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 2021  marzo 09 Martedì calendario

Intervista a Chiara Appendino


ROMA — A Sara, che ha cinque anni e ha imparato ad andare in bici senza rotelle, Chiara Appendino aveva promesso: «Quest’estate staremo insieme tutto il tempo». Il rinvio delle prossime amministrative in autunno ha un po’ cambiato i piani, ma la sindaca di Torino – 37 anni, da 5 alla guida della città – non torna indietro: non si ricandiderà. Ritiene un atto di coerenza non farlo, per via dei processi in corso e delle regole che ha promesso di rispettare quando è entrata nel Movimento.Quel che vuole fare, però, è lanciare un’idea: Torino come laboratorio dell’intesa con le forze che hanno difeso fino all’ultimo il Conte due.5 Stelle, Pd e Leu insieme contro il centrodestra.Il Movimento cambia pelle.Tutto è ora nelle mani di Giuseppe Conte, che ne sta tracciando il futuro su mandato di Beppe Grillo.Cosa pensa di questo passaggio?«Penso sia necessario: da forza di piazza, di protesta, siamo diventati una forza di governo che ha il dovere di trasformare i suoi ideali in azioni programmatiche. Bisogna guardare a quel che abbiamo fatto, come il reddito di cittadinanza, e a quel che resta da fare, ad esempio sui temi ambientali. Servono una nuova identità, una nuova formula organizzativa e nuove priorità. Sono molto felice che Conte si sia messo a disposizione. Dobbiamo aprirci: quando sono entrata nel Movimento avevo 25 anni, dobbiamo tornare a essere attrattivi come allora».Allora però raccoglievate rabbia, indignazione, rancore.Adesso è più complicato. Com’è che ci si apre?«Parto da Torino, dove avevamo due bombe sociali: il Moi, le ex palazzine olimpiche occupate a Torino sud, e il campo Rom di via Germagnano, dall’altra parte della città. Siamo riusciti a superarli con un lavoro che ha coinvolto molti attori, senza un approccio securitario, togliendo un pezzo di narrazione alla destra.Credo che il nuovo M5S debba misurarsi su questo: la capacità di dare soluzioni ai problemi. In un Movimento di opposizione non mi riconoscerei più».Questo rende il ruolo di Conte fondamentale?«Ha una forza esterna e interna ai 5 Stelle che può farci fare questo salto».La pensa diversamente dai molti che hanno detto no a Draghi e sono stati espulsi, come Barbara Lezzi, Nicola Morra. E da Alessandro Di Battista e Davide Casaleggio, che domani lancia il suo manifesto controVento.«Il tema delle espulsioni non va personalizzato. Chiedersi se siano giuste o sbagliate è come guardare il dito, invece che la luna. La verità è che ci sono sensibilità diverse, posizionamenti politici diversi, di cui io ho massimo rispetto. È accaduto anche nella mia maggioranza: a volte è stato possibile trovare una mediazione, a volte c’è stata una rottura. Penso sia arrivato il momento delle scelte e che oggi sia necessario guardare avanti, non indietro».Per questo si è esposta per Draghi?«Nel momento in cui hai fatto un percorso, hai ottenuto delle risorse, hai preso un impegno con i cittadini, non puoi sottrarti. Anche se dal punto di vista del consenso fare opposizione è più facile».Cosa deve fare il M5S? Stare stabilmente nel centrosinistra ofare da ago della bilancia?«Sono i temi come l’ambiente, le politiche di welfare, la mobilità sostenibile, a rendere il nostro un progetto progressista. Credo fortemente nell’esperienza del Conte 2 e non solo perché quel governo ha fatto molto per Torino.Vorrei che le forze che fino all’ultimo hanno tentato di tenerlo in vita si mettessero al lavoro su un progetto per questa città».Propone un candidato che sia un punto di incontro tra M5S, Pd e Leu?«Il nome viene dopo, il nome si trova, ma chiedo che senso abbia non avviare un percorso comune a partire da quel che è stato fatto, dai progetti in corso come il centro per l’intelligenza artificiale, la seconda linea della metropolitana, dai valori che ci accomunano. Soprattutto visto che qui non c’è il problema del sindaco uscente».Lei è stata a lungo contesa come leader ideale tra l’area pragmatica di Di Maio e quella ribelle di Di Battista. Non vive come un’ingiustizia il doversi fare da parte per via di regole scritte tanto tempo fa?«No. È stata una scelta sofferta, non ricandidarmi, ma sono certa sia quella giusta. L’ho fatta in piena autonomia. E anche se sono sospesa, mi sento di appartenere in pieno alla comunità del Movimento».Cambia tutto. Cambieranno anche le regole che la tengono lontana dai vertici M5S?«Non posso giudicare su regole che mi riguardano. Darò sempre il mio contributo, però, perché ci tengo».Rivendica spesso la scelta di iscrivere all’anagrafe le coppie omogenitoriali. Come mai?«Sono sempre stata vicina alle battaglie Lgbt, che sono di tutti. Da sindaca mi sono resa conto che un mio atto poteva davvero cambiare la vita a delle persone, a una famiglia. Niente mi ha mai emozionata di più».“Sindaca” per scelta, fin dal primo giorno.«Ero a pranzo con le mie nonne e mio nipote di 10 anni, quando decisi di scrivere “sindaca” sui manifesti. Mi chiedevo cosa fare e lui, che lo ha imparato a scuola, mi ha detto: “Zia, si dice sindaca”.Aveva ragione».È più difficile fare politica per una donna?«Non ho tanto sofferto l’essere donna, quanto l’essere giovane – avevo 32 anni quando ho assunto questo incarico – e appartenere a un Movimento nuovo, privo di una sua classe dirigente. Quando mi sedevo al tavolo ero sempre, insieme, la più giovane e la più lontana dal sistema. Sentivo sempre di dover dimostrare qualcosa. So però di essere stata privilegiata: ho un marito che mi ha appoggiato in tutto, due genitori che mi aiutano. Sono poche a poterselo permettere. Forse è questo, che deve cambiare».