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 2021  marzo 06 Sabato calendario

Il Reddito di cittadinanza compie due anni

Oggi il reddito di cittadinanza compie due anni, ma non se la passa tanto bene. Finora la misura ha funzionato come protezione per chi si trova in povertà, e negli ultimi mesi ha definitivamente assunto i contorni di un reddito di emergenza anti-Covid, però sul fronte degli inserimenti lavorativi dei percettori ha fallito. Il sussidio, che negli ultimi mesi ha visto la platea dei beneficiari aumentare esponenzialmente per effetto della crisi economica innescata dal virus, riceverà nuovo carburante dal decreto Sostegno, visto che richiederà una spesa annuale maggiore rispetto alle previsioni. Nel frattempo però il ministero del Lavoro prepara un piano per rendere l’aiuto un’efficace misura di politica attiva del lavoro. L’idea è di dividere in due il sussidio e di metterne a punto uno pensato apposta per i cosiddetti percettori attivabili, con una durata più breve (si parla di soli 18 mesi) e incentivi per chi accetta di lavorare. Dal momento che la domanda di lavoro stagna, si accelererà nel contempo sulla formazione degli aventi diritto all’aiuto, per dotarli delle competenze che nella fase post-Covid risulteranno più richieste dalle aziende. A questo scopo si coinvolgeranno di più in futuro le agenzie per il lavoro private. Su quasi tre milioni di persone raggiunte dal reddito di cittadinanza, oltre un terzo è considerato attivabile. Ma alla fine del 2020 solo duecentomila percettori occupabili risultavano avere un contatto di lavoro attivo.
L’OBIETTIVO
L’obiettivo del neo ministro del Lavoro Andrea Orlando, che nei giorni scorsi ha salutato con soddisfazione la nascita del comitato tecnico scientifico incaricato di valutare la misura dei Cinquestelle presieduto dalla sociologa Chiara Saraceno, è di efficientare il reddito di cittadinanza attraverso una serie di modifiche mirate. Oggi per esempio i percettori del reddito di cittadinanza possono rivolgersi ai privati per attivare un percorso personalizzato di ricerca intensiva di lavoro e di riqualificazione professionale spendendo l’assegno di ricollocazione, a patto però che abbiano già sottoscritto il patto di servizio nei centri per l’impiego e che non abbiano misure di politiche attive in corso. Questi percorsi, nelle intenzioni del neo ministro Orlando, dovranno essere resi più facilmente accessibili in futuro. Insomma, l’obiettivo è di stabilire una forte connessione tra politiche attive e percorsi di formazione. Vale la pena di ricordare a questo proposito che sono molto bassi i valori associati all’istruzione terziaria dei beneficiari dell’aiuto, al punto che appena il 2,6 per cento dei percettori risulta in possesso di un titolo di studio di questo livello. Si punta poi sul potenziamento dei centri per l’impiego. Da un lato accelerando i bandi per l’assunzione degli oltre 11 mila operatori specializzati promessi in partenza (la maggior parte doveva già essere operativa ma i concorsi sono al palo in molte regioni) e dall’altro dotando i centri degli strumenti tecnologici di cui sono carenti, soprattutto al Sud. Per l’Istat la pandemia ha condannato un milione di persone alla povertà assoluta: i cittadini in questa condizione adesso sono circa 5,6 milioni. Parliamo di due milioni di famiglie in totale. Il reddito di cittadinanza invece arriva attualmente a 1,3 milioni di nuclei. Il piano del neo ministro prevede anche di rivedere i criteri di accesso al sussidio perché quelli attuali escludono oggi una fascia di famiglie in difficoltà. Necessaria però una svolta pure sul fronte dei controlli alla fonte, per evitare che i furbetti continuino a intrufolarsi nella platea dei percettori del sussidio senza possedere i requisiti richiesti. In questo caso lo sguardo è rivolto all’Inps che alla fine dello scorso anno ha ottenuto l’ok del Garante per la privacy per attuare controlli incrociati nei confronti di chi presenta la domanda, il tutto sfruttando le banche dati delle amministrazioni partner, dall’Agenzia delle Entrate al ministero della Giustizia. Per farli partire servono tuttavia una serie di convenzioni, come quella già stipulata con l’Aci per verificare che i richiedenti non nascondino nel garage una supercar.