il Fatto Quotidiano, 4 marzo 2021
Il ponte Morandi e il caso delle 480 intercettazioni
Per la Procura di Genova ci sono 480 intercettazioni fondamentali, poco meno di mezzo migliaio di conversazioni in cui sono racchiuse tutte le accuse nei confronti dei presunti responsabili del crollo del Ponte Morandi. Su questa scelta, però, e soprattutto sulla modalità con cui viene effettuata, gli avvocati di Autostrade per l’Italia si oppongono e sollevano una questione di legittimità costituzionale: distruggere intercettazioni considerate irrilevanti durante le indagini preliminari – prima cioè che i pm svelino i capi di imputazione – sarebbe un danno irrimediabile al diritto di difesa. Per questo gli avvocati Giovanni Paolo Accinni e Massimo Pellicciotta hanno domandato l’intervento della Consulta.
Il colpo di scena è arrivato ieri, durante la cosiddetta “udienza stralcio”. Secondo la nuova normativa sulle intercettazioni è il momento in cui si decide, in contraddittorio e di fronte a un giudice, quali telefonate depositare, quali conservare e quali invece distruggere, perché ininfluenti per il processo o inutilmente lesive della privacy. Per gli avvocati, tuttavia, questa selezione va rinviata all’inizio del dibattimento. Per valutare l’istanza il giudice per le indagini preliminari Angela Maria Nutini ha sospeso l’udienza e ha rinviato tutto al 10 marzo.
Al netto degli aspetti più tecnici della controversia, quanto accaduto ieri solleva un problema tutt’altro che irrilevante. Non è un mistero che uno degli obiettivi indiretti dei vari disegni di legge sulle intercettazioni, negli anni scorsi, è sempre stato quello di limitarne la pubblicazione sui giornali. La versione finale della riforma, pone però secondo gli avvocati seri problemi di compressione del diritto di difesa. Soprattutto in processi imponenti come quello sul crollo del Ponte Morandi. I difensori hanno infatti avuto 20 giorni per ascoltare e leggere tutte le intercettazioni depositate dalla Procura di Genova, senza però poterne avere copia. E ora chiedono, prima di decidere cosa vada distrutto, il deposito di tutto il materiale. In altre parole, un ritorno a prima della riforma.