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 2021  marzo 07 Domenica calendario

Sul sentiero dei lupi per la conta del branco

MONTE NURIA (RIETI) — Cerchi i lupi e trovi le aquile reali e faggete incontaminate. Soprattutto, trovi l’entusiasmo di ricercatori e volontari che, mentre rovistano tra la cacca (ma per i naturalisti si chiama “fatta”) dei lupi e arrancano sulla neve alla ricerca di impronte, sperimentano nuove sinergie per la salvaguardia dell’ambiente. Tutto parte dal primo monitoraggio del lupo coordinato a livello nazionale, progetto avviato lo scorso ottobre e che per la prima volta da quando questo animale è stato protetto fornirà numeri attendibili sulla sua distribuzione e consistenza. Ma alla fine, sapere se in Italia i lupi sono più o meno dei circa 2mila stimati fino ad oggi sarà soltanto un dettaglio. È infatti l’intero ecosistemache permette la loro presenza ad essere osservato, con una raccolta di dati di valore inestimabile per la protezione ambientale.
L’importanza del nuovo modus operandi del monitoraggio avviato da Ispra con il coinvolgimento di Federparchi, dei Carabinieri Forestali, di Regioni e Aree protette e di associazioni di volontari è evidente fin dai primi passi mossi sulle tracce dei lupi, partendo dal rifugio Monte Nuria-Borgo Velino, nonlontano da Antrodoco, nelreatino. Qui, come in tutta Italia, a intervalli di tempo regolari lavorano al monitoraggio tecnici dell’Ispra, rappresentanti delle aree protette e volontari formati su base nazionale con corsi rigorosissimi, per assicurare criteri scientifici e omogeneità nella raccolta dei dati.
A fare da padroni di casa in questo angolo di Appennino laziale ci sono il naturalista e i guardiaparco della vicina Riserva naturale dei monti Navegna e Cervia. Andrea Pieroni, una passione per l’ululone appenninico, un piccolo anfibio la cui popolazione sta diminuendo drammaticamente, affronta la neve compatta per l’ispezione del transetto di competenza. E no, non si entra in chiesa, per quanto la natura per chi è qui sia un tempio, il “transetto” in ecologia è un percorso lungo il quale si effettua un campionamento di organismi animali e vegetali, per studiarne la distribuzione. «Il tempo è stato pessimo – spiega Pieroni – e abbiamo dovuto saltare alcune ispezioni. Dobbiamo anche recuperare una fototrappola, a lungo irraggiungibile per la neve». Le fototrappole appunto: «Non hanno catturato solo lupi – anticipa Pieroni – abbiamo avuto la prova che qui sta nidificando l’aquila reale».
Con la neve, ogni fatta in cui ci si imbatte è ben conservata e merita la sua attenzione. C’è chi si sofferma sulla passione delle volpi per le bacche di rosa canina (i cui semi restano indigeriti ) e chi si entusiasma per una più piccola, «di un mustelide», decreta Piero Genovesi dell’Ispra, mentre parte la diatriba se si possa attribuire con certezza a una faina o, magari, a unamartora. La fatta del lupo scovata un po’ più in alto riceve un trattamento speciale. Ci sono provette per l’analisi genetica, righelli e taccuini, ma anche le nuove tecnologie. «Abbiamo una app dedicata per il monitoraggio – spiega Valeria Salvatori, consulente Ispra –, in modo da archiviare direttamente i dati sul campo». I resti del pasto del lupo, probabilmente una lepre e, a sorpresa, anche qualche filo d’erba, sono catalogati insieme a quelli di altre migliaia di osservazioni da tutta Italia. Poco più avanti le orme lineari del lupo o dei lupi. «A volte si può capire il numero minimo dei membri di un branco seguendone la traccia – spiega Paola Aragno dell’Ispra, responsabile coordinamento del monitoraggio – queste orme potrebbero essere di lupo perchésono lineari, senza deviazioni». Le orme sarebbero indistinguibili da quelle di un grosso cane, ma i lupi risparmiano in energia, si muovono in fila indiana, mettendo le zampe dove sono affondate quelle di chi li precede. Cacca e orme, è tutto ciò che si vede, ma non ci si poteva aspettare niente di diverso: è giorno pieno, pur se non si è tanti si è sempre troppo chiassosi e “puzzolenti” per un lupo. Ma non importa, perché è come se i lupi ci fossero e c’è tutto il resto: «Lo dico sempre a chi va sul campo – sottolinea Luciana Carotenuto, funzionaria tecnica della Regione Lazio- andiamo a cercare segni del lupo, ma dobbiamo vedere anche altre specie: è un’occasione per scoprire nuove zone di grande importanza.