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 2021  marzo 06 Sabato calendario

A caccia di cieli stellati

Il 19 giugno del 1889, mentre è ricoverato nell’istituto di salute mentale Saint Paul de Mausole di Saint Rémy de Provence, Vincent van Gogh dipinge uno dei suoi quadri più famosi osservando e trasfigurando il paesaggio che vede dalla finestra della sua stanza. A catturare l’attenzione di Van Gogh sono le stelle, che sulla tela assumono la forma di gorghi di luce nel cielo notturno. Nasce così «Notte stellata» che oggi possiamo ammirare in tutta la sua bellezza presso il MoMa di New York. Ma ciò che vale per l’opera d’arte non vale per il suo soggetto: né a New York né in un’altra grande o piccola città del mondo possiamo ancora ammirare oggi il cielo notturno stellato. I cieli notturni hanno perso una a una le stelle, a causa di una forma di inquinamento meno nota rispetto ad altre, ma non meno pericolosa per il nostro pianeta e i viventi tutti: l’inquinamento luminoso.
Che cosa è accaduto? Abbiamo illuminato a giorno le notti del mondo in modo così violento, grossolano, sconsiderato da rendere invisibili le stelle. Tre Europei su quattro oggi non possono osservare la Via Lattea da casa propria, o nelle vicinanze di grandi città, a causa di vecchie normative che non si preoccupano di quanta luce non schermata viene prodotta per illuminare case, negozi, insegne, strade, stadi, parcheggi e di come questa luce è orientata nello spazio. Non è così ovunque, per fortuna, ed è giusto ricordare che nel 2000 la Lombardia fu la prima regione, a livello europeo, a dotarsi di leggi per contenere l’inquinamento luminoso. Il problema tuttavia sussiste ed è importante farlo conoscere.
È quello che si propone il bel libro di Irene Borgna appena pubblicato da Ponte alle Grazie in collaborazione con il Club Alpino Italiano: Cieli Neri. Come l’inquinamento luminoso ci sta rubando la notte. Guida naturalistica con un dottorato in antropologia alpina alle spalle, Irene Borgna ha il dono dell’affabulazione nel senso più proprio del termine: trasformazione di un tema o di un soggetto in fabula, in racconto, in narrazione che riesce a persuadere. Cieli neri non è un saggio scritto con il lume freddo della ragione per fare finalmente chiarezza sull’inquinamento luminoso. Cieli neri è un racconto sussurrato al buio mentre ce ne stiamo sdraiati su un prato cercando di «riveder le stelle». Ma per trovare il giusto prato occorre mettersi in viaggio e attraversare i gironi infernali di un’Europa che sembra aver cancellato la notte.
Cieli neri è un viaggio al termine della notte a bordo di un furgone attraverso l’Europa sulle rotte della Black Murble Map, la mappa del pianeta Terra di notte che permette di individuare le ultime residue zone di cielo stellato ancora visibile nel vecchio continente. Qualcuno potrebbe obiettare che le stelle si vedono ancora, basta uscire fuori città. Ma in verità sono poche residue stelle di un cielo impoverito che con le stelle ha perso la profondità del cosmo e non è più in grado di suscitare in noi sgomento e ammirazione a causa della nostra ossessione a illuminare tutto perché il mondo sia sempre e ovunque a misura della nostra comfort zone.
Come ogni viaggio di ricerca anche il viaggio di Irene Borgna è orientato da domande: «Ci fa bene o ci danneggia essere esposti alla luce artificiale per molte ore dopo il tramonto? Ci sono luci buone e luci cattive? Chi paga per la luce che scappa dalle città e, sprecata, prende la via del cielo? Chi soffre per la nostra fissazione di illuminare tutto e sempre? Esiste ancora scampo all’impero della luce in Europa?». Le risposte arrivano nel corso del viaggio e nascono da un’esperienza diretta della notte arricchita da letture e dialoghi che l’Autrice condivide con chi legge. Passiamo così dal piccolo paesino di Foroglio, nel Canton Ticino, in cui le tenebre sono tutelate dal piano regolatore, a Winklmoos-Alm, in Germania, certificato nel 2018 come «International Dark Sky Park», ai parchi nazionali dei Paesi Bassi per poi uscire a rivedere le stelle sotto uno dei cieli più neri d’Italia a ovest di Cuneo.
Il cielo stellato sopra di noi è un bene da difendere perché attraverso di esso facciamo esperienza concreta e vertiginosa della nostra posizione nel cosmo e del legame intimo che abbiamo con esso visto che, come ci ricordano gli scienziati, siamo letteralmente fatti di polvere di stelle. Ogni giorno siamo così indaffarati a non pensare da vivere ottusamente come se nell’universo esistesse solo un pianeta, il «nostro»: a nostra misura e disposizione. Guardare il cielo stellato significa recuperare una giusta misura esistenziale, una buona vita in armonia con i ritmi naturali e un’attenzione ai viventi che dell’oscurità hanno bisogno. «Un cielo notturno intatto è parte di una vita profonda».
Per chi è in definitiva questo libro? Per chi è la sua notte? A questa domanda non si può che rispondere come si risponde agli «streghi», uomini che, secondo la tradizione, in Appennino, fanno il turno di notte appollaiati sul noce e che possono chiederti: «Per chi è la notte?». «Per te, per me, per tutti quelli che camminano nella notte».