la Repubblica, 6 marzo 2021
Draghi si affida agli esperti McKinsey per il Recovery Plan
Sarà il gigante americano della consulenza strategica aziendale McKinsey ad affiancare il ministero dell’Economia nella stesura del Recovery Plan da presentare alla Commissione europea entro il prossimo 30 aprile.
Il contratto tra la società e il ministero è stato firmato nei giorni scorsi. È stato il Mef, guidato da Daniele Franco, a contattare McKinsey per accelerare la riscrittura del piano italiano e colmare i ritardi accumulati nei mesi scorsi. I tempi sono diventati ormai strettissimi. Dalla consulenza, McKinsey dovrebbe ricevere soltanto una sorta di rimborso spese. Ma i ritorni per la multinazionale potrebbero esserci a valle dell’operazione, quando bisognerà mettere a terra tutti i progetti approvati.
Quella della consulenza affidata alle grandi società specializzate è una scelta abbastanza diffusa tra i governi di altri Paesi, molto meno in Italia. Anche se diversi gruppi aiutano i nostri singoli dicasteri in caso di processi complessi. Le stesse Regioni, per esempio, si sono affidate alla consulenza aziendale soprattutto per i loro piani di rientro dal debito. Ma è forse la prima volta che gli americani di McKinsey lavorano con il governo italiano.
Dunque l’esecutivo Draghi riparte con una collaborazione anche con il privato per scrivere il Piano italiano di ripresa e resilienza finanziato con i 209 miliardi del Next Generation Eu. Due le principali ragioni che hanno evidentemente spinto il governo a fare questa scelta: i tempi ormai ristretti – come detto – per rispettare la prima scadenza di fine aprile; e poi la scarsa attitudine della macchina burocratica di Via XX settembre (sede del ministero dell’Economia) ad affrontare con celerità un’operazione di politica economica di tali dimensioni. Perché l’Europa non mette solo a disposizione dei governi le risorse ma impone vincoli precisi nella definizione dei progetti. I quali devono essere, da una parte, coerenti con i due obiettivi della transizione verso l’economia “verde” e verso la digitalizzazione, e dall’altra produrre effetti concreti sull’intero sistema in termini di crescita del Pil e dei livelli occupazionali.Le varie tranche dei fondi comunitari (la prima, pari al 13 per cento del totale, potrebbe arrivare in estate se il Piano sarà approvato in tempo) saranno erogate solo dopo che sarà accertato dalla Commissione, e dagli altri Paesi membri, il rispetto di quelle condizioni. Un processo inedito e molto complicato. Da qui la decisione del Mef di rafforzare lo schieramento. Gli uomini di McKinsey (dove ha lavorato per un decennio anche il ministro per la Transizione digitale, Vittorio Colao) affiancheranno la struttura del ministero guidata da Carmine Di Nuzzo.
Sarà una collaborazione esclusivamente tecnica perché gli indirizzi politici, come è ovvio, saranno decisi in altre sedi. Con McKinsey si dovranno valutare i costi e l’impatto (seguendo le regole europee) dei diversi progetti. Il ministero ha chiesto al gruppo americano anche di esaminare eventuali progetti già realizzati in altri Paesi.
In questa corsa contro il tempo il governo ital iano si è messo in una condizione simile a quella di un grande gruppo privato di fronte ad una nuova opportunità di business che non rientra però tra le sue attività principali. Una scelta delicata destinata con molte probabilità a suscitare polemiche.