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 2021  marzo 05 Venerdì calendario

La Cina e l’Intelligenza artificiale

La Cina ha superato per la prima volta gli investimenti in ricerca degli Stati Uniti. Pechino è vicina a conquistare anche la leadership mondiale nell’intelligenza artificiale, un insieme di tecnologie con immense potenzialità sia per lo sviluppo economico che per gli usi militari. Due rapporti lanciano due allarmi paralleli per l’Amministrazione Biden, proprio mentre a Pechino il presidente Xi Jinping usa apertamente un linguaggio da guerra fredda e definisce gli Stati Uniti «una fonte di caos nel mondo, la più grande minaccia per il nostro sviluppo e la nostra sicurezza».
Sulla frontiera strategica dell’intelligenza artificiale (A.I., Artificial Intelligence) il Congresso di Washington ha ricevuto le conclusioni di una commissione d’inchiesta nazionale, presieduta dall’ex chief executive di Google, Eric Schmidt. Il rapporto di 756 pagine a cui hanno contribuito i massimi esperti del settore, definisce l’A.I. come un vasto campo di tecnologie di cui vediamo solo «l’inizio dell’inizio». Le applicazioni economiche potranno generare enormi benefici, ma il rapporto consegnato al Congresso si concentra sull’uso militare e i pericoli per la sicurezza nazionale: «Gli esseri umani non saranno all’altezza, saranno indifesi contro gli attacchi guidati dall’A.I.». Non solo cyber-attacchi e offensive accecanti o paralizzanti contro i sistemi informatici, ma anche l’uso di vere e proprie armi letali come droni e missili potrà diventare molto più micidiale se guidato dall’A.I. «La guerra del futuro sarà un conflitto che opporrà algoritmo contro algoritmo». Anche in campo civile, la competizione fra sistemi premierà quelle nazioni che riescono a sfruttare meglio la sinergia tra dipendenti umani e le nuove generazioni di computer, robot, software “capaci di imparare” che sono tipici dell’A.I. Sono scenari noti, ma l’allarme viene dal fatto che la Cina sta conquistando un vantaggio sugli Usa, perché il suo modello di “capitalismo politico”, con al centro una regìa di Stato, promuove aggressivamente dei campioni nazionali in tutte le tecnologie avanzate. Nel sistema cinese tutte le energie e le risorse pubbliche e private convergono verso una finalità comune. C’è inoltre una vasta mobilitazione di capacità di spionaggio, per drenare conoscenze dalle università o dalle aziende occidentali verso la Cina. Il rapporto rivolge al Congresso e alla Casa Bianca raccomandazioni urgenti per reagire alla sfida cinese prima che sia troppo tardi. Alcune già allo studio: Joe Biden ha annunciato una nuova politica industriale per garantire l’autosufficienza degli Stati Uniti nei semiconduttori, settore strategico per tutte le sue applicazioni. Anche l’idea di un G-10 delle democrazie hi-tech rientra in questo nuovo approccio.
L’altro rapporto uscito contemporaneamente è dell’American Academy of Sciences e riferisce di un sorpasso già avvenuto. Nel 2020 per la prima volta la Cina ha destinato agli investimenti pubblici per la ricerca più fondi degli Stati Uniti. Vent’anni fa il divario a favore dell’America sembrava incolmabile, Washington spendeva 300 miliardi di dollari in più all’anno. Il sorpasso è avvenuto dopo che Pechino ha triplicato gli investimenti per la ricerca in proporzione al Pil. Un’indicazione analoga viene dal numero di brevetti depositati: quelli cinesi hanno superato gli americani di 100 mila unità in un anno. C’è chi si consola osservando che questi dati nascondono un divario qualitativo. Però la rincorsa cinese è il frutto di una lungimiranza e perseveranza che sono venute meno nei governi occidentali. Il sorpasso erano già “scritto” dentro un celebre rapporto di sette anni fa, “Made in China 2025”, che individuava dieci settori strategici nei quali Pechino non avrebbe risparmiato i mezzi pur di conquistare il primato mondiale.