Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  marzo 13 Sabato calendario

QQAN61 Una biografia di Einstein

QQAN61
Albert Einstein era un raccomandato. Nel 1902 solo grazie alla raccomandazione del padre di un amico riuscì a trovare un impiego come esperto tecnico di terza classe all’Ufficio brevetti di Berna. Quel lavoro, poco prestigioso ma che assicurava un introito sicuro, per Einstein era la boccata di ossigeno dopo anni di precarietà e di dipendenza dalle finanze del padre. Grazie a quello stipendio riuscì a sposare Mileva Maric, dalla quale aveva già avuto la figlia Lieserl, della cui esistenza nessuno seppe nulla fino al 1986 e che Einstein non vide mai. Della sorte della bambina si sono perse le tracce: venne forse adottata da un’amica di Mileva e probabilmente morì poco dopo di scarlattina. Einstein non parlò mai di quella figlia e tutte le tracce furono cancellate.
Queste e altre vicende della vita privata emergono dal libro di Walter Isaacson Einstein, in edicola oggi con il «Corriere», miscelate opportunamente con l’attività di studioso. La complicata vita sentimentale e lavorativa del giovane Albert non è infatti secondaria alla luce delle intuizioni che lo portarono a essere l’icona della scienza.
Mileva era un’eccellente matematica di origine serba. Si diplomò con il massimo dei voti in un liceo di Zagabria esclusivamente maschile, in cui venne accettata dopo le insistenze del padre, influente e benestante. Si iscrisse poi al Politecnico di Zurigo, unica donna del corso di laurea frequentato da Albert. Mileva, «di oltre tre anni maggiore di Einstein, affetta da una lussazione congenita dell’anca che la faceva zoppicare, incline ad attacchi di tubercolosi e di depressione, non spiccava né per la sua bellezza né per la sua personalità. “Molto intelligente e seria, minuta, delicata, bruna e tutt’altro che bella” è la descrizione che ne diede un’amica», riporta l’autore.
Albert invece, discreto suonatore di violino, era un bel giovane che faceva colpo sulle donne di inizio Novecento. «Nel corso degli anni Mileva sarebbe diventata la musa di Einstein, la compagna, l’amante, la moglie e la sua avversaria». La relazione con Mileva fu osteggiata dalla famiglia Einstein e il padre solo sul letto di morte acconsentì al matrimonio. La tendenziale depressione di Mileva crebbe col tempo per vari motivi: la vicenda di Lieserl, la gelosia per i flirt veri o presunti di Albert, la frustrazione per aver visto tramontare i sogni di una carriera universitaria mentre, dopo i primi anni di ristrettezze economiche, il marito diventava il genio della fisica e a lei veniva riservato il ruolo di moglie e madre. Il libro di Isaacson fa bene a dedicare diversi capitoli a questa fase della vita di Einstein, perché proprio in quegli anni, tormentati dal punto di vista personale, presero forma le idee sulla relatività destinate a rivoluzionare il nostro modo di concepire l’Universo.
Di Einstein sono spesso dati per accertati fatti che invece sono falsi. Per esempio che da studente andasse male in matematica e che fosse stato rimandato in questa materia. Lo stesso Einstein nel 1935 smentì la diceria, assicurando di non essere mai stato rimandato in matematica e aggiungendo: «Prima dei 15 anni padroneggiavo il calcolo differenziale e integrale». Inoltre che al ginnasio riuscisse a seguire a fatica: invece nel 1929 l’ex preside della sua scuola pubblicò una lettera certificando che i voti di Einstein erano «brillanti». Un’altra credenza è che nel 1921 ottenne il Nobel per la teoria della relatività: il premio gli venne assegnato per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico.
False dicerie
Non è affatto vero
che il futuro scienziato andasse male a scuola in matematica
In Einstein era connaturata l’avversione ai dogmi, religiosi o politici, e in particolare al militarismo della Germania di fine Ottocento che lo portò a rinunciare alla cittadinanza tedesca (poi ripresa) ben prima dell’«inutile strage» della Grande guerra e degli orrori del secondo conflitto mondiale. Gli anni all’Ufficio brevetti e della vita con Mileva sono straordinari per la produzione scientifica di Einstein. Fu il tempo libero lasciato dalle analisi, elementari per uno del suo calibro, delle caratteristiche tecniche dei congegni elettrici che permise ad Albert di elaborare le idee che portarono nel 1905 alla relatività ristretta e fu grazie a Mileva che trovò in casa lo sprone per proseguire in un territorio inesplorato.
Einstein aveva un carattere schietto, insofferente a ogni tipo di autoritarismo, che non lo aveva aiutato a trovare un posto di docente all’università. Ecco perché alla fine dovette rassegnarsi ad accettare un posto all’Ufficio brevetti. «Sai che il mio amore ha una lingua tagliente e per di più è ebreo», scriveva Mileva a un’amica. La sua irriverenza e l’antisemitismo altrui gli avevano chiuso tutte le porte in Germania e in Svizzera, tanto che Einstein cercò di ottenere un impiego in Italia, Paese che conosceva bene per aver vissuto tra Milano e Pavia, dove il padre aveva trasferito l’azienda di famiglia.
Gli storici della scienza si sono interrogati sull’influsso di Mileva su Albert. «Stando a tutti gli indizi disponibili», dice Isaacson, «contribuì a controllare la matematica, ma non risulta che abbia formulato nessuno dei concetti matematici di Einstein. Lei stessa non sostenne mai di aver dato un qualsiasi contributo sostanziale alle sue teorie. Mileva lo aiutava a risolvere alcuni problemi di matematica, ma nessuno poteva aiutarlo nel lavoro creativo, nella ricerca di idee nuove».
Il loro matrimonio entrò in crisi nel 1914, ma Einstein era già da tempo lontano da lei dopo aver intrecciato una relazione con la cugina Elsa. La separazione fu fonte di lunghi e amari litigi tra Albert e Mileva sul diritto di vedere i due figli e sui soldi per il mantenimento della donna. Divorziarono nel 1919 quando Einstein giocò una carta spregiudicata: «Il denaro del Nobel – nel caso mi venga attribuito – sarà ceduto totalmente a te», scrisse in una lettera. D’altronde Mileva aveva aiutato Einstein per gli articoli del 1905 con la matematica, la correzione delle bozze e il sostegno. Il Nobel arrivò due anni dopo, insieme ai soldi per il divorzio. I soldi per il matrimonio erano arrivati grazie a una raccomandazione. Tutto il resto è storia. Anzi, scienza.