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 2021  marzo 04 Giovedì calendario

Periscopio

Manlio Di Stefano, sottosegretario agli esteri del M5s, ha fatto confusione tra «libici» e «libanesi». Aldo Grasso. Corsera.
Volendo generalizzare, quello che manca a tutti noi è il sistema dei partiti, cioè l’idea che la democrazia non è «votare»: quella è una stupidaggine. La democrazia, come diceva quel tipo di nome Giorgio Gaber, è partecipazione. Fabrizio Rondolino, scrittore autore de Nostro Pci (Susanna Turco). L’Espresso.

Franco Marini fu sindacalista duro e leale. È sua la voce che negli audio d’epoca commemora in piazza le vittime della stazione di Bologna. Il suo maestro di sindacato era stato Giulio Pastore, il suo maestro di politica Carlo Donat-Cattin; come ha spiegato lo stesso Marini: «Noi eravamo l’ala più a sinistra della Democrazia cristiana, la più vicina al mondo operaio, ma proprio per questo avevamo un rapporto molto competitivo con i comunisti». Aldo Cazzullo. Corsera.

Gli errori decisivi del Governo Conte sono essenzialmente pochi tamponi e intempestività dei lockdown. E analogo è il costo umano (almeno 20 mila morti per ogni ondata). Ma la differenza fondamentale è che, nella seconda ondata, c’era l’esperienza della prima, e c’erano le esperienze dei paesi che erano riusciti a evitarla. E soprattutto c’era il tempo di organizzarsi (almeno 5 mesi, da maggio a settembre). Quello che è imperdonabile è avere ripetuto, nella seconda ondata, tutti gli errori della prima, e non aver usato il molto tempo a disposizione per fare le 10-12 cose che avrebbero evitato la seconda ondata. Luca Ricolfi, sociologo (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.

Nell’aprile 2020 gli Stati Uniti mettono 10 miliardi sul tavolo al quale siedono anche le grandi case farmaceutiche coordinate da Anthony Fauci. La Germania, invece, si scoprirà che aveva già finanziato la tedesca Biontech, che fornisce a Pzifer la tecnologia ad RNA, e nel mese di settembre 2020 investe altri 445 milioni di dollari per la costruzione di siti produttivi (Bloomberg, novembre). Il governo inglese, nel frattempo, mette a disposizione cospicue risorse per AstraZeneca assieme alla IRBM di Pomezia, negozia i minimi dettagli delle consegne e finanzia, guarda caso, i siti produttivi. E l’Italia? Dopo le mille indecisioni «contiane», alla fine punta solo qualche milione sul vaccino di Reithera, sperimentato a pandemia avanzata con tecnologia in ritardo. Luigi Bisignani. il Tempo.

La lotta dei pentastellati a banche e banchieri che tanto appassionava Grillo, non sembra il momento giusto per rispolverarla. Rimane il ritorno alla prima stella, quella dell’ambientalismo, anche se da solo non può bastare e ci vorrebbe qualcosa di più della semplice soddisfazione per la nascita di un ministero della Transizione ecologica. Non è chiaro quale posto dovrebbe occupare il M5S. Ma se ne trovasse uno qualunque, magari non basato esclusivamente sulle pericolose fantasie del passato, sarebbe un bene anche per il Paese. Marco Imarisio. Corsera.

Da me non esistono chef, solo cuochi perché gli chef sono narcisi. Invece i cuochi devono solo saper fare bene la pearà di mia nonna, la trippa, le seppie con la polenta. L’innovazione consiste nel cucinare bene la tradizione. La cipolla del fegato alla veneziana da noi viene soffritta per 40 minuti, però dopo tre ore l’apparato digerente non ti ricorda di aver mangiato quel piatto. Di Antonino Cannavacciuolo ha detto che «ha scritto più libri di Proust». Non scherza neppure lei: ne ha pubblicati 11. «Certo, ma uno solo di cucina. E due erano romanzi». Arrigo Cipriani (Stefano Lorenzetto). l’Arena.

Sono nato casualmente a Cesena. I miei genitori lavoravano entrambi nelle società telefoniche. Mio padre era impiegato a Venezia e la mamma telefonista a Cuneo. Si conobbero durante una crociera aziendale e si innamorarono per poi sposarsi nel febbraio del 1941. Pochi giorni di viaggio di nozze, papà partì per l’Albania. Fu ferito e mandato in Romagna ad addestrare le reclute. Ecco perché sono nato a Cesena. Nell’estate del 1943 tornò al fronte e venne catturato dopo l’8 settembre, in seguito a un combattimento, con il suo plotone, contro i tedeschi alle Bocche di Cattaro, sulla costa dalmata. Gian Piero Brunetta, critico cinematografico (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Al primo posto dei motivi della scarsa conoscenza di Orwell c’è forse una pura e semplice pigrizia. Si legge poco. Al secondo posto c’è la tipica non-lettura che colpisce e penalizza tutti i classici. Chi legge davvero Kafka o Proust, Dostoevskij o Kierkegaard? Quest’anno è il settimo anniversario secolare della morte di Dante, il suo nome si sente in continuazione. Eppure non credo che qualcuno lo leggerà. Comunque si tratta del maggiore classico italiano e almeno a scuola si fa finta di leggerlo. Alfonso Belardinelli, critico letterario (Nicola Mirenzi). HuffPost.

La lingua asciutta viene buona anche quando Fenoglio non scrive di Resistenza. «Pioveva su tutte le Langhe, lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra», attacca magistralmente La Malora, secondo romanzo per Einaudi, che racconta la fame e la disperazione dei langaroli di un secolo prima. Oppure: «Alla fine di giugno Pietro Gallesio diede la parola alla doppietta», parlando di una strage della follia che aveva riempito i giornali nel 1933, nella storia breve «Un giorno di fuoco». Sembrano pezzi di «nera», però scritti da un nerista di tocco finissimo. Maurizio Pilotti. Libertà.

L’Eco di Bergamo non mi assunse mai. Collaborai per sei anni, avevo 25 anni e due figli. Ma il contratto non me lo facevano. Così quando seppi che alla redazione di Bergamo de la Notte cercavano un praticante mi presentai. Il direttore, Nino Nutrizio, mi accolse con un discorso brutale: «L’Eco di Bergamo è il giornale più brutto che ci sia e dopo sei anni di collaborazioni lei non è stato ancora assunto? Posso solo desumere che lei è un cretino». Però mi mise alla prova. Dopo 15 giorni scrissi un articolo su un delittaccio, Nutrizio mi convocò e mi disse che ero assunto. Dopo qualche tempo fui chiamato alla redazione di Milano. Luciana Baldrighi, Feltri racconta Feltri. Sperling & Kupfer Editori, 1997.

Prestissimo incominciai a perdere i primi capelli e mia madre mi costrinse a subire sul cranio, inutili, disgustosi impacchi di petrolio, catrame, sego e uova sbattute. Se ci penso sento ancora la puzza. Guglielmo Zucconi, La scommessa. Rizzoli, 1993.

C’è una trenosa al nait che ha le cosce lunghe come un moschetto del Novantuno. Nantas Salvalaggio, Villa Mimosa. Mondadori, 1985

Non dimenticherò mai il male che non ho fatto. Roberto Gervaso.