La Stampa, 11 marzo 2021
Richard Galliano ricorda Astor Piazzolla
«Ho paura». Richard Galliano, che stasera interpreterà una serie di brani di Astor Piazzolla («un secondo padre per me»), confessa una certa tensione. Di palcoscenici ne ha calcati, è uno dei più grandi fisarmonicisti al mondo. Ma i ricordi di Richard, francese della Costa Azzurra (e con i nonni italiani) sono troppi, l’emozione affiora, forse un po’ di malinconia. Il concerto per i cent’anni , di Astor sarà trasmesso dalla radio France Musique e sulla piattaforma Arte Concert.
Cosa farà per calmarsi?
«Per mettermi nel mood, prima di suonare, ascolterò Morire a Buenos Aires, nell’interpretazione di Mina, accompagnata dallo stesso Piazzolla».
7 maggio 1972, sabato sera. Mina lo conobbe a Teatro 10 e insistette per cantare con lui al bandoneon…
«A Buenos Aires dicono che bisogna essere argentini per cantare il tango. Poi ascolti Mina e ti dici che non è vero. La sua versione è una delle migliori mai realizzate. Più tardi il brano sarà interpretato anche da Milva: grande talento, per carità, ma troppo esuberante».
Mina, invece?
«Lei e Piazzolla avevano entrambi un fondo di timidezza, di pudore. Ma a un certo momento esplodono: sono artisti che cantano la loro vita, mettono l’anima in avanti».
Come conobbe Piazzolla?
«Negli Anni 70 Georges Moustaki, che accompagnavo con la fisarmonica, lo chiamò a Parigi. Io feci l’arrangiamento di Mon corps su melodia di Astor. Poi collaborai con Claude Nougaro, dirigevo la sua orchestra. Scrissi per lui Des voiliers , ispirandomi a Piazzolla. Quando Claude la cantò per la prima volta all’Olympia, mi girai e vidi che Astor era in platea. Dopo mi fece i complimenti: aveva capito. Nacque una solida amicizia. Ci vedevamo sempre, quando veniva a Parigi. E ci scrivevamo delle lettere. Mi dava tanti consigli».
Quali?
«"Devi suonare tutto quello che ti passa per la testa", mi diceva. Io allora accompagnavo cantanti famosi, come Barbara. Era bello, ma desideravo uscire dal mondo della chanson française. Astor mi incitava: "Io ho fatto il new tango, tu devi dare vita a una new musette", dal nome del genere popolare parigino, influenzato dagli immigrati italiani. Spesso concludeva le lettere con queste parole: "Noi italiani siamo invincibili". Le nostre comuni origini erano un legame forte tra di noi» .
Come interpreterà stasera Piazzolla?
«Lui diceva che bisognava suonare con rabbia ma con la rabbia dell’amore. I suoi passaggi lenti non sono mai tristi, c’è sempre speranza. Io, però, li faccio leggermente più violenti. Sono impaziente, non mi rendo conto che ho 70 anni: ci metto quella giovinezza che non ho più».
Quando lo vide l’ultima volta?
«Astor morì il 4 luglio 1992, dopo due anni di coma. Aveva avuto un ictus qui a Parigi, nell’estate 1990. Io ero in tournée in Finlandia. Laura, la moglie, al telefono mi disse che il suo cervello era distrutto. Rientrai subito a Parigi. Lo accompagnai all’aeroporto in ambulanza. Mi ricordo l’aereo decollare. Non lo vidi mai più. Ma sono stato sulla sua tomba, fuori Buenos Aires ».
Com’è?
«Così semplice. Quando morì, in Argentina ci fu ancora chi lo definì un traditore del tango. E qui in Francia era presidente Mitterrand e Jack Lang, ministro della Cultura. Non ci fu nessuna reazione, che vergogna. Solo perché Piazzolla era di destra. Mica era fascista, semplicemente credeva in certi valori. Ma l’arte non c’entra nulla con la politica».