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 2021  marzo 06 Sabato calendario

Edmund White: «Non esiste la letteratura gay»

“Per molto tempo ho temuto che mi fosse permesso di scrivere solo romanzi sui gay”. Dietro la boutade con cui si apre una deliziosa chiacchierata con lo scrittore americano Edmund White (classe 1940), in effetti, non c’è soltanto la soddisfazione per il successo di pubblico e di critica che ha scatenato il suo ultimo romanzo Una santa del Texas, apparso da poco in Italia per il suo fedelissimo editore Playground.
Si aggiunge un’amara constatazione. Di White, infatti, si compilano sempre gli stessi appellativi, codificate ndr: “Scrittore omosessuale”, “sopravvissuto all’ondata di Aids degli anni 80”, “padre della letteratura omosessuale”. Sebbene in un Paese come l’America convenga a fini commerciali catalogare per il pubblico i suoi scrittori in “neri/gay/lesbiche/cattolici…”, una certa critica ha sempre voluto come sminuire l’intera opera di White, relegarla a un grado minore. Questo perché l’uso che ha fatto del biografico è stato frainteso.
Anche nella meravigliosa tetralogia di ispirazione più autobiografica scritta in vent’anni che inizia dal commovente Un giovane americano (1982) – il racconto di formazione di un adolescente negli Stati Uniti ingenui e moralisti degli Anni 50 – e giunge al decadente L’uomo sposato (2000), la storia di un amore tardivo tra un cinquantenne sieropositivo e un giovane uomo maritato, White è sempre universale, cioè simbolico. Membro dal ’99 dell’American Academy of Arts and Sciences, la sua non è mera memoria, per natura selettiva, come spiega in Ragazzo di città (2010): “Nella scrittura si tracciano le linee anche delle parti dimenticate. Si ricompone la propria improvvisazione in un viso nuovo, mai visto prima, che somiglia a un’invenzione”.
Volendo, però, come sbarazzarsi del memoir, Una santa del Texas è meravigliosamente pura fiction (o almeno, così pare). È la storia delle vite opposte di due ricchissime gemelle texane, Yvette e Yvonne, dall’America di Eisenhower degli Anni 50 fino a oggi. La prima – spirituale e coltissima – diventa suora, fa voto di castità e povertà, parte come missionaria in Sudamerica dove compirà miracoli; la seconda – sensuale e ingenuamente attratta dalla mondanità – si trasferisce in Francia dove sposa un fatuo barone per diventare nobile e inseguire la scia di un moderno Ritratto di signora tra amici della foggia di Yves Saint-Laurent e Audrey Hepburn.
Come in La sinfonia degli addii (1997) o in My Lives (2005), torna qui il nodo tematico che gli deriva da Henry James, la contrapposizione tra Vecchio e Nuovo Mondo. “Mi sono divertito a raccontare le vite di queste due ragazze così diverse (sebbene gemelle), è stato esaltante” ci dice. Tuttavia, la loro opposizione non è stantia. “La suora precipita verso una relazione sessuale con una consorella, mentre l’aristocratica perde tutte le sue illusioni sui blasoni e sull’amore”. Così, a mano che si procede nella storia – narrata da Yvonne – White sovverte gli equilibri. Se all’inizio ridiamo con e delle protagoniste, della loro stolidità, nel raccontare l’amore saffico di Yvette e l’ossessione per la propria vagina, o la reazione della gemella all’ipocrisia della mondanità francese, lo scrittore suggerisce che le etichette (quelle che diamo agli altri o che danno a lui) non valgono. “Pensiamo all’oggi – commenta – ogni Paese ha cambiato posizione. Gli americani, famosi per la scienza e l’efficienza, sono sprofondati nell’ignoranza; gli italiani, reputati spensierati, sono diventi più cupi con la pandemia”.
Se vogliamo salvarci, sacro e profano devono contaminarsi. Nel capolavoro che è Una santa del Texas (come nei suoi romanzi più riusciti) White attua un funambolico contagio tra carne e spirito, come fanno gli autori da lui amati in veste di saggista: Rimbaud, Genet, Proust. E se ci riescono è proprio perché – qui sì che vale la pena ricordarlo – sono tutti omosessuali. Come scrive in Stati di desiderio (1980) sulla sua omosessualità: “La vita mi ha offerto un tema nuovo di zecca e il mio compito è quello di presentarlo nella luce più chiara e meno tremolante possibile”, questo perché solo uno scrittore gay – che non ha secoli di tradizioni sulle spalle – “è libero e non ha bisogno di espedienti retorici”.