il Giornale, 9 marzo 2021
QQAFA18 Alice nella fiaba di Dior
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«Tutte le fiabe provengono dalla profondità del sangue e dell’angoscia» diceva Kafka sottolineando l’enorme valore simbolico dei racconti per bambini. Maria Grazia Chiuri trasforma tutto questo in una divina collezione Dior per il prossimo autunno inverno e a modo suo s’impossessa di un tema femminile con il senso dell’eternità. Infatti nella sua rilettura estetica di Alice allo Specchio, Cappuccetto Rosso oppure La bella e la bestia, non c’è nulla di didascalico ma una seria ed encomiabile ricerca tra il culturale e l’antropologico. Si comincia dal meraviglioso libro La camera di sangue e altri racconti della scrittrice femminista Angela Carter per poi affrontare con la soave brutalità dell’arte il cruciale problema dello specchio che alle donne non rimanda quasi mai un’immagine soddisfacente. Per questo la Chiuri ha fatto sfilare le sue modelle nella Galleria degli specchi di Versailles davanti alle potenti installazioni dell’artista femminista Silvia Giambrone con i suoi specchi coperti di cera colata da cui spuntano gli aculei dell’acacia, pianta che appartiene alla famiglia delle mimosacee. Inevitabile a questo punto pensare che ieri era l’8 marzo, festa della donna e dei venditori di mimose. Mariagrazia respinge al mittente ogni sospetto di captatio benevolentiae con una serie di modelli tostissimi tra cui la sublime giacca Bar di Dior con riscaldo imbottito all’interno e cappuccio di protezione in grigio invece del rosso previsto dal copione di Perrault. Ci sono cappe e cappotti d’ogni tipo, tra cui una serie di velluto jacquard che riproduce in 3 D la pelli di coccodrillo. Tra gli accessori si ricordano le sublimi scarpette rosse mutuate da un modello d’archivio creato per Monsieur Dior da Roger Vivier e la bellissima collana-colletto su rete di metallo bullonata da piccole perle e con una rosa di tulle al centro. Desiderabile oltre ogni dire la nuova borsa battezzata La Parisienne per non parlare dell’abito da sera rosso con il corpetto sostituito da un enorme cuore in tulle. Alice finalmente libera dal sentirsi o vedersi imponderabile in un mondo di pesi e smisurata in un universo di misure, diventa una nuova regina di cuori. Anche Andreas Kronthaler strizza l’occhio a una fiaba nel tratteggiare le collezioni uomo/donna di Vivien Westwood. Il suo punto di partenza è la storia di Pigmalione nell’indimenticabile trasposizione cinematografica che ne fece George Cuckor con My Fair Lady. L’idea è divina, alcuni abiti femminili pure, ma il film è stato girato con mezzi amatoriali che non fanno giustizia al lavoro creativo del designer. Ben diversi i mezzi impiegati da Hermés che ha addirittura organizzato una performance a New York e una a Shangai in concomitanza con la sfilata ripresa e trasmessa dal vivo presso la Garde Repubblicaine a Parigi. Il tutto diventa un cortometraggio di 25 minuti, troppo per uno show che non esce mai dal classico. Invece il debutto di Matthew M Williams da Givenchy è stato quasi irritante per l’enorme dispendio di mezzi nel girare il film di una sfilata che non aveva niente di nuovo tranne il ritorno a un’idea di mondo in cui le donne sono sexy e gli uomini aggressivi.