Il Sole 24 Ore, 13 marzo 2021
Ex Ilva, la produzione continua
ArcelorMittal Italia potrà continuare a produrre acciaio negli impianti di Taranto. Lo ha deciso il Consiglio di Stato con un’ordinanza. A metà aprile non ci sarà alcuno stop dell’area a caldo. È sospesa la sentenza del Tar Lecce dello scorso 13 febbraio che, confermando una precedente ordinanza ambientale del sindaco di Taranto, disponeva la fermata in 60 giorni. Il ricorso per la sospensiva della sentenza presentato, con atti singoli, da ArcelorMittal Italia (gestore), Ilva in A.S. (proprietario) e Invitalia, futuro partner pubblico di ArcelorMittal, è stato accolto dai giudici d’appello. Confermata l’udienza del 13 maggio in cui si tratterà il merito e si deciderà in via definitiva sulla vicenda. «ArcelorMittal Italia non ha l’obbligo di avviare la fermata dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto e degli impianti connessi» e «l’attività produttiva dello stabilimento può proseguire regolarmente», commenta la società. Per il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, va accolta «con rispetto la decisione sull’ex Ilva anche se non crediamo che la soluzione della crisi possa passare dalle aule di Tribunale. «Questa pronuncia – prosegue Giorgetti – dà comunque la possibilità e il tempo alla politica e al Mise in particolare di cercare la soluzione per gli operai, l’azienda e la produzione siderurgica italiana che rappresenta un asset strategico oltre che un’eccellenza e va tutelata». Sia per il cambio di Governo che per la sentenza del Tar, il dossier Ilva è infatti rimasto in stand by in questo primo scorcio del 2021 malgrado l’accordo relativo al coinvestimento dello Stato attraverso Invitalia sia del 10 dicembre scorso e la Ue lo abbia approvato a gennaio con leggero anticipo sul previsto. Ora i nodi da sciogliere non sono certo pochi, a partire dall’operazione sul capitale di ArcelorMittal, con il versamento da parte di Invitalia dei primi 400 milioni finalizzati a garantire al partner pubblico il 50 per cento della governance, per proseguire con i pagamenti all’indotto, tornato in sofferenza economica non solo a Taranto, visto che il presidente Fai-Conftrasporto, Paolo Uggè, ha dichiarato che «da mesi ArcelorMittal non paga le imprese di autotrasporto che non possono più attendere». E ancora, vanno affrontati la gestione del nuovo piano industriale, con la relativa transizione, e il rapporto con la città di Taranto, da ricostruire. «È una buona notizia che dà serenità e che deve permettere di riprendere le attività tra le parti» commenta Roberto Benaglia della Fim Cisl sul Consiglio di Stato. «ArcelorMittal riprenda il confronto col sindacato, a partire dagli investimenti e da che cosa si dovrà fare a partire dal 2021, e al Governo – aggiunge Benaglia – chiediamo di proseguire nell’attuazione degli impegni presi da Invitalia e di convocarci rapidamente». «Il provvedimento del Cds chiarisce la situazione nell’immediato ma non è la soluzione del problema Ilva», osserva Rocco Palombella della Uilm. «Il Consiglio di Stato – rileva Palombella – concede tempo al Governo perchè riprenda la questione, ma il Governo chiarisca cosa vuole fare per questa azienda. I problemi sono ancora tanti, sono lì, e attendono una risposta che sta tardando da troppo». «Occorre completare la transizione degli assetti societari con l’ingresso di Invitalia e la possibilità di utilizzare le risorse del coinvestimento», chiedono Francesca Re David e Gianni Venturi della Fiom Cgil. Inoltre, evidenziano, «è necessario aprire subito il confronto sul piano industriale e sul rapporto tra lo stesso e le scelte e le decisioni sul Recovery Fund per costruire le condizioni per una produzione ambientalmente sostenibile dell’acciaio a Taranto». «Bisogna cambiare approccio. Chiudere gli stabilimenti e bloccare le produzioni, non è la via giusta, è una strada senza uscita, non costruisce futuro, rischia solo di creare un disastro sociale e un deserto industriale», sostiene Sergio Fontana, presidente di Confindustria Puglia. Che tra riconversione dell’Ilva e completamento della decarbonizzazione della centrale di Cerano-Brindisi, candida la Puglia a banco di prova per il nuovo ministero della Transizione ecologica.