la Repubblica, 13 marzo 2021
Il rischio zero non è un diritto
Valutati i numeri, e considerata la situazione, credo si possa dire, senza ombra di dubbio, che la vigilanza delle autorità sanitarie europee sui vaccini sia decisamente attiva, e molto trasparente: se qualcosa non va ce lo dicono, e un minuto dopo rimbalza su tutti i media.
Vedi la vicenda AstraZeneca.
Stabilito questo (stabilito, cioè, che in democrazia non sono consentite omissioni e opacità sulla salute dei cittadini), mi ha molto colpito che nello stuolo di tigì, talkshow, approfondimenti che ho seguito l’altra sera, non una voce abbia detto con chiarezza, e con il necessario vigore, che il rischio zero non esiste. Esistono i rischi ad alta probabilità (contrarre il Covid), a media probabilità (morire di Covid), a bassa probabilità (avere qualche linea di febbre dopo la vaccinazione), a bassissima anzi infima anzi infinitesimale probabilità (morire in conseguenza della vaccinazione: circostanza per altro ancora non dimostrata). Quello che non esiste, in alcun aspetto della vita, a partire dal concepimento e dal parto, è il rischio zero. Il rischio zero è metafisica.
È “tutti in salvo tra le braccia di Dio”.
Ma la vita, scusate tanto, è una vicenda fisica.
Una società che considera il rischio zero un diritto, e geme di terrore alla notizia che su decine di milioni di vaccinati forse (forse!) sei o sette hanno avuto gravi conseguenze, è una società malata, debole, insicura. Aggiungo, ed è una valutazione del tutto personale: è una società poco gradevole da frequentare.
I media hanno, in questo senso, una grande responsabilità. L’incandescenza delle emozioni, e delle paure, non va alimentata. Va combattuta.