la Repubblica, 7 marzo 2021
Insigne come Zingaretti
A distanza di poche ore il capitano del Napoli, Lorenzo Insigne, se n’è andato dicendo: «Mi vergogno della mia squadra» e il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, si è dimesso imprecando: «Che partito di merda!». Era il contrario? Fa differenza? L’agente di Zingaretti smentisce, il vice di Insigne si candida per la successione. Di nuovo: è il contrario? Fa differenza? Sono cose che succedono nel Napidì: si perde uno scudetto in albergo poi si cerca di riconquistarlo tre anni dopo in televisione. O si lascia perdere un’elezione al telefono (rinunciando a giocarsela dopo le chiamate dall’Europa e dal Vaticano) ma si difende un seggio al talk show, quello di Barbara D’Urso. Poteva essere la più grande opposizione di sempre, raccogliere a sé gli impoveriti, i pensatori del bene (diversi dai benpensanti), l’elite che è fiera del proprio percorso, poteva fare il golpe con 13 uomini, rovesciare quel potere che era andato da Conte ad Allegri o da Berlusconi a Conte (fa differenza?). È rimasto lì, a sentire correnti nello spogliatoio, a vedere liti nel corridoio: Allan contro Orfini, Orlando contro Lozano. Eppure avrebbe potuto essere felice.
Nell’ultimo decennio ha vinto qualche amministrativa, tre coppe Italia e una Supercoppa, ha tenuto l’Emilia Romagna e oggi potrebbe battere il Bologna per ricominciare. Perché non ce la fa? Perché, alla fine, a prendersi davvero il governo dopo anni in bianco e nero saranno probabilmente colori diversi (neri e azzurri)?
A guardare i leader usciti, viene il sospetto. Sono stati i primi a non crederci. Un segretario traccia la linea di cui è convinto e la impone ai suoi uomini. Un capitano si batte per loro e con loro sta fino all’ultimo e anche un attimo dopo. Inventano soluzioni, non problemi. Se hanno critiche, le fanno in separata sede, lontano dagli occhi e vicino al cuore. Il dibattito, come al cinema, no.
Non in pubblico. Su Gattuso si è detto fin troppo. Bastava limitare le pretese al primo insormontabile dubbio: “Come potrà mai riuscire lui, se non ce l’ha fatta Ancelotti?”. Tutto il resto è stata un’illusione, rapida e un po’ fatua, come Oshimen.A un certo punto della propria storia il Napidì i leader li aveva pure trovati: creativi, energici, trascinanti. Sarri & Renzi. Poi è avvenuto il distacco. E fin lì. La cosa tragica è stata la vendetta, il fatto che i due abbiano pugnalato alle spalle il proprio trascorso, passando (più armi che bagagli) al nemico. Il dramma non finisce, ma si accanisce, perché un soffio sussurra che potrebbero tornare. Entrambi. O Sarri al Pd e Renzi al Napoli.