotto sbiancante inadatto alle parti del corpo delicate.

Pelle

Versione ufficiale di Michael Jackson sullo sbiancamento della pelle: colpa della vitiligine, che gli diagnosticarono nel 1986. Nel 1993 raccontò in un’intervista di aver scelto come trattamento la rimozione della pigmentazione dal resto del corpo per ottenere un aspetto uniforme. Il suo dermatologo, il dottor Arnold Klein, disse che all’incirca nello stesso periodo gli diagnosticarono anche il lupus eritematoso discoide, una malattia autoimmune che provoca lesioni sulla pelle, la perdita di pigmentazione e alopecia permanente.

Chirurgia

Appassionato di chirurgia, si diceva che Michale Jackson assistesse con regolarità alle operazioni del Ucla Medical Center.

Graffi

Jackson, che dichiarò a Rolling Stone di essere geloso della sua privacy quanto «un emofiliaco che non può permettersi un graffio».

Barriera

Per un certo periodo Michael Jackson progettò una barriera di perspex per proteggersi dal pubblico durante i concerti, poi rinunciò all’idea.

 

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