La Stampa, 7 marzo 2021
Renzi e il ritorno tra gli sceicchi
Il ritorno dagli sceicchi. Proprio in quel pezzo di mondo che, poco più di un mese fa, lo aveva scaraventato al centro delle polemiche politiche. Ma questa volta Matteo Renzi non è andato nell’Arabia Saudita del principe Bin Salman, bensì a Dubai, dov’è atterrato ieri con un volo privato. Alloggia nel lussuoso Burj Al Arab Jumeirah, hotel a forma di vela gigante, situato su un’isola privata: solo suites, letteralmente dentro al mare, da 1500 euro a notte.
Il viaggio non è stato annunciato né pubblicizzato, il motivo della trasferta non è noto. Sappiamo, però, che esattamente due anni fa, nel marzo del 2019, Renzi era stato a Dubai per partecipare al Global education and skills Forum, la "Davos dell’educazione", organizzata dalla Fondazione Varkey, legata a doppio filo al governo degli Emirati Arabi. E proprio da una holding riconducibile al governo degli Emirati erano partiti, tra il 2014 e il 2016, due donazioni da 75mila euro complessivi alla fondazione Open, la cassaforte del renzismo. La stessa holding che in seguito ha preso la quota di maggioranza di Toscana Aeroporti, presieduta da Marco Carrai, il migliore amico del senatore di Rignano, che è anche nel direttivo della fondazione renziana. I legami economici con Dubai, quindi, ci sono.
Dal punto di vista politico, il nuovo blitz del leader di Italia Viva rischia di alimentare le polemiche seguite alla sua ultima trasferta araba. Su cui non ha finora accettato di rispondere, a parte le domande che si è posto da solo in una recente enews. Poco più di un mese fa, mentre in Italia si consumava la crisi di governo da lui stesso innescata, Renzi era a Riad, per partecipare a una conferenza sull’innovazione e conversare amabilmente con il principe ereditario Mohammad bin Salman, che secondo l’intelligence americana è il mandante dell’omicidio del giornalista del Washington Post Kashoggi. Le parole ossequiose rivolte da Renzi a Bin Salman, il riferimento all’Arabia Saudita come «il luogo giusto per un nuovo Rinascimento», sono ancora al centro del dibattito politico. I suoi rapporti con i sauditi oggetto anche di interrogazioni parlamentari. Il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, ne ha presentata una direttamente a Mario Draghi, in cui chiede al premier un parere sull’ipotesi che «chi riveste un ruolo politico e istituzionale di grande rilievo nel nostro Paese possa contemporaneamente ricevere compensi da uno Stato straniero». Per la sua attività di conferenziere, infatti, Renzi viene pagato, com’è logico, ma avrebbe anche un contratto da circa 80mila euro all’anno in quanto membro del board del Future Investment Initiative (Fii). Si tratta della fondazione saudita presieduta da Bin Salman in persona, che ha come obiettivo quello di «rafforzare le menti più brillanti del mondo per sviluppare un futuro brillante per tutti», come si legge sul sito internet.