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 2021  marzo 06 Sabato calendario

Cracker e cicoria, la triste vita delle star a Sanremo

Qui si fa già la quaresima, altro che l’astice e le ostriche ghiacciate, se va bene mangi gli spaghetti con le arselle, e ringraziare. L’artista? Un disgraziato, chiuso in camera singola, gli portano il vassoio con il triste pasto e mangia seduto al tavolino davanti alla finestra, guardando un mare color del piombo. Poi lo truccano, pettinano, vestono, lo ficcano su un van nero e si ritrova dentro l’Ariston, aspettando il suo turno di lavoratore dello spettacolo. Sale sul palco, canta, poi van e casa, cioè albergo. Gli portano il vassoio, e a dormire. Le regole sono nel protocollo Rai: vieni ma ubbidisci, no fan, no autografi, no passeggiate. Niente nomi di alberghi, infatti nessuno aspetta davanti alle hall, tanto i portieri non parlano, c’è la privacy e soprattutto c’è il Covid.
Tre pasti al giorno, sempre e solo in camera, come un abate Faria in mutande e canottiera. Perciò Max Gazzè dice «qui mi sento come Silvio Pellico», perciò Gio Evans, che pure dorme in camera di albergo chic, si è costruito una tenda sul balcone da cui rilascia interviste su Zoom, ma almeno è all’aria aperta, tra teli colorati che svolazzano, gli va bene finché non piove. «La camera è un’illusione, io non sono chiuso in camera, sono fuori di me», dice, e «sto toccando gli ovunque». È possibile che parli così ispirato perché ha mangiato molta cicoria, che è l’unica richiesta che ha fatto alle cucine, per il resto mangia quel che passa il convento, il menu del giorno, o il toast «da mangiare rigorosamente a letto» di Emma Marrone, roba da clinica, se fai il bravo. E mangiano più o meno tutti la stessa minestra, che siano due spaghetti al burro o il riso in bianco. Burrata e prosciutto (Noemi), sempre aspettando la convocazione, e visto che non si può cantare a stomaco pienissimo, o si fa uno spuntino di tonno e cracker, oppure si rimanda a fine show, quando si torna in albergo. Una volta, invece.
L’anno scorso Amadeus veniva sorpreso in noto ristorante (astice, frittelle di bianchetti, trofie al pesto). Baldoria, eh, con tutto lo staff, risate e brindisi, per poi crollare a letto alle 4 del mattino. Ora mangia soletto in camera al Globo, il segreto albergo collegato all’Ariston con un passaggio interno, e qui pure alloggia Fiorello, «siamo in due camere una davanti all’altra», ha raccontato, e se di notte uno dei due fa un colpo di tosse, l’altro lo sente benissimo. Il Globo ha riaperto il ristorante giusto per il festival, poi lo richiuderà, dati i tempi grami. Ma viene difficile pensare che finita la serata i due si mettano a cenare alla grande, seppure separati. Sono cene così, da pensionati vedovi, lo chef si ingegna ma non c’è allegria, gruppo, tappi che saltano. E Ghemon, che vive in un residence in collina, la sera prima consegna la richiesta al catering, poi qualcuno suona alla porta e lui ritira pesce a pranzo (si immagina freddo), burger veg la sera.
Ma ci sono i furbi che hanno affittato “la villa”. O villetta, o casetta purché con giardino. Fedez passa le giornate a giocare a basket, fa la meditazione trascendentale, si prepara con il vocal coach. Mangia anche lui, per lo più insalate, ma non trova il poke, come unico capriccio ha chiesto ai suoi un avocado toast, che a Milano trova sotto casa, qui hanno penato per trovarlo, è poi arrivato con un rider, forse da Genova. E Malika, che l’altro giorno si è cucinata il risotto con i funghi e uno strudel, dopo un’intervista Skype e una seduta di yoga, almeno sa quello che mangia, nella sua casa in collina. Achille Lauro pure ha affittato una villa, ma lui se la cava con poco, due carote. Disse una volta a Pechino Express: “I’m a vegetable!”, ma insomma si era fatto capire. Lui e gli altri, ognuno nella propria cella aspettando un tozzo di pane, la bottiglietta di minerale, una pizza da galera.