la Repubblica, 9 marzo 2021
Intervista al Papa
Confessa di essersi stancato in questo viaggio «molto di più che negli altri» anche per i suoi 84 anni. Ma che sentiva «il dovere» di partire «pur consapevole dei rischi». Dice di essersi sentito «in prigione» in questi mesi di pandemia e che poter stare con la gente è «rivivere». Annuncia una visita in Ungheria e il desiderio di andare in Libano.
Davanti alla distruzione dell’Isis in Iraq si è domandato: «Chi vende loro le armi?». Mentre si è commosso per una madre che ha perso il figlio per colpa dell’Isis, ma che offre il suo «perdono».
Racconta che l’incontro con al-Sistani, «un saggio», gli ha fatto «bene all’anima» e dice che la migrazione è «un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare». Francesco parla con i giornalisti sul volo di ritorno da Bagdad rivelando anche il suo pensiero su Alan Kurdi, il bimbo naufragato con il fratello e la madre sulle coste turche nel settembre 2015 mentre con la famiglia tentava di raggiungere l’Europa: «Questo bambino è un simbolo di una civiltà di morte».
Pensa a una futura visita in Libano?
«Il Patriarca Raï mi ha chiesto, in questo viaggio, di fare una sosta a Beirut, ma mi è sembrato un po’ poco. Gli ho scritto una lettera, ho fatto la promessa di fare un viaggio».
In che misura l’incontro con al-Sistani è stato un messaggio anche ai capi religiosi dell’Iran?
«Credo che sia stato un messaggio universale. Ho sentito il dovere di andare a trovare un grande, un saggio, un uomo di Dio. Mi ha fatto bene all’anima, questo incontro. È una luce».
Tornerà in Argentina?
«Non voglio si facciano fantasie di “patriafobia”. Quando ci sarà l’opportunità si farà».
Come è nato il viaggio in Iraq?
«Una di voi mi ha regalato l’edizione spagnola de L’ultima ragazza di Nadia Mourad. L’ho letto. C’è la storia degli yazidi.
Mourad racconta una cosa terrificante. È il motivo di fondo della decisione di andare in Iraq.
Quel libro ha lavorato dentro. Poi ho ascoltato Nadia, che è venuta a raccontarmi delle cose. Alla fine è arrivata la decisione e l’ho presa.
Adesso non so se i viaggi si rallenteranno o no, solo vi confesso che in questo viaggio mi sono stancato molto di più che negli altri. Gli 84 anni non vengono da soli! A settembre dovrò andare in Ungheria alla Messa finale del Congresso Eucaristico Internazionale».
È preoccupato per le persone che sono venute a vederla e che potrebbero ammalarsi e perfino morire?
«I viaggi si “cucinano” nel tempo nella mia coscienza, e questa è una delle cose che più mi faceva forza.
Ho pensato tanto, ho pregato tanto su questo e alla fine ho preso la decisione, liberamente, che veniva da dentro. E ho detto: colui che mi dà di decidere, si occupi della gente».
Abbiamo visto in Iraq la minaccia della violenza islamista, l’esodo e la testimonianza della fede nel loro ambiente.
«La vita dei cristiani in Iraq è una vita travagliata, ma non solo quella dei cristiani. C’è il problema della migrazione. La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare e diritto a migrare. Questa gente non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare. E non possono migrare perché il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano».
Secondo lei si possono ricominciare le udienze generali con la gente?
«Mi sento diverso quando sono lontano dalla gente nelle udienze.
Vorrei ricominciare al più presto.
Dopo questi mesi di prigione, perché davvero mi sentivo un po’ imprigionato, questo è per me rivivere. Rivivere perché è toccare la Chiesa, toccare il santo popolo di Dio, toccare tutti i popoli».
Cosa ha provato dall’elicottero vedendo la città distrutta di Mosul e poi pregando nelle rovine di una chiesa?
«Da non credere. Una domanda che mi è venuta in mente nella chiesa era questa: ma chi vende le armi a questi distruttori? Chiederei a coloro che vendono le armi che abbiano la sincerità di dire: noi vendiamo le armi. Non lo dicono. È brutto. Mi ha toccato la testimonianza di una mammaa Qaraqosh chenei bombardamenti dell’Isis ha perso il figlio. Ha detto una parola: perdono.
Sono rimastocommosso».
Lei ha sostenuto le donne a Qaraqosh con parole molto belle, ma cosa pensa del fatto che una donna musulmana non può sposarsi con un cristiano senza essere scartata dalla famiglia o peggio ancora?
«Le donne sono più coraggiose degli uomini. Ma la donna anche oggi è umiliata. Una di voi mi ha fatto vedere la lista dei prezzi delle donne. Non potevo crederci. Le donne si vendono, le donne si schiavizzano. Anche nel centro di Roma. Il lavoro contro la tratta è un lavoro di ogni giorno. Le donne sono schiave ancora e dobbiamo lottare, lottare, per la dignità delle donne».