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 2021  marzo 07 Domenica calendario

Benoit Paire, colpi folli e figuracce

Barbablù lo ami o lo odi. Come Tyson che faceva merenda sul ring con l’orecchio di Holyfield, Gascoigne che tirava giù i calzoncini all’avversario, Cantona che decollava a gamba tesa contro gli zigomi dell’ultrà rivale in prima fila, Pozzecco che si strappava la camicia. Del club dei ragazzacci senza mezze misure Benoit Paire da Avignone, tennista dalla manina educatissima ma dal pessimo carattere alla McEnroe (sperando che John non ci quereli per il paragone), è il presidente ad interim. «Non sarò mai come Federer. Lo sport ha bisogno di me, Kyrgios, Fognini, gente che fa vedere qualcosa di diverso e rifiuta l’ipocrisia, dicendo ciò che pensa. Preferisco essere come sono che stare nella top-10 e non aver mai avuto una discussione». 
A Buenos Aires, però, in cima a una lunga carriera di intemperanze, mattane, match buttati e racchette rotte, barbablù Paire (che nella vita la barba blu e i capelli rosa ce li ha avuti sul serio), ha decisamente esagerato. Nella partita contro l’argentino Cerundolo ha contestato una decisione arbitrale (specialità della casa), sputato sul segno lasciato da una palla contesa e sbagliato platealmente quattro servizi nell’ultimo game pur di andarsene via rapidamente da un campo affollato di fantasmi: dicono che Benoit, figlio di Philippe e Eliane, stia vivendo malissimo lo stress della pandemia mondiale, si senta soffocare dentro le bolle dei tornei ma, soprattutto, non si sia mai ripreso dalla rottura con la fidanzata francese Tamara Marthe, in arte Shy’m, cantante pop e attrice. Farsi disapprovare, come l’anno scorso a Roma quando fu protagonista di un inverecondo teatrino di fronte a un attonito Jannik Sinner, sarebbe quindi il modo di auto-punirsi attraverso una miriade di piccoli suicidi sportivi passati, ahilui, agli annali. Ed è un peccato perché Paire a tennis sa giocare e, a suo modo, potrebbe essere un personaggio se riuscisse a incanalare la rabbia dentro un atteggiamento positivo, e produttivo. 
Ma la storia dello sport, si sa, è piena di campioni contraddittori (il francese nel 2016 è stato numero 18 della classifica), incapaci di trasformare in talento il disagio che Paire nasconde dietro quel barbone da hipster isterico, che in un romanzo di Carrère un buon barbiere potrebbe radere, se non fosse che poi Benoit – ormai totalmente identificato con il ruolo del cattivo – correrebbe il rischio di non riconoscersi più, smarrendosi del tutto. «Ci sono troppe cose belle nella vita per pensare solo al tennis. Voglio viaggiare, andare in vacanza, uscire con le ragazze» racconta nelle interviste come se fosse il protagonista di una vita che non si è scelto, e invece ha lasciato bimbo la Provenza per il centro tecnico di Parigi, dove il direttore Patrice Dominguez l’ha preso sotto la sua ala in un periodo «in cui avevo un caratteraccio ben peggiore di quello attuale», impedendo che venisse espulso. Dominguez, ecco. Il mentore scomparso a 65 anni, nel 2015, per un tumore: un altro grande dolore che alimenta la furia del gigante 31enne (1,96 cm) che fa fatica a crescere.  
«Il tennis per me è un gioco – scriveva di suo pugno su Raquet, magazine online —. Tento colpi folli per far divertire il pubblico: quando non mi riescono, rischio di fare la figura del cretino». Un giullare triste, che all’inizio della pandemia ci fece sorridere con gli aperitivi social organizzati insieme al sodale Stan Wawrinka e oggi provoca i follower postando il video di una festa a Buenos Aires senza mascherina né distanziamento e la foto, per rispondere alla pioggia di critiche, dei suoi guadagni in carriera: 8.505.886 dollari. 
Multa in arrivo? Je m’en fous, risponde lui: me ne frego. Voilà.